Home » La generazione tradita

La generazione tradita

La generazione tradita

Nel silenzio e nel disinteresse, soprattutto delle istituzioni, l’equilibrio mentale degli adolescenti non è mai stato così a rischio. La pandemia, che ha stravolto le amicizie, la scuola, i tempi formativi, ha fatto esplodere il disagio. Si moltiplicano i casi di anoressia, i tentati suicidi, i comportamenti psicotici e l’uso di droghe sintetiche che sfociano anche in violenza selvaggia. Le famiglie non possono affrontare da sole situazioni ormai patologiche. E i pochi centri specializzati non riescono a far fronte alla crescente richiesta d’aiuto. Che così resta senza risposta.


Profondi tagli sulle braccia, angoscianti fughe notturne da casa, anoressia, tentativi di suicidio, un uso spasmodico di droghe recapitate a casa e procurate facilmente attraverso a comodi menu (proprio come quelli dei ristoranti) che girano sulle chat di WhatsApp. Violenza, rabbia, aggressività. Ansia e depressione. Apatia, solitudine e un consumo abnorme di pornografia on line.

Non è una puntata di Euphoria2, la serie cult sulla gioventù americana estrema e decadente, ma sono gli adolescenti di oggi. A guardare Rue, la protagonista interpretata dalla bellissima Zendaya, bipolare e con un disturbo ossessivo-compulsivo, perennemente triste e drogata, ora sappiamo che non è più finzione: questi sono i nostri ragazzi.

Nel silenzio e nel disinteresse generale la salute mentale degli adolescenti non è mai stata così a rischio. Un pericolo reale, a breve ingestibile, che più di una volta Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria infantile all’Ospedale Bambino Gesù di Roma e professore ordinario all’Università Cattolica, ha denunciato con forza: «Il Covid ha fatto da detonatore a un problema sottovalutato o inspiegabilmente non visto. Stiamo negando il diritto alla salute a una fascia molto importante della popolazione e colpisce come ci siano interventi poco coordinati. I dati abnormi sull’esperienza psichiatrica sono un punto di arrivo che dovremmo essere in grado di intercettare molto precocemente».

Ci vorrebbe un’organizzazione, ma l’Italia è a macchia di leopardo. Ci sono regioni che hanno poco o niente, come Calabria, la Sicilia, Sardegna e Abruzzo. E quelle virtuose come Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana. Continua Vicari: «La Puglia ha quattro posti letto in una struttura per acuti. La Liguria ricovera in neuropsichiatria infantile solo fino a 14 anni». Il Lazio è la regione con più posti per l’emergenza: 22. Nulla, per una capitale di 3 milioni di abitanti. Spiega Vicari: «L’autolesionismo in Italia riguarda il 20 per cento degli adolescenti e in Nord Europa si arriva al 40. È un fenomeno vastissimo e colpisce che da noi, dopo due anni di pandemia, ancora nessuno ne parli».

L’ultimo rapporto Unicef afferma che un adolescente su sette, tra i 10 e i 19 anni, convive con un disturbo mentale diagnosticato. «Il collega di ortopedia mi ha raccontato che non aveva mai visto così tanti giovani che si sono buttati dalla finestra. Anche dodicenni. Non passa giorno che non arrivino ragazzi che hanno tentato il suicidio o si tagliano sempre più profondamente. L’età media è 13 anni, prima della pandemia era 14». Secondo Vicari ci salveremo solo se si riparte dalla scuola come agenzia educativa: «Ma l’unico provvedimento che ricordo sono i banchi a rotelle».

