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Milano, un bilancio in zona rossa

Milano, un bilancio in zona rossa

La città ha perso un quarto dei suoi ricavi causa Covid lo scorso anno. E il 2021 si presenta ancora più problematico. Pesano la frenata dell’immobiliare e del turismo. Che «atterra» anche i conti degli aeroporti.


Da «Milano che non si ferma» di Beppe Sala ha dovuto piantare una brusca frenata davanti al Covid: la pandemia ha colpito violentemente la metropoli-locomotiva d’Italia e l’impatto si è fatto sentire sui conti del Comune, l’«azienda» più importante della città. Nel giro di un anno, Palazzo Marino ha visto evaporare quasi un quarto dei suoi ricavi, 740 milioni spariti su 3,2 miliardi di entrate. E ora, dopo aver tamponato in qualche modo il bilancio 2020, guarda con preoccupazione ai prossimi anni, tanto da aver intavolato una trattativa con Roma per cercare di portare a casa un po’ di quattrini e non intaccare i servizi ai cittadini. Anche perché a fine maggio ci saranno le elezioni per il sindaco e non è saggio innervosire un elettorato già provato dalla crisi per la pandemia.

A tenere in piedi il bilancio del Comune, tradizionalmente ben gestito, sono soprattutto l’Imu e la Tasi (741 milioni nel 2019), i biglietti di tram e metro (437), la tassa sui rifiuti (300), le multe (257). Altre voci importanti sono l’addizionale comunale Irpef (195 milioni) e i dividendi della partecipate, come Sea, Atm e A2a (150). Bene. Nel 2020 le entrate di Imu a Tasi sono scese di 36 milioni, i proventi dal trasporto locale sono crollati di 308, la Tari è dimagrita di 14, le multe sono diminuite di 162, i dividendi delle partecipate ridotti di un centinaio di milioni. In più la tassa di soggiorno, che aveva raggiunto la ragguardevole cifra di 59 milioni nel 2019, in mancanza di turisti è precipitata a 10 milioni. Insomma, una catastrofe.

Il sindaco Sala e l’assessore al bilancio Roberto Tasca sono riusciti a contenere i danni e a far quadrare i conti del 2020 grazie a 447 milioni di ristori da parte dello Stato (Milano è la città che ne ha ricevuti di più), a minori spese per il Covid, come le mense scolastiche, a minori accantonamenti e all’utilizzo di 110 milioni di riserve. Ma il futuro non è affatto roseo. Come sottolinea Emmanuel Conte (Pd), presidente della commissione Bilancio del Comune, «il nostro obiettivo è mantenere i conti in equilibrio senza ridurre i servizi ai cittadini. E i prossimi due anni saranno difficili, perché il commercio, il turismo, la cultura, le famiglie hanno bisogno di essere aiutati». Mentre le entrate avranno ancora un buco di qualche centinaio di milioni, anche per il calo dei dividendi delle partecipate.

Prendiamo il caso di Sea, la società degli aeroporti di Linate e Malpensa, ex gallina dalle uova d’oro per il Comune che ne possiede il 54 per cento. I conti previsionali del 2019 del Comune erano stati fatti quadrare attingendo ai dividendi straordinari dell’azienda aeroportuale.

A causa della pandemia, però, la Sea dovrebbe chiudere l’esercizio 2020 con una perdita di 100 milioni. Questo significa, per Palazzo Marino, rinunciare a un’ottantina di milioni quest’anno, stima Il Sole 24 Ore. A provocare il buco nel bilancio della Sea è stata anche la decisione del governo di tenere aperto lo scalo di Linate nonostante il crollo dei voli. Il Comune aveva chiesto al ministero dei Trasporti di spostare tutto il traffico su Malpensa per ridurre i costi, ma Roma ha risposto picche.

