Il denaro del Pnrr non è a fondo perduto, ma dev’essere restituito con gli interessi. Invece sta per essere buttato dalla finestra in progetti fantasiosi, destinati al fallimento.
Il dubbio mi era già venuto mesi fa, durante una puntata di un talk show televisivo dedicato al Pnrr. All’interno del programma era andato in onda un servizio dedicato a uno dei progetti finanziato con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un inviato della trasmissione raccontava di uno stanziamento a favore di un piccolo centro in provincia di Brescia che intendeva recuperare una frazione abbandonata trasformandola in una specie di albergo diffuso. Idea suggestiva, perfino affascinante, quella di far rivivere vecchi paesi disabitati come hotel di lusso. In Francia, sopra Montecarlo, c’è un borgo medievale dove, oltre a offrire camere in case di pietra, sono state aperte gallerie d’arte e laboratori artigiani. Ma il successo dell’iniziativa è dovuto al fatto che il «cinque stelle» è a metà strada fra Monaco e Nizza, alle spalle della Costa Azzurra, cioè in una specie di paradiso. Pensare di poter creare qualche cosa del genere in un posto diverso forse si scontra con la realtà, che per l’appunto non è quella del jet set. Dunque, vedendo il servizio in tv mi sono detto: ma il denaro del Pnrr, che – giova ribadirlo, non è a fondo perduto ma dev’essere restituito con gli interessi – sta per essere buttato dalla finestra in progetti fantasiosi ma destinati al fallimento? Dato che in Italia abbiamo una consolidata esperienza nello sprecare i soldi, mi sono chiesto se con quelli dell’Europa non si rischi di costruire tante cattedrali nel deserto, che poi, passati gli anni e purtroppo non i debiti, potrebbero finire in malora.
Per questo chiesi al collega Antonio Rossitto di approfondire le tante iniziative finanziate in giro per l’Italia dai fondi europei e il servizio è stato pubblicato, confermando i dubbi, su uno dei numeri scorsi. Ma più passano le settimane e la sensazione che il tanto decantato piano possa essere un colossale flop si fa sempre più concreta. Nel numero che avete tra le mani, a pagina 24, trovate un articolo di Maddalena Bonaccorso dedicato alle Case di comunità. Probabilmente, molti di voi non ne hanno neppure mai sentito parlare, ma si tratta di un’idea tenuta a battesimo dal precedente governo, in particolare da Roberto Speranza, il quale prima di lasciare la poltrona di ministro della Salute a causa della sconfitta alle elezioni del 25 settembre scorso, varò un progetto per la realizzazione di 1.350 centri per garantire l’assistenza agli anziani e ai malati cronici. Non si tratterebbe di case di riposo, né di poliambulatori, ma di strutture in cui operano medici, infermieri e fisioterapisti che per 24 ore al giorno dovrebbero assicurare le cure primarie ai pazienti.
Sulla carta l’idea è apparsa utile a molti, perché in un Paese con una popolazione anziana in aumento, in futuro ci sarà certamente bisogno di strutture che curino le patologie della terza età. Peccato che il progetto si scontri anche in questo caso con la realtà, ovvero con la carenza del personale che dovrebbe far funzionare i 1.350 centri disseminati lungo la penisola. Già si fatica a trovare medici, infermieri e fisioterapisti da impiegare negli ospedali, e infatti negli ultimi anni l’Italia è stata costretta a cercare il personale fuori dai propri confini, figuratevi se per rendere operative le Case di comunità si dovranno assumere migliaia di persone. Secondo le stime delle stesse associazioni di categoria, al fine di garantire un servizio 24 ore su 24, servirebbe un organico di almeno 30 addetti, che moltiplicato per il numero di strutture promesse da Speranza fanno 40 mila persone, che ovviamente vanno retribuite e certamente non con il denaro del Pnrr. I fondi del piano serviranno a finanziare la costruzione delle Case di comunità e la cifra investita non è irrilevante, perché si parla di due miliardi di euro. E il resto, cioè il denaro necessario a garantire il servizio e le retribuzioni, chi lo mette? La risposta non c’è e il pericolo che tutto finisca nel modo di sempre, ovvero come strade che sbucano nel nulla e ospedali sorti in qualche angolo d’Italia senza essere mai stati aperti, è fortissimo. Come è spiegato nel servizio di Bonaccorso, l’eredità lasciata da Speranza rischia di essere l’ennesimo fallimento della sanità italiana. Soldi pubblici, perché di questo si tratta, sprecati, che finiranno solo per accrescere il debito italiano.
Il mio timore è che gli alberghi diffusi e le Case di comunità siano capitoli destinati ad aggiungersi al libro delle opere inutili, che visto lo spreco di risorse è già molto ricco. Da due anni a questa parte, Pnrr è una parolina magica, una specie di pozzo delle meraviglie che dovrebbe esaudire ogni richiesta. In realtà, come ha lasciato capire il presidente del Consiglio prima ancora di insediarsi a Palazzo Chigi, il piano non solo è in ritardo, ma va rivisto, pena buttare il denaro dei contribuenti dalla finestra. Beh, io spero che Giorgia Meloni pensi alle Case di comunità e agli alberghi diffusi, evitando che il Pnrr si trasformi nella solita mangiatoia pubblica.
