Sono oltre un milione le persone entrate clandestinamente negli Stati Uniti dal Messico in dodici mesi, con un’accelerazione e un apice drammatico nelle migliaia di arrivi di minori. Ma il nuovo presidente americano, che aveva annunciato cambi di strategia rispetto all’era Trump, sembra minimizzare il fenomeno.
«In Honduras c’è troppa violenza e nessun futuro, per questo sono qui». Marcos ha 10 anni e spiega con parole semplici perché sia entrato illegalmente negli Stati Uniti, dopo una traversia di 4 mila chilometri insieme a una carovana di migranti. Da due settimane è in un centro di detenzione per minori a Houston, in Texas.
In campagna elettorale Joe Biden aveva promesso in 100 giorni una «svolta epocale» che avrebbe garantito «un trattamento più umano e accogliente» nei confronti dei migranti. Inoltre aveva garantito di inviare un disegno di legge al Congresso con un «percorso rapido verso la cittadinanza» per gli 11 milioni di irregolari negli Stati Uniti ma, per ora, i risultati raccolti dal presidente statunitense al confine con il Messico sono disastrosi sotto molti punti di vista.
In primis quello numerico. Per sconfiggere Trump, Biden aveva bisogno di accaparrarsi il voto dei latinos ma le sue promesse hanno creato aspettative enormi sotto il Rio Bravo fomentando le partenze, come si vede chiaramente dai numeri dei primi 8 mesi di mandato del leader democratico.
I migranti illegali arrestati al confine tra Stati Uniti e Messico nell’anno fiscale Usa che si conclude il prossimo 30 settembre sono infatti già quasi 1,2 milioni. Non succedeva da 21 anni. Un boom che non si è neanche sgonfiato nella torrida estate americana, con un record a luglio di oltre 210 mila clandestini, cifre che non si vedevano dal 2000.
Mai successo prima nella storia Usa, invece, che 19 mila bambini che viaggiavano da soli venissero arrestati e stipati in rifugi precari nei pressi della frontiera in appena un mese, sempre nel luglio 2021. Un incremento del mille per cento rispetto allo scorso anno secondo lo «Us Customs and Border Control», la polizia che in Texas, Arizona, New Mexico e California – questi i quattro stati Usa «sotto maggiore pressione migratoria» – cerca di controllare il confine.
Un’impresa titanica, anche perché l’unica cosa concreta fatta sinora dall’amministrazione Biden è stata quella di tagliare i fondi alle forze pubbliche che non sanno più dove mettere le migliaia di migranti provenienti, ogni giorno, dal Messico. Tendopoli approntate alla bell’e meglio sotto viadotti e in piazze e pubbliche vie appositamente chiuse alla cittadinanza per far spazio a quest’esodo biblico.
Le scene che si vedono in questi giorni d’estate a Roma, cittadina di 12 mila abitanti che beffardamente porta il nome della nostra capitale ma è sul confine texano, ricordano Lampedusa di qualche anno fa: decine di gommoni di disperati alla caccia dell’«American Dream, il sogno americano, che attraversano di notte il Rio Grande correndo rischi enormi. Molti, inevitabilmente, i morti.
Emblematico, per esempio, il caso di María Eugenia Chávez Segovia, 41enne mamma di Tijuana: annegata lo scorso 2 maggio, sulla rotta marina, al largo di Point Loma, un quartiere di San Diego, California, perché la precaria imbarcazione con cui aveva tentato di arrivare non ha retto le onde dell’oceano ed è affondata. María Eugenia aveva provato a entrare negli States già due volte da quando Biden è diventato presidente ma, in entrambi i tentativi, era stata arrestata ed espulsa a causa del «Title 42»: legge emanata da Trump che il suo successore ha confermato riga per riga. Una norma polemica che consente al governo Usa di negare l’ingresso in America ai migranti per qualsiasi motivo che sia legato al Covid-19. Tradotto: c’è la variante Delta o, prossimamente, Alfa o Lambda? Non entra neanche chi può chiedere asilo.
Prima, con «The Donald», i migranti aspettavano in Messico la risposta delle autorità Usa, un modo farraginoso ma funzionale. Il problema ora è che Biden ha cancellato gli accordi con il Paese del Centroamerica stipulati da Trump, ma per ora non li ha sostituiti con null’altro che possa aiutare le persone disperate come María Eugenia; la donna avrebbe avuto diritto all’asilo perché nel mirino dei narcos di Tijuana, invece, alla sua terza prova, è morta affogata.
