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Il Governo perde tempo, l’Italia la partita dell’energia

Il Governo perde tempo, l’Italia la partita dell’energia

Dietro le quinte delle trattative per la formazione di un nuovo governo si gioca una partita molto importante per il futuro dell’industria petrolifera italiana. Che non è fatta solo di Eni, ma di tutte le imprese specializzate nel settore dell’estrazione di idrocarburi.


La partita riguarda la possibilità di effettuare prospezioni ed estrazione di gas e petrolio nei mari italiani. Questa possibilità era stata congelata nel febbraio del 2019, quando l’allora governo gialloverde approvò il decreto Semplificazioni con una moratoria di 18 mesi sulle trivellazioni offshore.

Come ricorda La Verità, sul sito del ministero dello Sviluppo Economico ci sono ancora i riferimenti a quel decreto del febbraio 2019, dove “entro 18 mesi” si leggeva “è approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), al fine di individuare un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse». Ma non se n’è fatto nulla, il piano non è stato messo a punto e tra qualche mese il blocco verrà sbloccato. Con la soddisfazione di Pd e Italia Viva che tendenzialmente sono favorevoli alle trivellazioni.

Invece il Movimento 5 Stelle vuole un proroga del blocco. E magari un congelamento totale e perpetuo delle trivelle. Nella bozza che contiene gli emendamenti al dl Milleproroghe, M5S ha inserito infatti la nuova moratoria sulle trivelle. Qualche giorno fa la commissione Ambiente della Camera ha accolto l’ordine del giorno, collegato alla Manovra, di Giovanni Vianello, membro M5S della commissione, con il quale il governo si impegna a bloccare in maniera definitiva il rilascio di nuovi permessi e concessioni per la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi sia in mare che in terra.

Altri emendamenti sulle trivelle sono stati presentati nelle commissioni Affari costituzioni e Bilancio. Tullio Patassini della Lega ha proposto che “nelle more dell’adozione del PiTESAI, i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento, alla proroga, alla variazione dei programmi di lavoro o delle quote di titolarità, alla rinuncia e alla riduzione dell’area di permessi di prospezione e di ricerca o di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi proseguono il loro corso”. Al contrario Vianello dei 5 Stelle ha chiesto di allungare a 36 mesi i tempi per l’approvazione del PiTESAI e ha proposto che “decorsi ventiquattro mesi è vietato su tutto il territorio nazionale il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca ovvero di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi”.

Bloccare la ricerca di gas e petrolio nei nostri mari può anche essere una bella idea. Purché sia adottata almeno da tutti i Paesi europei. Altrimenti ci troveremmo a dover acquistare petrolio e soprattutto gas dall’estero e a vedere le petroliere solcare i nostri mari con tutti i rischi che conseguono (i maggiori disastri ambientali intorno all’Italia sono stati provocati da incidenti navali, non da fuoriuscite di petrolio).

Come ha ricordato a ENERGIA OLTRE Gianni Bessi, consigliere regionale dell’Emilia Romagna per il Partito Democratico e autore di “Gas naturale. L’energia di domani”, le attività di upstream di Eni, cioè quelle a monte della commercializzazione delle risorse energetiche, in Italia danno lavoro a circa 5mila persone sugli oltre 20 mila dipendenti del cane a sei zampe. Senza contare l’indotto della manifattura e dei servizi accessori. La produzione di idrocarburi Eni in Italia è dati bilancio 2018 il 7% della produzione totale dell’azienda, grazie alle aree di produzione dell’Adriatico, della Basilicata e della Sicilia.

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