È stata la norma sul Ponte sullo Stretto a far scattare la richiesta di approfondimenti tecnici che ha portato al rinvio del Consiglio dei Ministri previsto per il 14 maggio. Nel decreto infrastrutture, infatti, era stata inserita una disposizione che avrebbe permesso un aumento dei contratti per le aziende coinvolte nella realizzazione dell’opera. Un passaggio che ha attirato l’attenzione degli uffici legislativi, portando a un confronto tra Palazzo Chigi, il ministero delle Infrastrutture e il Quirinale.
Nonostante le rassicurazioni della società Stretto di Messina – che ha ribadito il rispetto del tetto massimo di spesa fissato a 13,5 miliardi di euro dalla legge di bilancio – la norma ha richiesto ulteriori verifiche. Insieme a questo punto, sono stati segnalati almeno altri quattro passaggi normativi da riconsiderare.
A contribuire al rinvio anche la cosiddetta norma “salva Spinelli”, riguardante una concessione portuale a Genova annullata dal Consiglio di Stato. Il testo prevedeva un intervento sulla legge portuale per garantire la continuità operativa, ma dopo un primo confronto è stata eliminata dalla bozza. Restano però aperti i nodi interpretativi legati al metodo e al merito del decreto.
Il decreto, voluto dal ministero delle Infrastrutture, è un provvedimento ampio che raccoglie oltre duecento misure. Non tutte, però, sarebbero riconducibili ai criteri di necessità e urgenza richiesti per un decreto legge. Per questo motivo, secondo fonti di governo, è stata ritenuta necessaria una pausa di riflessione. La decisione di rinviare il CdM è arrivata dopo una riunione tecnica con la partecipazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si trova attualmente in Portogallo per una visita ufficiale, ma i contatti tra gli uffici del Colle e quelli di Palazzo Chigi sono rimasti attivi. Il dossier verrà riesaminato nei prossimi giorni, anche alla luce delle osservazioni informali avanzate dal Quirinale.
Intanto, nella giornata di ieri, il vicepremier Matteo Salvini – promotore del provvedimento – ha chiesto formalmente lo slittamento, valutando l’opzione come la più opportuna per favorire un clima istituzionale collaborativo.
