Il critico di Panorama ripercorre i passaggi del suo impegno come sindaco a Sutri, la cittadina in provincia di Viterbo, che va al voto il prossimo maggio. Intanto, sta valutando altre candidature.
E’ sempre più difficile restituire dignità a paesi e città governati senza cultura. Così trovai San Severino Marche. Così trovai Salemi. Così trovai Sutri. Rinate. E luminose davanti al mondo. Sutri, la piccola e bellissima città nel Viterbese, ha un sindaco innamorato. Sutri ha un vicesindaco innamorato. Sutri è un luogo di cui tutti parlano e dove ora si va per la sua bellezza e per il suo mistero. Chi arriva è felice e ne porta un buon ricordo, parlandone a chi verrà. Si lamenta qualcuno che non ha mai fatto nulla perché Sutri diventasse, come è, uno de «I borghi più belli d’Italia» e tra i primi, com’è stato riconosciuto a Castiglione del Lago in un recente incontro per il ventesimo anniversario di questa benemerita associazione.
Prima del mio impegno di sindaco, della mia volontà di farla conoscere, nel corso degli anni, le manifestazioni, le feste, i mercati, il presepe vivente, il Carnevale, il Corpus domini, la festa di Santa Dolcissima, erano state realizzate con l’impegno e con il contributo della Pro loco, di cui io ho sperimentato l’entusiasmo perché la vita di una città non può essere animata soltanto da una buona amministrazione stretta tra mille vincoli e condizioni che diventano strumenti per inutili e forzose polemiche, ma dalla buona volontà di tutti i cittadini e della loro responsabilità.
E il buon cittadino non critica ma costruisce, vuole la città più bella e più vera. Non esiste luogo, e lo ha vissuto direttamente Andrea Bocelli, in cui una festa popolare e devozionale come quella della Santa Patrona sia animata con tanto impegno dalla buona volontà di chi accende e spegne i fuochi, indimenticabili nella memoria. Quello che io ho visto a Sutri, e vedrò per l’avvenire, in questa festa patronale, l’ho visto soltanto a Città del Messico per le feste dei morti, espressione di una vita fervida e inesauribile.
La festa di Sant’Antonio a Sutri è una festa di popolo in cui i cittadini dichiarano la loro appartenenza, non solo religiosa ma civile e politica. Resta la festa per un santo ma dichiara l’orgoglio di una identità che nel santo trova il suo emblema. Diversamente dalle processioni religiose, dalla stessa macchina di Santa Rosa della vicina Viterbo, la festa di Sant’Antonio ha la stessa forza di coesione del Palio di Siena dove ogni contrada afferma la propria differenza. A Sutri Sant’Antonio è più che un patrono, e afferma la sua concretezza e identità rispetto alla dimensione onirica della patrona evanescente, pura luce e pura emozione come è la Santa Dolcissima. A Sant’Antonio i cittadini di Sutri dedicano la loro fedeltà e manifestano la loro consapevolezza nelle tradizioni locali e anche la confidenza nel mondo agricolo nelle produzioni e nelle tradizioni gastronomiche. Durante la processione in onore del santo è importante la presenza dei cavalli che nobilitano i cittadini in cavalieri per accompagnare e difendere la loro figura di riferimento. La festa e i pranzi con i canti sono quanto di più corale e universale io abbia visto non solo a Sutri, e capisco come l’orgoglio di appartenere a Sant’Antonio delimiti i confini di una comunità che attraverso il Santo si afferma e si difende.
Anche il rapporto fra gli animali e la Chiesa è straordinario. Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle ponendoli sotto la protezione del santo. La Nuova società celebra quest’anno il suo centenario, che è segno di fede e di fedeltà nel tempo per affermare valori che il tempo non muta. Nella mia esperienza di sindaco di Sutri la festa di Sant’Antonio è il ricordo più forte dello spirito e dell’anima della città. La città di Sutri, durante il mio mandato, ha conosciuto momenti felici e un universale riconoscimento in Italia e nel mondo. Le risposte dei cittadini sono state di grande considerazione per l’attività esclusiva del loro primo cittadino, con rari collaboratori, e di modesta partecipazione imprenditoriale e commerciale. Al compiacimento non è sempre corrisposta una capacità di trarre beneficio dalla mia azione convinta di immagine, che è necessaria per qualunque attività e qualunque prodotto.
Ringrazio i cittadini della gratitudine, ma il mio obiettivo è più vasto e richiede fiducia e coraggio. La politica a Sutri dev’essere un dono, per l’orgoglio di essere nati in un luogo così bello che va difeso e assistito come un bambino. Io ho svolto tra mille difficoltà il ruolo di sindaco, come quello di padre e di madre, trovando sostegno in persone gentili e generose, e ostacoli soltanto in vecchi democristiani e fascisti con i quali non intendo misurarmi. È questa assenza di slancio che tiene le città immobili. Che chiedono aiuto. È sempre stato così da quando io, a partire da San Severino Marche, ho voluto dare il mio impegno per far rivivere alcune piccole, meravigliose città. Ed ecco un ricordo di chi lo ha inteso come nessuno. Venne a Salemi accompagnata dalla nipote. Presentavo le manifestazioni del presepe vivente. Vedendola entrare nella chiesa di San Giovanni mi interruppi, la salutai, la feci sedere. Era Agnese Borsellino, la moglie forte e fragile del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992.
Sorrideva con l’ombra costante di un turbamento nel volto. Io parlai, parlai di valori cristiani, del Natale, del presepe, delle due Natività del Caravaggio, quella rubata, e quella di Messina. Lei mi ascoltava, annuendo con grazia e dolcezza. Alla fine mi venne incontro e ricordò mie conferenze precedenti cui aveva partecipato, lodando il mio amore per l’arte e la passione di farla amare. Erano giorni difficili, come lo sono sempre in Sicilia. Baluginava la «trattativa», che oggi spiriti fragili esibiscono in odio alla politica. Lei no. Disse cose che voglio restino memorabili, e che furono registrate. A chi crede di contrastarmi con i teoremi, umiliando la verità, le voglio far conoscere oggi: «Come siciliana sono felicissima della scelta di Sgarbi che da Nord ha scelto di fare il sindaco in una cittadina siciliana. Credo che non l’abbia fatto per curare la sua immagine, perché non ne ha bisogno; vedo nel lavoro di Sgarbi un’azione missionaria. Sono convinta che, grazie anche a lui, comincerà una nuova stagione. È stata scelta una persona che viene da lontano, per far sì che, non con le chiacchiere ma con l’azione, e soprattutto con il linguaggio eterno dell’arte, si possano trasmettere valori positivi. Auguriamoci ci siano tanti Vittorio Sgarbi che possano portare qualcosa di nuovo in altre realtà della Sicilia». È il senso di quello che io ho fatto.
