Qualcuno dovrebbe spiegare perché le incursioni nella nostra vita politica di George Soros, uno degli uomini più ricchi d’America, siano accettate senza battere ciglio, accreditando l’idea che non ci sia nulla di male se un magnate straniero dà soldi a politici e associazioni italiane.
Che cosa pensereste se un oligarca russo finanziasse un partito italiano? E che cosa direste se a farlo fosse un imprenditore del Qatar, magari con il dichiarato intento di influenzare la politica del nostro Paese? E quale sarebbe il vostro parere se a sostenere un onorevole di casa nostra fossero miliardari del calibro di Mark Zuckerberg o Jeff Bezos, allo scopo di favorire le tesi della democrazia digitale o consentire l’espansione del commercio online? Immagino che la vostra reazione sarebbe allarmata e si aprirebbe un dibattito sulla legittimità di un tale appoggio. Beh, allora qualcuno dovrebbe spiegarmi perché le incursioni nella nostra vita politica di George Soros, uno degli uomini più ricchi d’America, siano accettate senza battere ciglio, accreditando l’idea che non ci sia nulla di male se un magnate straniero dà soldi a politici e associazioni italiane.
Giorni fa si è scoperto che Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa, parlamentare radicale che ha attraversato mezzo arco costituzionale, passando da Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini, da Mario Monti a Emma Bonino, ha ricevuto 312 mila euro dalla fondazione di Soros. Niente di illegale, intendiamoci, anche perché il finanziamento è stato regolarmente dichiarato. Non si tratta cioè dei soldi che il Qatar o il Marocco hanno dato ad Antonio Panzeri, ex europarlamentare del Pd, per ingraziarsi i vertici di Bruxelles. Quelle erano valigie di denaro, scambiate in stanze d’albergo. No, nel caso di Della Vedova è avvenuto tutto alla luce del sole, rispettando le norme. «Non c’è nulla di strano» ha spiegato il segretario di +Europa una volta che la sua dichiarazione dei redditi è divenuta pubblica. «La legge prevede i contributi ai candidati e dunque perché no? La somma è cospicua perché ero candidato in cinque circoscrizioni».
Tutto legittimo, ok: ma è normale che un miliardario investa milioni con il dichiarato intento di condizionare la vita politica di un Paese? Perché è questo lo scopo di Soros e a confermarlo è stato proprio lo stesso Della Vedova il quale ha chiarito in un’intervista che il finanziere, americano di origini ungheresi, «non ci ha mai chiesto nulla. Il suo è un contributo ideale. Sono note le sue battaglie, che sono le nostre. Ha deciso di spendere la parte finale della sua vita (ha 92 anni, ndr) dando contributi a forze che combattono per le sue idee, dall’immigrazione all’antiproibizionismo, alla democrazia». Già, la democrazia. Ma che c’è di democratico nel finanziare onorevoli, partiti, Ong, giornalisti allo scopo di influenzare e condizionare la vita politica di un Paese? Come racconta Antonio Rossitto, il quale ha indagato sul fiume di denaro «regalato» da Soros a molte associazioni italiane, senza quei quattrini forse non avremmo molte navi che solcano il Mediterraneo con il dichiarato obbiettivo di traghettare i migranti dall’Africa all’Italia. E allo stesso tempo, forse non discuteremmo dei diritti del movimento Lgbt+, dibattito anch’esso alimentato dai fondi donati da uno degli uomini più ricchi del pianeta. Quante discussioni, e di conseguenza problemi, sono inquinati dal sostegno alla causa da parte del generoso finanziere?
Della Vedova sostiene che Soros «ha deciso di spendere la parte finale della sua vita dando contributi a forze che combattono per le sue idee». A dire il vero, sono almeno trent’anni che Soros mischia affari e politica, finanziando le cause «democratiche» in America e nel mondo. Si stima che in tutti questi anni abbia speso circa 32 miliardi di dollari e parte di questo denaro ha riguardato l’Italia. Già, l’uomo che guida la Open Society Foundations, ha sempre manifestato una particolare attenzione verso il nostro Paese. Trent’anni fa impegnò miliardi speculando contro la lira e provocò quello che passò alla storia come «il mercoledì nero». A Palazzo Chigi governava Giuliano Amato e l’effetto di quella clamorosa scommessa contro la stabilità monetaria dell’Italia fece guadagnare a Soros più di un miliardo di dollari, ma ci costò una manovra lacrime e sangue. Per fermare la speculazione, già a luglio Amato aveva messo le mani nelle nostre tasche, prelevando il sei per mille dai conti correnti, ma a metà settembre, per fermare l’attacco alla lira, fu costretto a sospenderla dal Sistema monetario europeo e a svalutarla del sette per cento. Certo, il debito pubblico che portò quelle scelte non era colpa di Soros, ma colui che oggi cerca ancora una volta di condizionare il nostro Paese, se non di comprarlo, non è il generoso e disinteressato uomo d’affari descritto da Della Vedova, bensì un cinico speculatore, con interessi in decine di società quotate. E dunque, ritorno alla domanda iniziale: è accettabile che una parte politica si faccia finanziare da un tipo simile?
