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D’Alema, facciamoci un bel congresso

D’Alema, facciamoci un bel congresso

Da Panorama del 28 settembre 1995

Indebolito dall’avviso di garanzia per le cooperative rosse e da Affittopoli, attaccato dagli alleati per il cambio di rotta sulle elezioni, il segretario è nel mirino. A meno che…


“Sono convinto che a questo punto sia necessario un bel congresso straordinario. C’è tutto il tempo per poterlo celebrare, se slitterà, come io penso, la data delle elezioni. Io comunque lo chiedo”: Giuseppe Vacca, storico e presidente dell’ Istituto Gramsci, è anche grande amico e tra i consiglieri più influenti di Massimo D’ Alema. È convinto che ci siano molte cose da sistemare, problemi che il congresso tematico del luglio scorso non ha nemmeno sfiorato. Dice a Panorama: “Bisogna decidere come la sinistra si riorganizza politicamente, come si dà stabilità all’ alleanza di centrosinistra e quale può essere il nostro contributo al programma di governo della coalizione”. Un sasso nelle acque stagnanti della politica pidiessina. E un consiglio-provocazione all’ amico segretario, che sembra aver perso lo smalto dei primi mesi, soprattutto dopo la vittoria alle elezioni amministrative dello scorso aprile. “Sì, bisogna tenere un congresso” dichiara anche Gianfranco Pasquino, politologo e senatore progressista. “Questo è un obiettivo finora non solo mancato, ma clamorosamente evitato dal segretario del Pds. E non è un bene, nemmeno per D’ Alema”.

Anche Willer Bordon, che della Quercia è un prezioso alleato, va giù a colpi di clava: “Se non si fosse chiamato D’ Alema, uno come lui sarebbe già stato lapidato” dice a Panorama il presidente dei deputati democratici. “Come si fa a tenere un atteggiamento così clamorosamente contraddittorio, come ha fatto il segretario del Pds nelle ultime settimane, sulla data delle elezioni e sulla durata del governo di Lamberto Dini? E lo dico pur essendo pienamente d’ accordo con il fine latinista Concetto Marchesi, il quale sosteneva che “solo i paracarri non cambiano mai opinione”.

E se persino una fan sfegatata come Livia Turco si lascia andare a qualche critica pubblica, è proprio segno che la leadership di D’ Alema non deve più apparire salda e sicura come un tempo.

Prima i litigi con gli alleati minori della coalizione dell’ Ulivo, che hanno arroventato l’ estate del centrosinistra, al punto da lasciar intravedere addirittura la possibilità di un clamoroso ritiro di Romano Prodi. Poi, al rientro dalle vacanze, l’inchiesta di Vittorio Feltri, direttore del Giornale, su Affittopoli: aggressiva, martellante, implacabile. E infine l’ avviso di garanzia notificato dai giudici veneziani che indagano sulle cooperative rosse.

Davvero un momentaccio per Massimo D’ Alema.

Per la prima volta, da quando è stato eletto segretario del partito, il suo indice di popolarità sembra in discesa. Secondo un sondaggio effettuato dalla Datamedia fra duemila italiani “che contano”, tra agosto e settembre, il segretario del Pds è passato dal 48 al 30 per cento. E Renato Mannheimer, uno studioso dei flussi di opinione molto stimato anche alle Botteghe Oscure, ha registrato un calo dei consensi elettorali del Pds: se si votasse ora perderebbe almeno il 2 per cento dei voti. E perderebbe, nel complesso, anche la coalizione di centrosinistra. Insomma, ricacciato all’ opposizione nel dicembre dell’ anno scorso dal voltafaccia di Umberto Bossi, adesso il centrodestra di Silvio Berlusconi potrebbe tornare al governo, almeno secondo i sondaggi.

È una fotografia impietosa degli attuali rapporti di forza che segnala il distacco dal Pds di una parte dell’ opinione pubblica moderata che si era orientata a sinistra proprio grazie alle iniziative e alle scelte di D’ Alema. È lì che il segretario aveva puntato la sua strategia vincente. Ogni suo atto, dall’ appoggio al governo Dini alla riforma delle pensioni fino alla presa di distanze dal “partito dei giudici”, aveva come motivazione quella di aprire una breccia nel mondo moderato, accreditando il Pds in quell’ ambiente come una forza tranquilla e affidabile. Un’ offensiva che aveva toccato l’ apice nel congresso celebrato nel luglio scorso a Roma, quando l’ex grande nemico Berlusconi, ridotto al rango di semplice avversario, aveva addirittura preso la parola di fronte alla platea pidiessina.