Curare un figlio è diventato un privilegio. Anche chi può permettersi un medico privato spesso fa il giro delle sette chiese prima di trovare qualcuno che imbrocchi la terapia giusta. La routine ormai è un’abbuffata di pillole. Litio, benzodiazepine, antidepressivi, antiepilettici usati «off label» (quante cose si imparano nella vita) per i disturbi dell’umore. Se per caso le medicine terminano nel fine settimana e lo psichiatra (a pagamento) non si trova, succede anche quello che racconta una madre romana: «Mi ha risposto che era fuori fino a martedì, se potevo aspettare poi mi avrebbe scritto la ricetta». Non si può aspettare con un adolescente psicotico in casa. I genitori sono sempre più soli, impreparati ad affrontare questa voragine di dolore. Loro stessi sono in crisi, spesso pressati dai problemi economici, e si vergognano a parlare del disagio dei figli. Lo stigma è ancora forte. Si accollano viaggi della speranza verso strutture, che spesso li rimandano indietro. Molti hanno sperimentato le fughe notturne dei ragazzi in preda alle crisi, hanno visto le loro braccia sanguinanti senza sapere cosa fare. Si piange, si resta muti, come in balia di una tempesta, sperando che passi.

«Costringere le famiglie a questa autarchia è impensabile» riflette la sociologa Chiara Saraceno. «Già quelle normali, quando funzionano, non possono bastare a sé stesse. Molte in questi due anni hanno retto ad aspettative impossibili con grande fatica e sono state bravissime. Ma pure loro hanno visto i figli soffrire. Tutto questo con l’angoscia dell’orizzonte del tempo: cosa ci sarà dopo? Nessuno lo sa, neanche gli adulti di riferimento. Amicizie perdute, amori mai nati, esperienze di studio all’estero che non è stato possibile fare. Dispiace non aver capito e sottovalutato il loro dolore, il peso di questa esperienza. Questo è ciò che rimprovero a tutti noi».

«L’età tradita»: così Matteo Lancini, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca, ha definito questa generazione nel suo ultimo saggio omonimo, uscito da Raffaello Cortina Editore: «Vediamo decine di tentativi di suicidio al giorno. È il loro disperato tentativo di non crollare davanti a un dolore che rischia di farli impazzire. Davanti a un’indifferenza che ferisce. Si sono comportati in modo consapevole, si sono vaccinati appena gli è stato chiesto, ma non votando sono spariti dal dibattito politico. Non sono mai stati al centro dell’attenzione e troppo spesso sono stati trattati in modo inadeguato, sia a scuola che a casa».

Da sempre si parla di fare qualcosa per i giovani, ma alla fine sembra che non interessi a nessuno. «Anche perché questi ragazzi quando soffrono non lo fanno più contestando, ma in silenzio» continua Lancini. «Non creano grandi allarmi, se non per qualche rissa, perlopiù a favore di telecamera. Li abbiamo cresciuti in una cultura individualistica. Le nostre fragilità li hanno costretti ad altro dolore inutile». Il suicidio è la seconda causa di morte dei giovani in Europa, dopo gli incidenti stradali. Il ritiro sociale è cresciuto enormemente, diventando l’arma per sparire dalle scene. E siamo solo all’inizio. Martina Maria Mensi, neuropsichiatra del reparto di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino Irccs di Pavia, illustra un quadro molto complesso: «Il nostro è un istituto di terzo livello, qui arriva la punta dell’iceberg. Ma l’incremento di casi gravi sottende sempre un aumento di quelli meno gravi. Negli ultimi due anni questo sommerso è esploso».

La Fondazione Mondino, dopo il primo lockdown, aveva pubblicato uno studio curato dalla dottoressa Mensi con il direttore della Neuropsichiatria, Renato Borgatti e lo psicologo del reparto, il dottor Luca Capone: Covid-19 related psychiatric impact on Italian adolescent population. «Allora le percentuali di diagnosi da stress acuto e post-traumatico non erano aumentate di molto. Anche se c’era un 70 per cento degli intervistati che riferiva sintomi da stress. Il secondo lockdown invece ha provocato uno scompenso in questi giovani, che ancora non erano pazienti, ma solo ragazzi fragili. Hanno retto la prima volta, poi non ce l’hanno più fatta. L’anno scorso abbiamo chiuso la lista d’attesa con 249 richieste di ricovero. È un numero spropositato, impensabile, difficile anche da pronunciare. E abbiamo iniziato l’anno con 193 domande. Crediamo che alla fine del 2022 sarà ancora peggio». Forse solo la metà potrà essere soddisfatta: «Le domande di ricovero sono cresciute del 50 per cento rispetto all’anno precedente. Sono numeri ingestibili per una neuropsichiatria infantile» continua la dottoressa. A un anno dalla prima rilevazione alla Fondazione Mondino ne hanno fatta un’altra, ora in corso di pubblicazione: «Ripetere l’esperienza traumatica ha aumentato la sofferenza. Purtroppo oggi il 16 per cento ha sintomi psicotici, più della metà soffre di un disturbo alimentare, il 25 per cento ha attacchi di panico e il 46,8 di ansia. Infine, l’ideazione suicidaria è presente nel 30 per cento degli intervistati, che dichiarano non solo pensieri, ma veri e propri piani per togliersi la vita».

