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Matteo Salvini al meeting di Rimini: “Mai soldati italiani a morire in Ucraina o in Russia”

Matteo Salvini al meeting di Rimini: “Mai soldati italiani a morire in Ucraina o in Russia”

In chiusura del meeting di Rimini è arrivato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Ponte sullo Stretto, screzi con Macron e elezioni regionali, ecco tutto quello che ha detto il ministro.

Poco dopo il discorso della premier Giorgia Meloni, il palco del meeting di Rimini è stato calcato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Il leader della Lega, che non ha incrociato la premier nonché alleata di governo, ha rilanciato le sue posizioni su infrastrutture, rapporti internazionali ed elezioni regionali.

Il ponte sullo Stretto

Partiamo dal ponte sullo Stretto, la grande promessa infrastrutturale della Lega che sta per diventare realtà: «Servirà un po’, almeno 7 anni, ma questa volta lo facciamo davvero». Aggiungendo: «Solo in Italia si riesce a litigare sui ponti, sulle gallerie, sugli svincoli e quindi conto, l’anno prossimo, a Dio piacendo, di essere a Rimini con un padiglione ancora più importante con tanti nuovi cantieri aperti e con la posa della prima pietra del ponte sullo Stretto di Messina, che sarà realizzato dopo 50 anni di chiacchiere grazie a un governo solido».

Il Ponte, secondo il vicepremier, non è solo un’opera del Sud per il Sud, ma «un’opera che incrementerà il Pil di tutto il Paese e coinvolgerà positivamente lavoratori e imprese di tutta Italia». A sostegno di questa tesi, Salvini cita lo studio indipendente di Open Economics, che evidenzia come “ne beneficerà per prima la Lombardia, essendo la regione più industrializzata”.

L’aspetto simbolico del progetto è quello che più sta a cuore al leader leghista: «È un segnale di speranza e riscossa soprattutto per migliaia di nostri giovani, laureati e diplomati, costretti troppo spesso ad andare all’estero per costruirsi un futuro».

Sul fronte dei controlli antimafia, tema sempre caldo quando si parla di grandi opere al Sud, Salvini si è mostrato determinato: «Volevamo e vogliamo rafforzare i controlli, utilizzando gli stessi strumenti già in atto con successo per le Olimpiadi Milano-Cortina». Il messaggio è chiaro: «Garantire lavoro, speranza e futuro, soprattutto ai giovani, è la migliore risposta alle mafie, che prosperano dove non c’è sviluppo».

Con un tocco di ironia, ma anche di diplomazia, Salvini ha persino esteso un invito al presidente francese: «Inviterò Macron ad attraversare il Ponte con l’auto, non elettrica possibilmente».

La questione “Macron”

Proprio il caso diplomatico scoppiato dopo le dichiarazioni di Salvini su Emmanuel Macron ha dominato buona parte dell’intervento del vicepremier a Rimini. Il leader leghista ha cercato di ridimensionare il suo “attaccati al tram”, spiegando che «dire a una persona che reiteratamente dice che siamo pronti a combattere, mentre io non ho intenzione e se vuoi ci vai tu, non è un insulto ma un ragionamento».

La celebre espressione milanese “taches al tram, attaccati al tram” è stata spiegata dallo stesso Salvini come «un modo simpatico per dire ‘vai avanti tu che mi viene da ridere’». Il vicepremier ha ipotizzato che a Macron «sia stata data una traduzione errata» dell’espressione dialettale, minimizzando così l’incidente diplomatico che ha portato alla convocazione dell’ambasciatrice italiana a Parigi.

Salvini ha quindi reiterato la sua ferma posizione sull’Ucraina: «Il governo non manderà mai un soldato italiano a combattere in Ucraina e in Russia. Facciamo lavorare gli ambasciatori e i diplomatici perché la storia insegna che quando parti per fare la guerra in Russia, da Napoleone a Hitler, non finisce mai bene. Quindi i nostri figli non sono pronti a combattere, punto e basta. Se vuole andarci Macron, ci va Macron».

Il Vicepremier ha chiuso con una punta di sarcasmo: «Con tutto il rispetto per la massima carica francese, credo che lì abbiano qualche problema più rilevante più che le dichiarazioni di Salvini», alludendo alla crisi di governo e alla situazione economica sempre più grave.

Regionali

Sul fronte elettorale, Salvini ha delineato la strategia della Lega per le prossime elezioni regionali in Veneto, dove il limite del terzo mandato impedirà a Luca Zaia di ricandidarsi. Il segretario leghista ha rilanciato con forza l’idea di una “lista Zaia” guidata dal presidente uscente: «Spero di sì, ne parleremo con gli alleati e confido che avremo un accordo chiaro al più presto».

La posizione di Salvini è netta: «Il Veneto è un esempio di governo eccellente: sarebbe un errore cambiare lo schema di un centrodestra a guida leghista». Una dichiarazione che suona come una rivendicazione del primato della Lega in una regione storicamente cruciale per il partito del Carroccio.

I numeri, secondo Salvini, parlano chiaro: «la Lega in Veneto conta 11 mila iscritti e più di 160 sindaci», e per le regionali ha già raccolto «158 disponibilità alla candidatura che potrebbero garantire la costruzione di tre liste». Questi dati dimostrano, secondo il leader leghista, «la forza dirompente della Lega in Veneto» e la necessità di non disperdere «l’eccellente amministrazione garantita negli ultimi anni con la guida di Luca Zaia».

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