Non le manda dire a Virginia Raggi e nemmeno ai Cinque stelle. Sui social ce l’ha con tutti: Suarez, Sgarbi, Gasparri, Scanzi. A Panorama racconta che vorrebbe un mondo più green e sul padre dice: «Mi rivedo in lui. E lo sento vicino». Sempre».
Gassmann lei imperversa.
In che senso?
Vediamo solo lei: cinema, tivù, pubblicità, canali social.
Sono iperattivo. Ho tante cose in ballo. Sono contento anche se un po’ stanco psicologicamente, come tutti in questo periodo.
Le «cose in ballo» di Alessandro Gassmann, attore e regista, in effetti sono parecchie. Ha appena finito di girare la nuova stagione di I bastardi di Pizzofalcone, è in onda su Raiuno con la nuova fiction Io ti cercherò ed è ancora al cinema con il film Non odiare. Inoltre sta per iniziare le riprese del suo terzo film da regista, Il silenzio grande, mentre il 29 ottobre arriva nelle sale Ritorno al crimine, divertente sequel di Non ci resta che il crimine, ancora per la regia di Massimiliano Bruno. Uno di quei film bastonati dalla storia recente: uscita prevista 12 marzo, poi slittata e slittata.
Cosa si aspetta dal botteghino?
Sono tempi difficili. Aspettative non ne ho: usciamo in tantissime copie e confido nel fatto che è un film che fa ridere. Ne abbiamo bisogno.
Ha un suo preciso timbro d’ironia, lo ha anche esibito in alcuni suoi «tweet». In questi mesi di lockdown si è scatenato: 275 mila follower.
Non avevo molto altro da fare…
È stato al centro di varie polemiche. Come nel caso dell’esame farsa al giocatore della Juventus Luis Suárez. Dico solo cosa penso. È più giusto che la nazionalità sia data a chi paga le tasse e parla la nostra lingua e migliora la nostra società piuttosto che a qualcuno che ha lontanissime radici italiane. Ma ha anche attaccato l’abbattimento degli orsi in Trentino, i creatori di eventi (hashtag «trovatevi un lavoro»), poi ha perculato Gasparri…
Poro (povero in romanesco, ndr) Gasparri…
Litigato con Scanzi…
Poro Scanzi.
… e con Sgarbi, che ha definito «cosetto nervosetto».
Non so perché lui diventi così aggressivo in televisione. Ma nella vita se lo incontri è una persona gentile. Vittorio Sgarbi ha una gran bella testa e lo rispetto per questo.
Lei il piede non lo tira indietro mai.
No. Ho anche litigato più volte con Giorgia Meloni, di cui non condivido le idee politiche ma la seguo perché sono interessato a cosa dice: è una persona coerente sempre con quello che fa. Quindi è degna di rispetto. Salvini non è coerente e non lo seguo.
Alla trasmissione Propaganda live le hanno dato il benvenuto chiedendole come si sente in un «covo di comunisti», e lei ha risposto «Bene! Benissimo!».
Erano battute ironiche. Mai stato comunista. Ottimi princìpi che diventano dittature fallimentari.
Sa che le danno del radical chic?
Ma chic de che? Mi vesto in brache di tela. Radical invece sì. Sono un estremista coerente. Chiamatemi piuttosto coherent extremist (ride).
In effetti per l’ambiente è molto battagliero.
La questione climatica è la più importante sfida dell’umanità. La pandemia è niente in confronto. Non so cosa resterà di questo mondo tra 80 anni, ma vorrei che la nostra generazione fosse ricordata come quella che ha cercato di cambiare le cose.
Politicamente?
Potrei stare vicino a un movimento verde di nuova generazione. In Austria ha preso il 15 per cento.
Da romano come vede le vicine elezioni per il comune?
Non voto. Vorrei per Roma una ripartenza ecosostenibile guidata da una persona intelligente e forte, ma non immagino al momento candidati di questo tipo.
Si candidi lei.
No, c’ho da fa’. E poi la politica devi prima imparare a farla, e poi farla.
Non basta essere onesti.
Riferimento ai Cinque stelle?
Mmm sss nnn ss.
È noto che non votò Virginia Raggi. Morale della gestione?
Roma è rimasta invariata nei suoi disastri. Lei dice che il lavoro che stanno facendo si vedrà a distanza di anni. Vedremo tra anni…
Rassegnato?
Scorato proprio.
Almeno i successi di suo figlio Leo, cantautore, la tirano su di morale: dopo aver conquistato Sanremo giovani continua a vincere premi. Ma lei non l’ha voluto supportare pubblicamente. Perché?
Non volevo intralciarlo. Lui, come del resto io, siamo nati stando un po’ antipatici.
In che senso?
Cerchi di fare strada da «figlio di». Io sono figlio di Vittorio, uno dei più grandi attori della storia del cinema italiano. Ho voluto fare l’attore affrontando le difficoltà che questo avrebbe comportato. Ho avuto fortune alterne ma alla fine mi sono difeso. Lui invece fa un mestiere diverso. E certo i suoi coetanei non gli imputano di essere nipote di Vittorio Gassman perché semplicemente non hanno idea di chi fosse. Incredibilmente lo conoscono più come figlio mio.
Si sta perdendo memoria dei grandi del passato?
Decisamente. Sarebbe bello che la scuola se ne occupasse. Attori e registi che hanno raccontato la storia di questo paese meglio di tanti libri. Guardando La grande guerra di Monicelli magari i ragazzi non si romperebbero le palle. Altri tempi.
Il cinema era un’industria diversa.
Con un solo film mio padre poteva comprarsi ville che io mai potrei sognarmi. Un film staccava 18 milioni di biglietti. La popolarità degli attori negli anni Cinquanta e Sessanta era paragonabile a quella dei calciatori oggi. Anzi, degli influencer.
La Ferragni è il nuovo Gassman?
Pensa che vita meravigliosa! Pensa che sensazione strana. Non saper fare un cazzo e guadagnare così tanto. Deve dare soddisfazione. Però devi essere intelligente. Lei non mi piace ma ne riconosco l’intelligenza.
Parlando di suo padre… che ci dice del «tassello Gassman»?
Cos’è il tassello Gassman?
Paolo Villaggio lo raccontò a Panorama nel 2013: disse che suo padre asportava un minuscolo pezzetto di carne dal fondoschiena delle sue conquiste.
Ma non è vero!
Però fa ridere.
Certo. Erano molto amici, mio padre lo riteneva l’uomo più intelligente del mondo. Ed era un gran viveur. Nel libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle, suo padre raccontava anche di bere: «E alle cinque attacco il whisky» scriveva. Io ricordo più vino rosso. Beveva solo quando non lavorava. Ma beveva tanto, sì. Ricordo una volta, in Sardegna: era completamente ubriaco. Prese Diletta (Diletta D’Andrea, la sua ultima moglie, ndr) sulle spalle cantando e la lanciò sul prato di casa, di testa. Si fece molto male ma lui, ridendo disse: «Ah ah ah, sempre molto agile mia moglie!».
Si finisce sempre a parlare di suo padre, con lei.
Per me lui è molto presente. Dopo che è morto mi sono reso conto che in me rivedevo le cose che faceva lui. Gesti, insegnamenti. È dopo la scomparsa che ti risale un padre. All’inizio c’è la sofferenza, ma poi non ti senti più solo.
