L’industria italiana della Difesa non conosce rallentamenti da pandemia. Anzi, il virus ha accresciuto le tensioni internazionali e la necessità di nuove tecnologie per tutelare la sicurezza nazionale quindi gli investimenti di tanti Paesi sono al rialzo. Prima tra tutti l’America.
Spesso è Wall Street a suggerire l’esatta lettura degli eventi e talvolta ad anticiparli. Nella lunga notte delle elezioni alla Casa Bianca, quando Donald Trump sembrava aver superato Joe Biden, le azioni dei «signori della Difesa», di Raytheon, Lockheed Martin, General Dynamics e Carlyle Group sono tutte crollate. Solo quando Biden è andato in vantaggio, sono risalite. Era successo che la grande industria delle armi scommetteva su di lui, che i signori di Wall Street sentivano quel democratico, più che il repubblicano Trump, come una sicurezza per il comparto militare.
Biden in passato ha criticato la crescita esponenziale del budget per la Difesa perseguita dall’amministrazione Trump, ma di fatto non ha mai detto di volerlo abbassare e al momento non vi sono segnali di una sterzata per gli investimenti in Difesa. Neppure il Covid sembra preoccupare più di tanto l’industria delle armi. La crescente instabilità geopolitica determinata dalla pandemia ha innescato a livello globale un aumento delle spese per la sicurezza. Dal white paper intitolato La centralità della relazione transatlantica per il settore Aerospace & Defense elaborato dall’Aerospace & Defense della Camera di commercio americana in Italia emerge che la spesa militare globale ha toccato nel 2019 i 2 trilioni di dollari, ovvero il 2 per cento del Pil mondiale ed è in crescita del 7,2 per cento rispetto al 2010. I due terzi degli investimenti militari sono concentrati in cinque Paesi: Stati Uniti, Cina, India, Russia e Arabia Saudita. Gli Usa sono in cima alla classifica con una spesa di 732 miliardi di dollari e prima del Covid, il piano 2018-2024 del Dipartimento della Difesa prevedeva un aumento costante del budget da 727,9 miliardi di dollari nel 2020 a 756,7 miliardi nel 2024.
L’obiettivo di contrastare l’avanzata di Russia e Cina impone un ammodernamento di tutti i comparti e tecnologie sempre più sofisticate, anche se la crisi della pandemia indurrebbe a ridurre le spese. A conferma della vitalità del settore, c’è la mega acquisizione effettuata a fine 2020 da parte della Lockheed Martin, la più grande azienda di difesa statunitense, di Aerojet Rocketdyne, un produttore di motori a razzo e missili, per 4,4 miliardi di dollari.
Lo scenario è stato ben delineato dall’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, nel suo intervento al panel Aiming Ahead: New Security Trends and the Future of the Defence Industry: «I Paesi nel mondo hanno reagito in modo diverso alla pandemia anche per quanto riguarda gli investimenti in Difesa, ma finora non ci sono stati tagli sostanziali. La diffusione del virus ha messo i budget nazionali sotto pressione, ma è altrettanto vero che le tensioni internazionali sono ulteriormente alimentate proprio dal Covid».
Una visione che trova concorde lo scenarista e direttore della rivista Analisi Difesa Gianandrea Gaiani: «L’emergenza sanitaria ha fatto saltare i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles. La spesa pubblica potrà aumentare e il settore della Difesa è un volano importante per l’occupazione. È un vantaggio per l’Italia che gode di un prestigio internazionale indiscusso».
Il 2020 si è chiuso per il nostro Paese con la presentazione di due grandi operazioni del Pentagono che coinvolgono i campioni del settore, Iveco Defence e Fincantieri. La prima riguarda l’incremento della costruzione di mezzi anfibi Iveco e la produzione del nuovo blindato, un veicolo corazzato con otto ruote motrici, in grado di muoversi in mare e di effettuare sbarchi d’assalto sulle spiagge. Dopo la prima tranche di 30, è stata decisa la produzione in serie con altri 204 con l’opzione di altri 300.
