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Cinque stelle: chi li ha visti?

Cinque stelle: chi li ha visti?

Si sono scagliati, con indomito entusiamo, contro i politici che non si fanno mai vedere in Senato e alla Camera. Adesso sono proprio i grillini a disertare le aule, con record imbarazzanti di giornate perdute e giustificazioni ridicole («Sono stressata»,
«Mi occupo di oceani»). E spesso, sono gli stessi parlamentari che poi non brillano nei rimborsi al loro Movimento.


Matteo Salvini? «Un ladro di stipendi». Matteo Renzi? «Un fantasma». Giorgio Napolitano? «Un furbetto». L’eclettica furia moralizzatrice di Beppe Grillo non ha mai risparmiato nessuno. Assenteisti, o presunti tali, sono però un bersaglio prediletto. Da sempre, l’Elevato bombarda la casta: «Uomini e donne senza arte né parte, che hanno vinto un terno al lotto e vivono alle nostre spalle. Il loro nome è miserabili» annotava nel 2007, ancora ignaro delle future prodezze dei suoi. «L’assenteismo in Parlamento è la norma» assaltava tre anni più tardi. «Chi non si presenta alla Camera o al Senato senza ragioni di forza maggiore deve essere fatto dimettere!». Fino all’ultimo ammonimento, notificato nell’estate 2018: «Quelli che non partecipano all’attività parlamentare devono essere puniti!»

Il proclama dovrebbe però far fremere molte delle sue sentinelle. Gli ultimi dati pubblicati rivelano che l’allergia ai banchi di Camera e Senato ha contagiato pure gli indomiti censori grillini, odierni e passati. Prendiamo Palazzo Madama. Alle spalle dei senatori a vita, Giorgio Napolitano e Renzo Piano, che non hanno mai messo piede in aula, c’è proprio una pentastellata: Vittoria Bogo Deledda. Dall’inizio della legislatura a gennaio 2020 ha votato 201 volte su 5.682: fa il 3,54%. Nel resto dei casi, ha marcato visita per motivi di salute.

Già nella scorsa legislatura era però stata in congedo per 243 giorni filati. Diagnosi: stress lavorativo. E tutti a dubitare della «miracolosa guarigione», avvenuta a febbraio 2018, nell’imminenza della ricandidatura. «Facili ironie» replicava la senatrice sarda. «E questo per aver lavorato troppo, non poco!». Rieletta, resta in malattia. E il suo nome è pure in cima alla lista dei morosi che non hanno versato parte dello stipendio al Movimento.

Anche il senatore Mario Giarrusso ha smesso di erogare da tempo. E non sembra uno stakanovista d’aula: ha votato appena nel 67% delle sedute. Uguale percentuale della scorsa legislatura. Da uno che ha sempre fatto polpette della casta ci aspetteremmo maggiore solerzia, ecco. Praticamente, salta una «chiama» su tre. Poco meglio fa Alfonso Ciampolillo: appena allontanato per le mancate restituzioni, segna il 70%. Il senatore si unisce all’ormai foltissima pattuglia dei fuoriusciti: portati in Parlamento dal Movimento e ora, una baruffa dopo l’altra, quasi tutti finiti tra le accoglienti braccia del gruppo Misto. Come il capitano di fregata Gregorio De Falco.

«Salga a bordo, cazzo!» urlava a quello sciagurato del comandante Francesco Schettino, condannato a 16 anni per il naufragio della Costa Concordia. Espulso dai Cinque stelle, De Falco è mancato all’appello di Palazzo Madama 1.870 volte: ovvero, nel 33% dei casi. Fa peggio Elena Fattori, altra transfuga nella tempesta pentastellata: quasi il 42% di assenze, solo in parte mitigate da congedi o missioni. Ma anche nella scorsa legislatura, quando era lontana dall’addio, la senatrice vantava percentuali pressocché identiche. Era però in buonissima compagnia. Per esempio, quella dell’attuale del capo politico del Movimento, Vito Crimi: presente ad appena il 63% delle votazioni e, nel resto dei casi, spesso in missione autorizzata dal Senato. Nunzia Catalfo lo seguiva a ruota, sfiorando una partecipazione del 67%.

