Nelle sue scelte politiche che lo avvicinano più a Oriente che a Occidente, il Papa rischia di approfondire ulteriormente le linea di frattura all’interno dello stesso Cattolicesimo.
Non è tornata solo la geopolitica degli Stati, ma anche la geopolitica delle religioni. E il suo epicentro è a Roma. La tensione che investe da vicino il Vaticano e il cattolicesimo descrive oggi blocchi geo-religiosi diversi. Il mosaico cristiano si sta scomponendo ulteriormente. Si possono distinguere (almeno) quattro blocchi principali. Il primo è quello angloamericano e, oltre alle sigle protestanti, comprende ora il clero cattolico statunitense in rotta di collisione con il papato di Jorge Mario Bergoglio.
Un secondo blocco è quello euro-tedesco, che comprende il cattolicesimo progressista tedesco, a sua volta in forte divergenza con Francesco. Un terzo blocco è quello ortodosso russo, conservatore e legato al Cremlino di Vladimir Putin. L’ultimo blocco è quello sino-vaticano, frutto della politica di questo pontificato.
In un tempo geopolitico, Francesco è senza dubbio un pontefice tanto geopolitico quanto divisivo. Sotto il suo mandato, nuovi confini si vanno disegnando sulle mappe del mondo. Chiariscono chi sta con chi. Distinguono tra amici e nemici. Riportano alla luce rappresentazioni e persino i miti su paleociviltà sepolte (gli atlantidi, i lemuriani, gli iperborei). Soprattutto, illuminano blocchi regionali e sfere di influenza. Perché Bergoglio e le sue scelte hanno cambiato la geopolitica delle religioni.
Il Papa rifiuta l’allineamento con l’Impero statunitense, da cui lo separano sensibilità personale e riflesso «neo-guelfo» in opposizione ai «neo-ghibellini». Ovviamente i «ghibellini» di oggi non dispongono di un imperatore da adorare, bensì di rappresentanti politici democraticamente eletti. A surrogare l’Impero sono oggi i «deep State», le burocrazie permanenti e i potentati economici a esse collegati. Nel ragionamento di Bergoglio, le sigle protestanti ed evangeliche non sono solo un concorrente del Cattolicesimo nell’arena cristiana, bensì un’estensione del potere statunitense.
Cresciuto in Argentina, Francesco non può tollerare il brasiliano filo-Usa Jair Bolsonaro e i suoi grandi elettori evangelici. Considera il controverso presidente brasiliano un vassallo dell’Impero americano, e i secondi i rappresentanti della religione di Stato dell’Impero. Gli fanno entrambi orrore, neanche fossero Leone X che contempla Martin Lutero.
Non vi è dubbio, tuttavia, che il rifiuto della religione di Stato da parte di Bergoglio abbia un che di paradossale. L’intesa del Vaticano con la Cina si porta infatti appresso pesanti contraddizioni. La più vistosa sta nell’istituzionalizzazione del ruolo delle autorità di Pechino, e nella diluizione senza precedenti del messaggio sacrale. Il rischio è quello di un contrappasso: Bergoglio non vuole fare del Cattolicesimo un elemento ancillare dell’Impero americano, ma finisce per renderlo egli stesso un «instrumentum» di quello cinese.
C’è dell’altro: in Occidente l’Impero è sfumato, le istituzioni sono democratiche e il dibattito della società civile rimane vivace.
In Cina, con cui Bergoglio cerca l’intesa, non è così. Vige invece un programma di assimilazione forzata delle religioni alla cultura cinese, che comprende fra i doveri anche la sottomissione al Partito comunista cinese e che, per molti aspetti, è una vera guerra di religione per spodestare gli dei delle altre fedi e sostituire a essi il dio-Imperatore Xi Jinping.
Nei prossimi anni sono molti i cardinali elettori attualmente in carica che supereranno la soglia degli 80 anni, e dunque scadranno. Bergoglio avrà la possibilità di sostituirli con nuovi porporati che la pensano come lui. In altre parole, Bergoglio potrà ulteriormente accentuare la curvatura anti-occidentale della Chiesa cattolica. Nel frattempo, tuttavia, la conflittualità con le componenti nordamericana (conservatrice) e tedesca (euro-progressista) appare in rapido aumento.
Il rischio è che, nel suo protendersi verso Oriente, la Chiesa cattolica subisca un duplice scisma occidentale, favorendo l’abbraccio delle chiese componenti cattoliche scismatiche con le sigle protestanti angloamericane e tedesche.
* Esperto di scenari strategici, fondatore di Policy Sonar