Il veicolo è prodotto dalla Bae Systems, colosso britannico della Difesa e grande cliente del Pentagono, mentre Iveco Defence Vehicles di Bolzano ha fornito il design e i componenti fondamentali della sua piattaforma anfibia protetta. Il valore dell’operazione è di 1,2 miliardi di dollari.
L’altra commessa è per Fincantieri. Trump prima di lasciare la Casa Bianca ha varato un piano di rafforzamento della flotta della marina militare che prevede la realizzazione di 500 navi entro il 2035. Fincantieri costruirà 20 fregate nell’impianto americano Marinette Marine dal costo ognuna di 800 milioni di dollari, aggiudicandosi un ruolo di primo piano tra i fornitori del Pentagono. Sono unità da combattimento per la lotta antisommergibile che l’Us Navy ritiene importanti per contrastare la crescente pressione aeronavale cinese nel Pacifico.
Dall’Us Navy è arrivata per fine 2020 un’altra commessa a Leonardo di 36 elicotteri per un valore di 171 milioni di dollari. Si tratta della seconda tranche dopo quella per 31 elicotteri del valore di oltre 176 milioni di dollari ordinata a inizio 2020 e parte di un programma che dovrebbe vedere la consegna di 130 unità entro il 2024 per circa 648 milioni di dollari. Il ministero della Difesa italiano ha recentemente confermato l’avvio di un dialogo ancora più stretto con gli Stati Uniti per lo sviluppo di nuove tecnologie proprio in campo elicotteristico. Inoltre in ambito Nato, l’Italia ha firmato una lettera d’intenti con Francia, Germania, Gran Bretagna e Grecia per lo sviluppo di un elicottero di prossima generazione.
Questi ultimi progetti danno la dimensione del rapporto stretto del nostro Paese con gli Stati Uniti, suggellato recentemente dalle parole dell’oggi ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha insistito sulla centralità delle relazioni «con l’amico e alleato americano» pur in un’ottica di collaborazione europea. Un partenariato che «consente all’industria italiana di continuare a offrire nuovi prodotti». Lo scenario di incertezza internazionale e l’aumento degli investimenti in Difesa in tutta Europa non possono che favorire, secondo Gaiani, l’industria italiana. E fa notare che la spesa per le tre Forze armate (Funzione Difesa) è cresciuta nel 2020 fino a 15,32 miliardi di euro contro i 13,98 del 2019 con un incremento di 1,3 miliardi (+9,6 per cento) e nel 2021 dovrebbe salire a circa 17 miliardi. «Gran Bretagna, Francia e Germania non si sono fermati con il Covid» sottolinea Gaiani. Il premier Boris Johnson, infatti, ha annunciato uno stanziamento di 16,5 miliardi di sterline (18,5 miliardi di euro) nei prossimi 4 anni, sottolineando che «l’era dei tagli al budget della Difesa è finita».
L’industria italiana di settore ha una potenza di fuoco importante. Come riporta il Centro Studi Internazionali, vale 13,5 miliardi di euro (0,65 per cento del Pil), pari a circa il 15 per cento del valore dell’intero comparto in Europa, esporta il 70 per cento della produzione e occupa 160 mila persone, indotto compreso. È l’unico settore, insieme alla componentistica elettronica, che investe il 10 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. Molte delle più grandi innovazioni tecnologiche degli ultimi 50 anni sono nate proprio in ambito militare. Attualmente, in Italia si contano oltre 4 mila aziende, tutte di alto livello e concorrenziali.
In forte crescita anche il mercato delle armi per la sicurezza personale.Il fenomeno è più marcato negli Stati Uniti che in questo settore rappresentano il committente principale per l’industria tricolore. «Non riusciamo a far fronte alla domanda. Abbiamo avuto un’impennata di vendite dell’80 per cento» spiega Carlo Ferlito, direttore generale del gruppo Beretta. Tre i fattori trainanti: l’incertezza creata dall’epidemia – «gli americani come reazione hanno riempito le case di cibo e di pistole» – le tensioni razziali legate al movimento Black Lives Matter, e l’arrivo di un presidente democratico alla Casa Bianca. E quando un’industria marcia, l’occupazione ne beneficia. Un esempio? Beretta aumenterà la forza lavoro del 10 per cento.
