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L’amministrazione più politicamente corretta della storia Usa

L’amministrazione più politicamente corretta della storia Usa

La squadra dem di Joe Biden rispetta le ecumeniche prescrizioni: ci sono il nero, l’ispanico, il gay… Però alcune nomine fanno già discutere: il nuovo Segretario di Stato Antony Blinken e quello alla Difesa Lloyd Austin sono legati a un fondo di investimento proprio nel settore della sicurezza.


C’è il ministro nero, quello ispano-americano, poi la nativa americana (cioè l’indiana), e ovviamente il gay… Il suo avversario Donald Trump l’aveva ribattezzato con disprezzo «Sleepy», cioè «addormentato», ma almeno nella formazione del suo governo Joe Biden dimostra, al contrario, di essere un furbetto coi fiocchi, che occhieggia al facile consenso delle conventicole elettorali che l’hanno portato alla Casa Bianca.

La squadra democratica che dal 20 gennaio prenderà possesso dell’amministrazione statunitense è quanto di più prevedibile potesse esserci. Anche se, a scavare un po’ in profondità, nel nuovo governo degli Stati Uniti si scoprono collegamenti anomali e legami societari che odorano di conflitto d’interessi.

Biden ha voluto come segretario alla Difesa il generale nero Lloyd Austin, 67 anni e da quattro in pensione, dal 2012 al 2013 vicecapo di Stato maggiore dell’esercito. Dal 2013 al 2016 Austin ha guidato anche il Central command, l’equipe strategico-militare statunitense che ha gestito le operazioni in Iraq e nel resto del Medio Oriente.

È il primo afroamericano alla Difesa, una scelta dichiaratamente simbolica in un 2020 segnato dalle proteste antirazziste di Black lives matter. Non tutti i media liberal, però, hanno apprezzato la nomina di Austin: un po’ perché l’ex generale è nel consiglio d’amministrazione della Raytheon, colosso degli armamenti, e soprattutto perché alla guida del Pentagono avrebbero preferito un civile.

Austin, insomma, è un candidato debole, che potrà incontrare ostacoli, anche politici: negli Stati Uniti la legge vuole che un militare, per diventare segretario alla Difesa, sia in congedo da almeno sette anni. Così Austin potrebbe essere bloccato dal Senato, soprattutto se i repubblicani, come pare, conserveranno la maggioranza assoluta nella Camera alta.

Il generale nero, però, ha ben altre controindicazioni. Il Washington Post ha giustamente criticato la sua scelta perché ha sempre lavorato soltanto nel quadrante mediorientale, e non ha alcuna esperienza sul fondamentale teatro del Pacifico. Soprattutto, Austin non ha mai avuto a che fare con la Cina, le cui preoccupanti ambizioni di supremazia globale negli ultimi mesi hanno assunto il carattere di deliberata minaccia militare. È per questo se il Pentagono, per tradizione silenzioso sulle nomine di governo, ha manifestato delusione per Austin.

La struttura puntava infatti su un’altra candidata: Michèle Flournoy, dal 1993 al Pentagono e già viceministro alla Difesa con Obama. Tra i massimi esperti in materia di Cina, Flournoy è l’autrice degli allarmanti rapporti che nel 2019 hanno spinto l’amministrazione Trump a investire 20 miliardi di dollari nella difesa spaziale come nuovo contraltare tattico di Pechino, ormai superiore in campo navale. Come segretario di Stato, un ruolo che vale più di un normale ministro degli Esteri, Biden ha scelto Antony Blinken, 58 anni, già suo consigliere personale in politica estera alle elezioni presidenziali.

Dal 2009 al 2013 Blinken era stato consigliere di Biden per la sicurezza nazionale. Con Obama è stato viceconsigliere per la sicurezza nazionale dal 2013 al 2015 e poi vicesegretario di Stato fino al 2017. Di origini ucraine, Blinken è legatissimo sia a Biden sia a Obama: è accanto a loro nella storica foto scattata nella «situation room» della Casa Bianca il 2 maggio 2011, mentre i Navy Seal procedevano all’eliminazione di Osama bin Laden.

