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Un reddito che indigna

Un reddito che indigna

L’editoriale del direttore

Provo vergogna per tutte quelle persone in età da lavoro che il lavoro non lo cercano perché preferiscono incassare 780 euro senza fare niente.


Nelle pagine interne di questo numero di Panorama trovate un eccellente articolo di Fabio Amendolara. Il collega racconta la storia dei pusher con il reddito di cittadinanza. Con pazienza, il nostro cronista ha messo insieme le inchieste che in tutta Italia vedono coinvolti spacciatori e consumatori di droga, tutti assistiti dalla misura cara ai Cinque stelle. Sì, lo strumento che doveva abolire la povertà sta facendo ricchi i trafficanti di stupefacenti. C’è chi investe i 780 euro ricevuti dall’Inps per comprarsi le dosi e chi invece, con il sussidio, avvia un’attività redditizia di smercio di cocaina ed eroina. Tra questi, pregiudicati e finti poveri: ad Aosta, per esempio, hanno arrestato un’intera banda di narcotrafficanti e dei dieci componenti nove percepivano il reddito di cittadinanza.

Certo, non è la prima volta che tra i 2 milioni e mezzo di percettori del bonus per chi non ha lavoro, si scoprono persone che non ne hanno diritto. Da quando è entrato in vigore, abbiamo appreso che fra i beneficiari figuravano ex terroristi (in un caso addirittura uno ancora agli arresti domiciliari) e malavitosi. Per non parlare poi di un paio d’inchieste che hanno svelato che perfino decine di boss mafiosi in carcere erano foraggiati con il sussidio.

Come questi abusi siano possibili è presto detto: nonostante la legge escluda dal beneficio del reddito di cittadinanza coloro che hanno subìto condanne o hanno ancora pendenze con la legge, nessuno verifica. Basta infatti omettere di essere un pluripregiudicato o di possedere qualche auto di lusso comprata facendo il pusher e il gioco è fatto. Durante il giorno si viaggia in Porsche, ma la spesa al supermercato la si fa con la tessera dell’Inps. Certo, appare incredibile che dopo aver consentito allo Stato e ai diversi uffici pubblici, compreso quello del Fisco, ogni genere di accesso ai nostri dati personali, permettendo perfino all’Agenzia delle entrate di conoscere ogni dettaglio del nostro conto corrente, ma anche quanti farmaci compriamo, nessuna autorità sia in grado di incrociare le richieste di sussidio con le condanne. Vi pare possibile che una famiglia come quella dei fratelli Bianchi, i picchiatori che hanno ucciso un ragazzo di 21 anni colpevole solo di difendere un amico, potesse vivere in una villa, permettersi auto e vacanze di lusso e allo stesso tempo incassare il reddito di cittadinanza? Vi pare accettabile che chi riceve la richiesta neppure si dia pena di incrociare i dati? Non dico di chiedere ogni volta ai carabinieri di aprire un’indagine, ma basterebbe sedersi davanti a un computer, accedere a una banca dati e le notizie arriverebbero senza troppa fatica. Sì, capisco che lo Stato è così fesso da non collegare il computer dell’Inps con quello del casellario giudiziario, ma anche solo con le agenzie del catasto e delle entrate. Del resto, all’istituto di previdenza sono troppo occupati ad alzare lo stipendio al presidente per occuparsi di queste faccende, o anche solo pagare la cassa integrazione ai lavoratori che non ricevono lo stipendio.

Ma se l’ente previdenziale, dove molti dipendenti sono a casa in smart working causa pandemia, fatica a scovare i furbi del reddito di cittadinanza, al governo sono troppo occupati a litigare per dedicarsi alla faccenda. Tra uno sgambetto e l’altro, Conte, Di Maio, Renzi e Zingaretti, un quartetto tetro che ha il solo obiettivo di concludere la legislatura, non hanno tempo da dedicare a quello che ormai appare uno scandalo quotidiano. In compenso, la maggioranza giallorossa è impegnata a cancellare al più presto Quota 100, ovvero la misura del Conte uno che consentiva alle persone di 62 anni e con 38 anni di contributi di andare in pensione. Secondo il presidente del Consiglio, non si può consentire di ritirarsi in quiescenza a un tizio che abbia lavorato 41 anni e non abbia ancora 67 anni, perché costerebbe troppo alle casse dell’Inps. In compenso, si può permettere a chi non abbia mai lavorato, ma abbia finora campato di espedienti senza pagare tasse e contributi, facendosi pure pagare le dosi che spaccia, di incassare il reddito di cittadinanza.

Io non provo vergogna per un sessantenne che si ritira dal lavoro in anticipo rispetto alle regole della legge Fornero e accetta una riduzione del proprio assegno previdenziale. Provo vergogna per tutte quelle persone in età da lavoro che il lavoro non lo cercano perché preferiscono incassare 780 euro senza fare niente. O peggio, provo rabbia per chi prende il sussidio e poi lavora in nero. Una doppia beffa e un insulto vero alle persone oneste a cui, dopo 40 anni di contributi, è negato il diritto di dire basta. Non so quando sarà possibile, ma mi auguro che prima o poi gli italiani si decidano loro, tutti insieme, a dire basta a un andazzo che indigna.

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