Il problema è che per la Sea le prospettive non sono buone. Armando Brunini, amministratore delegato della società, ha dichiarato che «la crisi pesantissima di quest’anno continuerà a essere brutta nel 2021, anche se andrà meglio che nel 2020. Per tornare ai volumi pre-Covid ci vorrà tempo: gli scenari più ottimisti dicono 2023, quelli più pessimisti dicono 2025-26».

Il tema della partecipate è stato richiamato anche da una componente del collegio dei revisori dei conti del Comune, Mariella Spada, che in un parere del 27 novembre scorso ha paventato il pericolo per l’amministrazione della città di dover mettere mano al portafoglio per ricapitalizzare le società più in difficoltà, come appunto Sea: «L’ente (cioè il Comune, ndr) dovrebbe puntare a una migliore razionalizzazione della spesa pubblica, all’adozione di scelte prudenziali nell’utilizzo dell’avanzo libero di amministrazione, in virtù della complessa situazione di emergenza sanitaria e dell’incertezza nella gestione dei prossimi anni. Occorrerebbe quindi dosare al meglio questi ingredienti, valutando adeguatamente i rischi collegati all’assenza dei dividendi delle partecipate, da cui potrebbe sorgere la necessità di un eventuale ricapitalizzazione delle stesse».

Per Fabrizio De Pasquale, capogruppo di Forza Italia, «il Comune dovrà stringere le cintura, farà fatica a sostenere bar, ristoranti e alberghi. Sono a rischio gli acquisti di nuovi mezzi Atm e l’occupazione negli aeroporti di Linate e Malpensa». L’esponente dell’opposizione sostiene che «l’emergenza Covid mostra i limiti di un bilancio costruito troppo sugli automobilisti, utilizzati come bancomat. I mancati introiti per 170 milioni di multe e Area C nessun governo ce li rimborserà mai. La voragine negli incassi Atm era prevedibile perché la giunta si è intestardita durante il lockdown nel far girare i bus vuoti a tutte le ore. Occorrerà fare una vera spending review di tanti progetti inutili».

La giunta Sala punta piuttosto a trattare con il governo di Roma. «Palazzo Chigi ha deciso di erogare ulteriori 500 milioni di ristori per gli enti locali» ricorda Conte del Pd. Di questo mezzo miliardo di euro a Milano dovrebbero arrivare 50 milioni. Troppo pochi, sostiene la squadra di Sala, che si batte per ottenerne di più. Un altro fronte è quello della Sea: il Comune intende avere dallo Stato una forma di indennizzo per i costi sopportati dall’«inutile» apertura di Linate.

Inoltre, Palazzo Marino vorrebbe recuperare i circa 150 milioni che annualmente sarebbe obbligato ad accantonare come parte del servizio del debito. Per quanto riguarda invece gli investimenti, la giunta non è preoccupata, «abbiamo capacità di spesa sufficiente». In effetti Milano riesce a raccogliere finanziamenti dal mercato senza troppi problemi: a fine 2020 il Comune ha ottenuto un prestito di 200 milioni di euro dalla Bei, la Banca Europea per gli investimenti, per affrontare una parte delle spese necessarie allo sviluppo ecosostenibile della città e alla protezione dell’ambiente.

Certo è che sul fronte degli investimenti le cose da fare sono tante, come i lavori per le nuove linee della metropolitana, per il rinnovo del parco mezzi Atm, per l’edilizia scolastica, le manutenzioni stradali. E poi c’è l’incognita sui grandi progetti immobiliari, come quello di Scalo Romana, il primo fra tutti quelli che dovrebbero ridisegnare Milano e che svolgono un ruolo fondamentale per il settore delle costruzioni, per l’attrattività internazionale della città e non ultimo, per le casse del Comune.

Nei prossimi cinque anni sarebbero dovuti dovrebbero piovere 5 miliardi di investimenti solo sulle grandi aree di trasformazione, con almeno 1,2 milioni di metri quadrati di nuovi uffici da realizzare. Ma andrà davvero così?

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