Dai bilanci alle criticità operative tutti i pro e i contro dell’azienda statale responsabile della rete stradale italiana: il modello del pubblico gestore cui riferirsi pensando al futuro di Autostrade
In Italia i quasi 30 mila chilometri della rete stradale e autostradale sono gestiti da Anas, società per azioni di proprietà dello Stato e l’unico socio è il Ministero dell’Economia e Finanze. L’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade è stata istituita ufficialmente nel 1946 sostituendo la precedente Aass che era stata fondata nel 1928 per costruire e gestire la rete stradale italiana, compito che ancora oggi spetta ad Anas. La società pubblica infatti si occupa della manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, di adeguare e migliorare le strade verificando segnaletica e corrette informazioni sul traffico; di adottare tutte le norme che garantiscano la sicurezza; di sviluppare nuove tecnologie e studi di adeguamento alla viabilità.
Fino a ora Anas ha sempre dato in gestione buona parte della rete stradale a concessionarie private la cui più nota era Aspi – Autostrade per l’Italia. In questo modo in caso di malfunzionamento, crolli (ad esempio, nel caso del ponte Genova) e problemi di varia origine e natura la diretta responsabile era la concessionaria e non direttamente Anas. Ora che le cose cambieranno con l’uscita di scena dei Benetton e l’arrivo di CdP nelle quotazioni di Atlantia lo Stato tornerà a essere protagonista della gestione diretta della rete, ma bisognerà vedere come sarà in grado di assorbire e gestire una ragnatela stradale vecchia e bisognosa di manutenzione che già oggi, pur con la presenza di 24 concessionarie, fa fatica a gestire.
Nel 2019, ad esempio, era stato condotto uno studio sullo stato dei ponti a rischio crollo in Italia. Dei 14.500 ponti a diretta gestione Anas solo un terzo era stato verificato e controllato come da normative vigenti e spesso le ispezioni arrivavano in ritardo e fuori i tempi massimi previsti dalla legge come confermato dai dossier di verifica periodica che arrivano sul tavolo del mMinistero dei trasporti.
Sempre Anas, poi, è stata la responsabile dell’opera infinita della Salerno Reggio Calabria per realizzare la quale ci sono voluti 40 anni, miliardi di soldi pubblici e infiniti stop and go. Negli anni ’90 Anas è stata coinvolta nella girandola di Tangentopoli ed è stato necessario che arrivasse la rifondazione degli anni 2000 perché le cose cambiassero con il trasferimento delle competenze alle Regioni e la creazione dei coordinamenti territoriali figli del federalismo fiscale.
L’Anas, infatti, ha oggi una struttura organizzativa che si articola sul territorio in otto coordinamenti territoriali, in cui si trovano oltre venti aree compartimentali, tutte coordinate dalla direzione generale che ha sede a Roma. Nella regione autonoma Trentino-Alto Adige il compartimento Anas è stato soppresso e la gestione delle strade statali affidata alle province autonome di Trento e Bolzano. Questa scatola cinese di gestioni e competenze se, da una parte, evita la concentrazione dei poteri in un’unica direzione centrale, dall’altro spesso determina rimbalzi di responsabilità tra chi deve gestire cosa visto che le aree compartimentali hanno il compito di assicurare, per l’area geografica di competenza, la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete stradale in concessione e la tutela del patrimonio, garantendo la sicurezza della circolazione stradale, la continua sorveglianza della rete e il tempestivo intervento nei casi di emergenza. Il dipartimento centrale, però, ha il compito di coordinare il tutto e una mancanza di tessuto connettivo infra territoriale determina le falle nel sistema come dimostrato dalla recente cronaca circa, ad esempio, lo stato della rete viaria ligure.
Nel gennaio 2018 è avvenuto l’ingresso di Anas nel gruppo Ferrovie dello Stato come scelta strategica per migliorare l’operatività gestionale delle infrastrutture. Questo ha determinato un bilancio annuale che, nel 2018, ha registrato un utile netto pari 2,04 milioni di euro e il margine operativo (EBITA) pari a 157,76 milioni di euro. I ricavi hanno raggiunto quota 2,046 miliardi di euro e la produzione si è attestata a 1,166 miliardi di euro.