E Gianfranco Fini, il presidente dei postfascisti, s’ era seduto in prima fila per la prima volta fra gli invitati a un’ assise di un partito di sinistra. Quel patrimonio di credibilità, accumulato faticosamente, giorno dopo giorno, ora rischia di essere dilapidato. Gran rifiuto “Certo, molte cose non sono dipese da D’ Alema” premette Pasquino. Il segretario pidiessino probabilmente non immaginava di finire nel mirino di Feltri per Affittopoli, soprattutto dopo il nuovo clima instaurato nei rapporti con Berlusconi nel congresso di luglio. Ha sempre respinto ogni addebito, definendo “squadristica” la campagna del Giornale nei suoi confronti e arrivando al gran rifiuto dell’ appartamento dell’ Inpdap, anche per salvaguardare la privacy della moglie e dei due figli. Né pensava che l’ inchiesta della procura veneziana arrivasse addirittura a coinvolgere il vertice di Botteghe Oscure. Due tegole cadute sulla testa del segretario quando meno se l’ aspettava e alla vigilia della ripresa dell’ iniziativa politica in vista degli appuntamenti autunnali. “D’Alema, però, ha alcune responsabilità politiche: dopo avere imboccato decisamente la strada del bipolarismo, ha dato l’ impressione di non sapere bene come attuare il nuovo sistema politico-istituzionale” critica Pasquino. Che incalza: “Ha oscillato sulle regole da adottare, sulla legge elettorale, per esempio. E ha oscillato anche sulla data delle elezioni e persino sullo schieramento con cui presentarsi all’ appuntamento elettorale”. Con o senza la Lega? Con o senza Rifondazione? E i dubbi sulla leadership di Romano Prodi lasciati sedimentare troppo a lungo? Così, il bilancio della campagna politica aperta quest’ estate alla Fiera di Roma, a sentire oggi molti dirigenti pidiessini, appare in rosso.

La strategia lanciata in quel congresso tematico si proponeva di raggiungere due obiettivi. Il primo era il reciproco riconoscimento tra destra e sinistra, da realizzare attraverso un patto con Berlusconi: definiamo alcune regole e poi subito alle elezioni. L’ avvio era stato anche promettente, con l’ apertura di un “tavolo delle regole” tra il Polo e l’Ulivo. Ma la trattativa si è presto arenata. E con il passare dei giorni il clima tra i due schieramenti si è di nuovo incattivito. Quel congresso, poi, si proponeva di gettare le basi per la nascita di una federazione della sinistra, primo passo verso il partito unico. La federazione sarebbe stata lanciata ufficialmente nelle elezioni politiche, che allora D’ Alema prevedeva per l’ inizio dell’ autunno, attraverso liste comuni. Ma strada facendo molte delle forze a cui il Pds si era rivolto hanno declinato l’invito, per il timore di rimanere soffocate nell’ abbraccio con la Quercia. Fotografa Carlo Ripa di Meana, portavoce dei Verdi: “Con il Pds ci sono stati momenti difficili, c’ è stata una convivenza tesa, con momenti molto sgradevoli. Insomma, ci sono problemi politici scottanti, ma anche problemi di rapporti”. La causa principale delle difficoltà con le Botteghe Oscure, secondo Bordon, sarebbe il carattere di D’Alema, il suo temperamento a volte spigoloso, “che sconfina spesso nella presunzione”. Ma la stessa strategia politica del segretario pidiessino sarebbe all’ origine di tensioni laceranti con gli alleati. Spiega ancora Bordon: “Pensare, come fa D’ Alema, che tutto si possa risolvere con un accordo tra una potente federazione di sinistra e un centro, altrettanto potente, costituito esclusivamente da ex democristiani è un grave errore. Sì, perché in Italia esiste una sinistra che non vuole confluire nella Quercia ed esiste anche un centro non democristiano”. Oscillazioni pericolose Un argomento che ora riscuote più ampi consensi, nello stesso Pds. Come la critica al segretario di aver puntato quasi tutto sulle elezioni anticipate e, contemporaneamente, sull’ alleanza con i Popolari, contrari alle elezioni. Una contraddizione, fanno osservare in molti, che ha provocato le “oscillazioni” nella condotta del vertice di Botteghe Oscure. Senza dimenticare poi gli stessi interventi del capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, altro interlocutore di D’Alema, contrario alle elezioni. E alla fine un indebolimento della posizione dello stesso segretario. Ci sarebbe dunque di che discutere nel Pds e nella sinistra.

E chissà che D’ Alema, politicamente in difficoltà ma in questo momento senza avversari interni credibili e forti, non decida lui stesso di giocarla la carta del congresso straordinario. Sarebbe un modo per uscire dalle secche della politica fatta di troppe tattiche e riaprire una prospettiva credibile sui programmi e sulle alleanze.

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