Altri tempi. Adesso il «reggente» e la ministra del Lavoro sono al governo. Vederli in aula è arduo. Ma ora le loro assenze sono sempre giustificate dai pressanti impegni per l’esecutivo giallorosso. È il motivo per cui abbiamo escluso dalla cernita ministri, sottosegretari e presidenti di commissione grillini. Perfino quelli deposti dal potere, dopo il rocambolesco cambio di maggioranza estivo. Merita forse un’eccezione il record di Lorenzo Fioramonti. Prima sottosegretario e poi ministro dell’Istruzione, il senatore ha lasciato partito ed esecutivo a fine 2019. Certo le statistiche, visti gli impegni passati, non gli sorridono. Ma il suo 2,45% di partecipazione al voto, che sale al 92% con le missioni, potrebbe denunciare una certa ritrosia al dibattito.

Di certo, si rifarà. Pure lui, intanto, contribuisce a ingrossare le fila degli ex deputati del Movimento traslocati armi e bagagli altrove. Come il patron del Potenza calcio, Salvatore Caiata, che adesso siede tra Fratelli d’Italia. È stato presente solo al 46% dei voti: percentuale che lievita sempre grazie a un folto numero di missioni. La deputata «no vax» Sara Cunial, passata nel Misto, è ferma invece al 68 per cento. La supera di poco Flora Frate: 79 per cento, ma è stata appena espulsa dal Movimento. E tra le motivazioni dei probiviri, spiega, ci sono anche le troppe assenze.

A ben vedere, c’è però chi sembra far peggio. Eppure continua a sventolare con orgoglio la bandiera pentastellata. Conta quasi il 35 per cento di assenze non giustificate Leda Volpi, che ha partecipato al 44% delle votazioni. Percentuale praticamente identica a quella di un’altra onorevole, Maria Marzana, che ha il 66% di presenze grazie alle solite missioni. Come Arianna Spessotto: ferma al 54%, lievita all’82% con le assenze giustificate. Lo stesso vale per Federica Dieni, pure lei deputata del Movimento: ha votato nel 58% delle sedute, ma è stata spesso in missione per conto di Montecitorio.

Tra gli uomini, invece, il giornalista Emilio Carelli, già direttore di Sky Tg24, ha saltato un voto su tre. Ovviamente, molti di loro avranno ottime ragioni per aver mancato centinaia e centinaia di appelli: malori, maternità, impegni istituzionali. Ma i dati di tanti pentastellati restano non proprio esaltanti. Visto anche lo storico e conclamato abuso, in tutto l’arco istituzionale, delle missioni.

Eppure, non era il Movimento a voler aprire i palazzi come scatolette di tonno? E in cima alle brutture politiche non c’era la supposta fannulloneria degli eletti? L’ultima lista di proscrizione l’aveva stilata, a fine luglio 2018, il Blog delle stelle. Citando, tra gli altri, i forzisti Michela Vittoria Brambilla, che adesso ha il 98,57% di assenze, e Antonio Angelucci, che zompa il 93,15% dei voti. «Una situazione vergognosa, pagati fior di quattrini che snobbano il Parlamento» scriveva l’house organ grillino. «Chiediamo a Pd, Forza Italia, Fratelli d’Italia e LeU di espellere dai gruppi deputati e senatori».

La fatwa però aveva uno scopo ben preciso e meno nobile. Buttare la palla in tribuna. O meglio, distogliere l’attenzione da un onorevole diventato, suo malgrado, simbolo dell’idiosincrasia verso l’aula: lo skipper Andrea Mura. Non a caso, eletto proprio nelle file dei Cinque stelle. Ma il velista, dopo il trionfale ingresso nell’emiciclo, riprende a solcare gli oceani. Morale: 96% di assenze. Lui, lungi dalla pubblica ammenda, si giustifica liricamente: «L’attività politica non si svolge solo nelle aule, ma pure su una barca. Io l’ho detto fin dall’inizio, perfino in campagna elettorale: il mio ruolo, più che quello di parlamentare, sarebbe stato quello di testimonial a difesa degli oceani».

Eh, già. Ma del resto la pesca grillina nella cosiddetta società civile è stata spesso a strascico. Frettolosa e casuale. Anche per questo proseguono abbandoni, messe in mora ed espulsioni. E il primo dei rinnegati in questa tormentata legislatura è stato proprio Mura, nonostante l’accorata giustificazione: «Ci sono un sacco di parlamentari che vanno alla Camera e passano il loro tempo a farsi i selfie in aula…». O a tentar di aprire quella maledetta lattina di tonno. Ma solo dopo aver lasciato a casa l’apriscatole.

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