A Milano – ma non solo qui – si svolge una battaglia tra molti di coloro che usano bici o monopattino, il Codice della strada e il resto della città. Ok il mezzo eco e la sicurezza. Ma, ancora prima, ci vuole rispetto. Per tutti.
Si può dire o no che Milano, soprattutto in certe zone, non è una città per biciclette e monopattini? Siamo di fronte, anche qui, a un tabù ecologista e ambientalista che ci vieta di vedere la realtà così com’è? Eppure gli incidenti ci sono stati e continuano a esserci, tant’è vero che in piazza Durante a Milano, dove è morta una donna travolta da una betoniera, ciclisti e associazioni di bikers sono scesi in piazza, in quella piazza milanese, per chiedere più protezione e più sicurezza, bloccando il traffico per ore. Se non c’è dubbio sull’opportunità di chiedere prevenzione e sicurezza, sarebbe altrettanto opportuno che l’amministrazione comunale capisse una volta per tutte che in certe vie e in certe zone le biciclette e i monopattini sono fuori luogo, nel senso che quelle vie non sono un luogo adatto a loro.
Non ci vuole un genio a capire che in certe strade con il tram a doppia corsia, i marciapiedi stretti, la carreggiata poco più grande dell’ingombro dei tram stessi, ebbene, mi dovete dire chi può negare l’assoluta pericolosità di percorrere queste vie in bici col monopattino. Come sarebbe bello vedere scritto all’inizio di una via: «Attenzione, zona non consigliata alle due ruote». La mia non è una battuta, è la constatazione di ciò che sta avvenendo dove si è pensato, tra l’altro, che le piste ciclabili fossero zone protette per velocipedi e monopattini; ma chi conosce la viabilità di Milano, sa bene che in certi punti regna il casino totale. Posteggi di macchine che si affiancano alle piste ciclabili, ciclabili percorse a velocità folle anche in prossimità degli incroci, confusione tra strisce pedonali e piste ciclabili, ciclisti – e sono tanti – che sfrecciano sui marciapiedi non potendolo assolutamente fare perché si tratta di zone pedonali, infatti si chiamano marciapiedi non «marciamonopattini», e via di questo passo.
Chi è che non ha osservato comportamenti tipo: andare contromano; passare con il rosso «tanto non arrivano auto»; telefonare o mandare sms mentre si guida la bici o monopattino; procedere sui medesimi con la musica a palla nelle orecchie in modo da non sentire quel che succede attorno; andare di notte senza le luci accese, o invece senza le mani sul manubrio – tipo giocolieri improvvisati, che starebbero bene al circo assieme alle scimmie e meno sulle nostre strade; portare pargoli senza il casco, soprattutto per le mammine (che tenerezza!) con il cestino fiorito davanti; e, ancora, ragazzotti che hanno scambiato il monopattino per un pullman e quindi ci salgono in due… Qualcuno può dire di non avere mai visto cose del genere? Dovevamo aspettare qualche morto per darci una mossa? Non era necessario, per esempio, imporre l’uso del casco?
O anche qui è maledettamente presente il fondamentalismo ambientalista che non guarda alle conseguenze del proprio operato? Per fortuna la settimana scorsa il governo ha dato il via a una riforma del codice della strada che prevede limitazioni e obblighi severi per ciclisti e utilizzatori di monopattini. È un’iniziativa sacrosanta, tardiva, non per colpa di questo esecutivo, e che poteva esser assunta, almeno in parte, dalle amministrazioni locali. Per lungo tempo a Milano sembrava che, se non si fossero fatte le piste ciclabili, sarebbe probabilmente capitata un’alluvione dalla quale ci avrebbe potuto salvare solo l’Arca di Noè Sala. Purtroppo, i dati ci dicono in modo inconfutabile che con tutte le iniziative, area B, area C, biciclette, monopattini, lingue di Menelik e altri attrezzi vari, non solo l’inquinamento, cioè le polveri sottili nell’aria, non è diminuito, ma è aumentato. Evidentemente non è servito a nulla tutto ciò che è stato fatto, anzi sembrerebbe il contrario, anzi è il contrario. Ma non c’è nulla da fare: le ciclabili sono la soluzione, «muro o non muro, tre passi in avanti».
Speriamo che, una volta approvato, il nuovo Codice della strada sia fatto rispettare così come si fa per i divieti di sosta a Milano: inflessibilmente. Speriamo che, vista la ventata ecologista del nostro amato sindaco Beppe, i vigili urbani non chiudano un occhio sui ciclisti e gli utilizzatori di monopattini e li aprano invece tutti e due spalancandoli di fronte all’ignaro, vilipeso, oltraggiato, sbeffeggiato, insultato, povero automobilista. Una prece per lui.