Blinken, però, ha soprattutto un curiosissimo (e misterioso) punto in comune sia con Austin sia con la candidata scartata, Flournoy: tutti e tre sono partner della Pine Island Capital, una società di private equity che da alcuni mesi sta raccogliendo centinaia di milioni di dollari, da investire acquisendo piccole e medie società attive nella difesa, nell’industria aerospaziale e nella sanità anti-Covid.

Blinken e Flournoy, curiosamente, sono anche i co-fondatori di WestExec Advisors, una potentissima società di consulenza strategica basata a Washington che ha tra i suoi partner ex generali, ammiragli, ambasciatori e alti gradi dei servizi segreti. Se la stampa americana fosse ancora quella dei bei tempi di Richard Nixon, invece di impegnarsi nel brutto gioco della censura preventiva agli audio in cui Trump accusa i suoi avversari di brogli elettorali, potrebbe indignarsi per questi misteriosi legami sotterranei.

Come segretario al Tesoro, Biden ha indicato Janet Yellen, 74 anni, fino al 2018 capo della Federal reserve, la Banca centrale statunitense. È la prima donna a ricoprire la carica. Nel 2018-19 la Yellen ha più volte criticato Trump, sostenendo non avesse «la minima cultura economica» e censurandone «le inconcludenti politiche commerciali»: due anni fa quelle prese di posizione erano parse il segnale di una sua candidatura in campo democratico. Di cultura keynesiana, Yellen applicherà militarmente il programma economico di Biden, basato su sussidi alle imprese e ai lavoratori. Il suo Tesoro ribalterà le politiche di defiscalizzazione dell’amministrazione repubblicana e accrescerà il peso delle imposte su contribuenti più ricchi e società.

Così, per recuperare 500 miliardi di dollari di tasse, riporterà dal 21 al 28% l’aliquota più alta dell’Irpeg, e dal 37 al 39,6% l’Irpef massima, quella per i redditi sopra i 400 mila dollari. Come segretario alla Sanità, pedina cruciale visto che il Covid negli Stati Uniti non accenna a calare e grandi città come New York sono tornate in lockdown, Biden ha voluto Xavier Becerra, 62 anni, figlio d’immigrati messicani e (ovviamente) il primo ispanico a entrare in un governo.

Dal 2017 procuratore generale della California, Becerra non ha alcuna esperienza nella sanità e infatti c’era chi prevedeva per lui il ministero della Giustizia. Negli ultimi anni, però, ha guidato l’offensiva legale di 20 Stati contro i tentativi di Trump per smantellare l’Obamacare, la riforma sanitaria democratica. Gli toccherà comunque il ruolo più complesso: negli Stati Uniti, oggi, i contagiati sono più di 18 milioni e i morti sono oltre 320.000, 3.000 in più al giorno.

Primo obiettivo della sua squadra sarà decuplicare test e tamponi, e diffondere l’uso della mascherina. Biden ha annunciato che nei primi 100 giorni del mandato saranno vaccinati 100 milioni di abitanti. Vuole anche espandere l’Obamacare e ridurre il prezzo dei medicinali. La stessa strategia onnicomprensiva il nuovo presidente ha impiegato nell’affidare il ministero dei Trasporti a Pete Buttigieg, 38 anni. Già sindaco di una cittò dell’Indiana e candidato alle primarie democratiche, nella storia degli Stati Uniti Buttigieg è il primo ministro dichiaratamente gay e legalmente sposato con un altro uomo.

La sua nomina, come quella di Austin per i neri e quella di Becerra per gli ispanoamericani, ha l’ambiguo sapore della «cambiale» pagata alle categorie elettorali di appartenenza (in questo caso la comunità Lgbt) che hanno appoggiato i democratici. Lo stesso gusto ha la nomina di Deb Haaland, 60 anni, a segretario per le Risorse naturali: è la prima nativa americana a entrare in un governo federale. Membro della tribù dei Laguna, una piccola comunità indiana del New Mexico, Haaland guiderà 70.000 dipendenti che si occupano delle risorse naturali del Paese, compresi parchi naturali e siti di trivellazione, nonché le terre dove vivono le 578 tribù ufficialmente riconosciute dal governo federale. Un altro conflitto d’interessi, insomma. Ma nel solco del miglior politically correct.

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