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Europa: il campo minato della «Baronessa»

Europa: il campo minato della «Baronessa»

Promesse da mantenere, conflitti da disinnescare. Un autunno amaro si prospetta per la bis-presidente della Commissione Ue. Tra Green deal confermato, alleati poco convinti, avversari che non le faranno sconti. Ma Ursula von der Leyen si vuol salvare con una tattica molto italiana: quella dei due forni…


Al potere per il potere». Il vizio denunciato per decenni in Italia s’è impossessato della baronessa di Bruxelles. Ce l’ha messa tutta Ursula, sfoderando un cinismo alla Frank Underwood. Ammiccava a destra, salvo stringere patti con gli ultra ecologisti. Prometteva di stemperare l’eco-talebanesimo, per poi rinfoderare l’intento. Giurava discontinuità, ma è arrivata la restaurazione borbonica. Ogni compromesso, pur di restare al trono. Ma adesso il secondo mandato della Von der Leyen è più accidentato che mai. La maggioranza pronta a esplodere. L’arcigna opposizione. Il Green deal che avanza.

Bruxelles sembra un campo minato. Il primo ordigno pronto a brillare è la transizione ecologica. Nel discorso programmatico, la presidente si è impegnata a presentare nei primi cento giorni il piano per l’industria verde. Manterrà gli iperbolici e deleteri obiettivi iniziali? Come lo strombazzatissimo impegno generale, ossia ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030. O l’ancor più lunare traguardo della neutralità climatica, fissato per il 2050. Insomma: se dovesse pagar pegno per il supporto ai Verdi, scontenterà subito i pragmatici del Ppe. E già in autunno la maggioranza potrebbe cominciare a scricchiolare.

Per le auto, resta fissata la data dell’imminente catastrofe. Dal 2035 saranno venduti solo veicoli elettrici. Nel 2026, però, scatterà un’enigmatica clausola di revisione. Che Manfred Weber, capogruppo dei popolari, aveva annunciato di voler sfruttare: «Se il mio gruppo riuscirà a ottenere la maggioranza alle prossime elezioni, annulleremo il divieto ai motori a combustione approvato in questa legislatura. Una decisione di sinistra e verdi con enormi svantaggi competitivi per la Ue». Già, ma i volponi eurodemocristiani potrebbero ingranare l’ennesima retromarcia. Anche sulle case green restano le vecchie imposizioni: cappotto termico, nuovi infissi, riscaldamento più efficiente. Spesa media: dai 40 ai 60 mila euro per abitazione. Ogni Stato si adopererà per ridurre il consumo energetico del 16 per cento entro il 2030 e almeno del 20 per cento entro il 2035. E rimane l’obbligo di rottamare le caldaie a gas entro il 2040. Si ipotizzavano, in campagna elettorale, due correzioni: riscrivere la norma o fissare come obiettivo unico il 2050. Ma adesso, dopo il plateale appoggio dei Verdi, cosa faranno i diabolici popolari?

Se Von der Leyen confermerà l’architrave iniziale, sarà difficile scardinare i nefasti capisaldi voluti poi da Frans Timmermans, il fu commissario alla Transizione ecologica. Ecco, a proposito: nell’attesa della presentazione del piano verde, bisognerà nominare il successore del barbuto sciamano olandese. Anche in questo caso, le premesse sembrano catastrofiche. La casella è stata prenotata dalla Spagna, che vanta il governo più a sinistra d’Europa. Favoritissima è la vice premier: Teresa Ribera, ministro iberico alla Transizione. La destra continentale è in allerta: «È peggio di Timmermans». In un’intervista a Politico, lo scorso maggio Ribera già esortava la Von der Leyen a evitare ogni collaborazione con i conservatori, rei di voler «annacquare le politiche verdi». Invece «non c’è tempo da perdere», ammoniva. «Dobbiamo fare molto di più». Ursula può spacchettare le deleghe e distribuirle ad altri commissari. Per evitare quella deleteria concentrazione di poteri che ha lasciato spadroneggiare lo scatenato Frans per anni. Ma la nomina di Ribera sarebbe, comunque, un dito negli occhi per la destra. E non solo. Anche perché riecheggiano ancora le stentoree promesse della baronessa in campagna elettorale: «A differenza di altri, noi siamo per soluzioni pragmatiche e non ideologiche. Non c’è economia competitiva senza protezione del clima e non c’è protezione del clima senza economia competitiva». La Von der Leyen, però, ha già dimostrato un trasformismo inarrivabile. S’è fatta concava e convessa. E ha rimodulato convinzioni e giuramenti senza fare un plissé.