Finora l’unica certezza è che dopo avere «seppellito» il muro di Trump, Biden ha passato la patata bollente del confine sud alla vice Kamala Harris con il compito preciso di «agire sulle cause di lungo periodo alla base del boom migratorio». Ovvero «cambiamenti climatici, violenza, corruzione e povertà». Resta il problema del breve e del medio periodo visto che, come già diceva John Maynard Keynes, «nel lungo saremo tutti morti»; e saranno necessari decenni per risolvere i problemi che – a detta dei democratici – sarebbero alla base del boom di migranti illegali al confine sud. È dunque Harris la persona incaricata della gestione di migliaia di famiglie senza documenti: 80 mila solo a luglio quelle bloccate, molte in Texas dove la situazione è caotica e il governatore repubblicano Greg Abbott è furente. «L’amministrazione Biden ha abbandonato le sue responsabilità per proteggere il confine e i texani stanno soffrendo per questo» si è sfogato il politico. «I problemi lungo il “border” stanno solo peggiorando a causa dell’inazione del presidente. Le proprietà sono distrutte, droghe mortali e armi illegali vengono introdotte nelle comunità di tutto lo stato, le forze dell’ordine devono reindirizzare le loro risorse e i giudici e i sindaci della contea devono affrontare spese esorbitanti».
Per fermare il flusso Abbott vuole che il Texas si finanzi e costruisca un muro perché, come ha detto Trump a fine giugno quando si è recato in questa zona calda di frontiera, «milioni di persone stanno attraversando il nostro confine, compresi molti criminali che vengono rilasciati dalle carceri, per crimini come omicidio, traffico di droga e di esseri umani. Nella nostra storia non è mai stato peggio e non c’è molto tempo per agire poiché stanno distruggendo il nostro Paese».
Strumentalizzazioni politiche in vista delle elezioni di Mid-term del prossimo anno, ma non solo. Il problema del confine esiste e non è mai stato così drammatico dal punto di vista numerico. La cosa più grave, però, è forse un’altra, di tipo qualitativo più che quantitativo come sottolineato dal sito progressista Politico il 6 agosto scorso in un duro atto di accusa contro Biden: la Casa Bianca sembra non riconoscere neanche l’esistenza del problema e, a 7 mesi dall’insediamento della nuova amministrazione, non ha fatto altro che minimizzare la questione. Prima, a marzo, affermando per bocca dello stesso presidente che si trattava solo di «un fenomeno stagionale tipico di ogni anno». Poi – una volta sconfessata dai fatti e smentendo se stessa- di non avere mai detto che si trattasse di un fenomeno stagionale. Per Politico, l’amministrazione Biden è colpevole di non aver fatto nulla di concreto per arginare questa ondata.
Lo straordinario boom di migrazione di minori, per esempio, avviene per un motivo tutto sommato semplice da comprendere. Secondo le attuali leggi americane, infatti, se i genitori tentano di attraversare il confine con minori vengono subito espulsi, a meno che non abbiano già presentato domanda d’asilo. Per gli «under 18» invece questa procedura è vietata. Così, negli ultimi sette mesi, grazie al passa parola e complici anche le promesse non mantenute di Biden, è aumentato esponenzialmente da parte di famiglie che hanno già parenti o conoscenti negli Stati Uniti – illegalmente o no, non fa differenza – il tentativo di fare attraversare ai loro «congiunti minorenni» il confine da soli.
Il fenomeno dei latinos che sognano gli Stati Uniti è antico ma oggi sta assumendo un carattere emergenziale inedito. Una situazione critica sfruttata anche dai cartelli della droga, che oltre al narcotraffico gestiscono una percentuale rilevante di questa tratta, lucrando sulla disperazione dei migranti, la maggior parte dei quali arriva da Honduras, Guatemala ed El Salvador.
Pochi sono in realtà i messicani che azzardano il passaggio, dato che da qualche anno, ormai, il Messico si è trasformato da Paese che esporta migranti a nazione che li importa, soprattutto a causa dei flussi senza precedenti dal Centroamerica, cosìcome da Venezuela, Haiti e Cuba, i tre Paesi dell’area che stanno vivendo le crisi economiche e sociali più drammatiche.
