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Elezioni anticipate? Buon modo per finire il settennato di Mattarella

Elezioni anticipate? Buon modo per finire il settennato di Mattarella

Matteo Renzi ha lasciato il lavoro a metà. Dopo aver scelto di abbandonare il Conte bis per eccesso di immobilismo del governo e di centralismo del premier non è stato capace di indicare una nuova strada. Così un governo Conte ter rischia di essere ancor più debole del bis. E affidargli 230 miliardi del Recovery fund non sarebbe un’idea lungimirante. Le urne sono la strada migliore (oltre che la più democratica) per trovare un esecutivo forte.


Matteo Renzi ha lasciato il lavoro a metà. Dopo aver scelto di abbandonare il Conte bis per eccesso di immobilismo del governo e di centralismo del premier non è stato capace di indicare una nuova strada. Renzi ha rovesciato, senza tracciare una mappa. E al momento non è certo che la manovra di sostituzione del presidente del Consiglio mantenendo la stessa maggioranza riesca al leader di Italia viva. La possibile emersione dei responsabili come ancora di salvataggio del premier lascia tutto nell’incertezza. Se ci saranno, il Conte bis andrà avanti con ancora meno forza e capacità. Se mancheranno, si apriranno varie strade. Tranne forse quella ritenuta da tutti meno probabile, e cioè il ritorno alle urne.

Un’ostilità verso il voto che riguarda non solo i partiti di maggioranza ma anche il Quirinale, che ha lasciato trapelare i suoi timori rispetto allo sfociare della crisi in elezioni anticipate. Tanta ossessione per il proseguo della legislatura ad ogni costo e per una stabilità fasulla appare difficile da comprendere a gran parte della popolazione italiana e allora forse è bene ripercorrere brevemente la storia recente per leggere tra le righe della tessitura politica. Le elezioni del 2018 avevano mostrato il definitivo scollamento dei partiti tradizionali (Pd, Forza Italia) dall’elettorato e saldato una maggioranza nazional-populista. La prima opzione dell’epoca per l’establishment italiano e per i vertici istituzionali rimaneva un accordo tra Pd e 5 stelle che all’epoca Renzi e Di Maio non riuscirono a cucire. Il Quirinale aveva dovuto prenderne atto e, senza mai conferire nemmeno un mandato esplorativo alla più votata coalizione di centrodestra, si era visto costretto ad accettare il patto tra la Lega e i pentastellati. Lo fece non senza espandere il suo tradizionale potere a fisarmonica, ponendo dei paletti ben precisi ed impedendo la nomina di Paola Savona al Ministero dell’Economia e Finanza. Troppi i timori all’epoca per uno scivolamento troppo pronunciato verso l’euroscetticismo. Nell’estate 2019 Matteo Salvini decise, per motivi abbastanza simili a quelli di Renzi oggi, di staccare la spina al Conte Uno. Questa volta il Pd ed il Movimento 5 stelle riescono a mettersi d’accordo, ridando vita parlamentare ad un Renzi che era stato silenziato dalla sconfitta del 2018. Il Quirinale accettò, su proposta dei partiti, di far rimanere a Palazzo Chigi Giuseppe Conte, pure con una maggioranza differente dalla prima. Anche all’epoca, si preferì l’accordo parlamentare al ritorno alle urne, che avrebbe prodotto quasi certamente una maggioranza di destra. Questo modus operandi è un segno di continuità nell’azione di Mattarella, che privilegia la stabilità e mostra di sgradire le posizioni non allineate alla linea europeista.

Per questo motivo un eventuale governo di centrodestra è un rischio, per un garante del vincolo esterno europeo come il Capo dello Stato, che deve essere il più possibile allontanato. Tutto rientra nella perfetta legalità costituzionale e nell’interpretazione giuridica della Carta che va per la maggiore nel nostro Paese. Ciò non toglie che il Quirinale abbia dei margini di discrezionalità politica, funzionali ad indirizzare la politica nazionale in certe direzioni piuttosto che altre. Il Conte bis è una creatura politica del Capo dello Stato molto più di quanto non lo sia stato il Conte Uno. Una sua fine improvvisa, nel mezzo di una pandemia piena di fallimenti gestionali e politici, sarebbe motivo di imbarazzo e delusione. L’ipotesi del voto anticipato resta per il Quirinale l’extrema ratio, e prima dovranno essere tentate tutte le strade possibili in Parlamento. Inclusa la ricerca di responsabili che passino dall’opposizione alla maggioranza per rimpiazzare i senatori di Italia viva. Soluzione rabberciata, precaria, priva di progettualità che però serve a tenere in vita il Conte bis e preservare la legislatura, portandola al semestre bianco. E qui più strade s’incrociano: l’elezione del nuovo Capo dello Stato, una legge elettorale ancora da sistemare, le paure dei partiti dell’attuale maggioranza per la riduzione dei seggi parlamentari. Il settennato di Mattarella si avvia alla sua conclusione con molti nodi irrisolti. E allora qui, fuoriuscendo dal coro, si può ribaltare il ragionamento. Quanto senso ha avuto permettere a Conte di procrastinare le dimissioni dopo l’uscita di Italia viva? Queste ultime giornate stanno offrendo, soprattutto all’estero, una immagine stabile e rassicurante dell’Italia? Si possono lasciar gestire i 230 miliardi del Recovery fund, che sono per lo più prestiti da restituire non dimentichiamolo, ad un governo che potrebbe essere ancora più debole, immobile ed incline a politiche clientelari e di corto respiro? Sono domande che le massime cariche dello Stato devono obbligatoriamente porsi. E darsi di conseguenza due strade: o dal Parlamento emerge una maggioranza più forte e fondata su un accordo politico chiaro e puntuale oppure si ritorna alle urne. Il voto non è impossibile, sono tanti i Paesi europei che voteranno nei prossimi mesi.

Con tutte le cautele e gli accorgimenti del caso si può fare anche in Italia, checché ne dicano i virologi, poiché sul tema decide la politica e non la medicina. Si potrebbe trovare un governo di mera transizione, di pochi mesi, che permetta di organizzarsi. Quella di un nuovo patto tra la vecchia (o unanuova) maggioranza oppure di un voto anticipato sarebbe probabilmente il modo migliore per Mattarella di concludere il settennato. Permettendo cioè al Paese, non solo di esprimersi democraticamente, ma di aver un governo meno debole e precario in un momento difficile. Legarsi mani e piedi al nome di Giuseppe Conte e ai responsabili è un prezzo che il sistema politico e l’Italia rischiano di pagare a caro prezzo in futuro. Altrimenti, vista dall’esterno del palazzo, l’eccessiva ostinazione verso un’unica soluzione sembra lasciar prefigurare l’intento di voler preservare una maggioranza di un certo colore politico per l’elezione del prossimo Capo dello Stato. Qualora fosse, non ci sarebbe nulla di male per chi conosce la grammatica del potere. Ma siamo certi che questo obiettivo politico valga tanto da evitare le urne ad ogni costo o da mantenere, in qualunque forma inclusa la più fragile, lo stesso presidente del Consiglio?


Elezioni anticipate? Buon modo per finire il settennato di Mattarella
Ansa
Matteo Renzi e sullo sfondo Giuseppe ConteAnsa

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