L’opposizione s’aspetta cinque anni di machiavellismi e voltafaccia. Ursula sembra destinata a perpetrare l’italica «politica dei due forni» di Giulio Andreotti. Il panettiere era la Dc, che alternava il forno socialista a quello liberale, a seconda delle esigenze. La presidente della Commissione si prepara a fare lo stesso, con la sinistra e i conservatori? «A differenza del passato, in questa legislatura ci sarebbe una maggioranza anche a destra» spiega Carlo Fidanza, capo delegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles. «Ogni volta che il Ppe vorrà affossare gli alleati, potrà aprire l’altro forno». Contando magari su parte di Renew, come in passato. Le difficoltà in patria del premier francese, Emmanuel Macron, sono destinate a dividere ancora di più il gruppo, spostandolo al centro. La nobile panettiera sarebbe utile pure agli avversari, soprattutto per limitare i danni del Green deal. Ma quando comincerà l’epoca dei due forni? Per i più attenti è già partita, in parlamento. Mentre la torva stampa antimeloniana sogna l’estromissione della premier da ogni consesso continentale, i rapporti con la presidente della Commissione non sembrano affatto compromessi.

Il voto contrario dei conservatori, alla fine, s’è trasformato in un reciproco vantaggio. Ursula ha evitato di inimicarsi gli storici alleati socialisti. E Giorgia può rivendicare coerenza. «Non poteva che andare così» ammette Fidanza. «E la scelta ci ha coperto sul fronte destro». Soprattutto con Victor Orbán, capo dei Patrioti. Attorno ai sovranisti euroscettici hanno steso un fantomatico «cordone», con l’esclusione da ogni nomina. Alleati leghisti compresi. Fratelli d’Italia, invece, ottiene sei vicepresidenze di commissioni sulle dodici andate ai partiti italiani, due in più del Pd. «Anche nel Consiglio d’Europa, dove siedono i capi di governo, Giorgia avrà un ruolo centrale» assicura Fidanza. «Rappresenta la destra dialogante. È la sola che ha il popolo dietro: gli altri sono politicamente morti. Ursula non può inimicarsela. È pure l’unica che parla con Orbán». I Patrioti sono già diventati il terzo gruppo a Bruxelles. L’ambizione sarebbe suggellata dal trionfo negli Stati Uniti di Donald Trump, da sempre sostenitore del premier magiaro.

Intanto, la baronessa teutonica avrebbe cominciato a scaldare il secondo forno. All’inizio bisognerà dare prova di unità. Ma incombono le elezioni in Germania. Si vota l’anno prossimo. La locomotiva d’Europa sbuffa come un vaporetto: decrescita, disoccupazione, smarrimento. Il cancelliere socialista, Olaf Scholz, sembra al capolinea. Friedrich Merz, leader ultra conservatore della Cdu, chiede elezioni anticipate. È il partito di Von der Leyen: quello che spadroneggia nei popolari europei. Dunque, i cristiano democratici sono alleati a Bruxelles con i socialisti. E ferocemente nemici a Berlino. Anche Ursula dovrebbe adeguarsi allo scenario. Non a caso, ha già concesso alla Cdu il via libera ai carburanti sintetici: antidoto tedesco all’avanzata delle auto elettriche, che rischiano di distruggere l’industria automobilistica. Insomma: si prospetta in patria un governo di destra, senza né socialisti né verdi. A meno che i numeri non impongano il ritorno della Grosse Koalition, come quella messa in piedi dall’ex cancelliera, Angela Merkel.

Per adesso, comunque, bisogna salvare le apparenze. La maggioranza dovrà fingere concordia a dispetto di inconciliabili differenze. Destinate, perfino, ad accentuarsi. Farà magari qualche concessione ai progressisti sui diritti sociali, a partire da quelli Lgbt. Intanto, il centrodestra comincerà a cannoneggiare: emissioni, auto elettriche, case green, desertificazione industriale. Ma la blasonata panettiera è pronta all’ennesimo tradimento. «Belzebù» teorizzò: «Se ho nella mia stessa strada due forni e uno di questi me lo fa pagare caro, io vado dall’altro» spiegava Andreotti. Certo: la baronessa, come la regina Maria Antonietta, vorrebbe sfamare il popolo con brioches vegane. Eppure, visto lo sconsiderato amore per il potere, sarebbe disposta a servire anche michette carbonizzate.

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