Cosa è stato a destabilizzarli così? La scuola. Scissa tra presenza e «didattica a distanza» è diventato il luogo dell’ansia. Ecco cosa dicono i ragazzi: «Ci ha stancati eccessivamente, quando tornavamo ci riempivano solo di verifiche», «Ci mentono», «Tendono a escluderci, a giudicarci, non pensano che possiamo essere responsabili», «Nessuno ha capito le nostre paure, non ci hanno ascoltati, nessuno dialoga davvero con noi». Per molti la droga sembra essere un rifugio. «È di sicuro la realtà che meglio si è adattata alle restrizioni della pandemia. C’è stato un incremento di sequestri a partire dal 2020. Il mercato si è organizzato e riconvertito alle consegne a domicilio. La domanda è aumentata, anche quelli che uscivano poco hanno trovato il modo di consumare droga più di prima. Una cosa che è cambiata nell’ultimo periodo è la propensione verso le dipendenze multiple, una conseguenza dell’incremento della fragilità sociale» osserva Tito Baldini, membro ordinario della Società psicoanalitica italiana (Spi) e della Associazione romana per la psicoterapia dell’adolescenza.

Cercano lo stordimento a tutti i costi, l’euphoria, e le Nsp, le nuove sostanze psicoattive, sono sempre più potenti: «Provocano una pericolosa perdita di controllo, un aumento dell’aggressività. Si può arrivare a veri blackout durante i quali può succedere di tutto, anche ammazzare un amico, violentare in branco una minorenne. È una generazione traumatizzata e gli effetti delle generazioni traumatizzate si vedono sempre. Così è stato per il terrorismo negli anni Settanta» aggiunge Baldini. Oggi la violenza si scatena senza ideologia, le polemiche nascono prima sui social. Si litiga per le ragioni più futili, poi ci si dà appuntamento per picchiarsi. nascono così le risse da weekend.

L’ultima in un bar della movida del centro storico di Napoli con lanci di sedie in testa. Le più eclatanti, durante le vacanze di Natale a Cortina tra i ragazzi della Roma bene e quelli di Treviso. Anche lì, tavoli e sedie del glorioso Hotel de la poste rovesciati addosso. Mentre sempre a Cortina la notte di Capodanno due minorenni, figli di professionisti, assaliti dal branco sono finiti in ospedale. Ci si picchia per picchiarsi, per cercare di scaricare la rabbia che per troppo tempo si sono tenuti dentro, per battere la noia. Quella noia che Alberto Moravia descriveva come «scarsità della realtà».

L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità, giugno 2021, evidenzia come siano state trovate 90 nuove droghe sintetiche. L’incremento è pari al 200 per cento rispetto al 2020. Sostanze chimiche che imitano l’effetto di quelle tradizionali, ma con costi più bassi. Sono simili alle anfetamine e mischiate con l’alcol hanno effetti imprevedibili. I consumatori sono i cosiddetti ragazzi «normali», non i devianti. Questa sarà la nuova normalità. Non si torna più indietro. E nei prossimi dieci anni il tema centrale diventerà la salute mentale. Non ha dubbi Leonardo Mendolicchio, psichiatra e tra i massimi esperti dei disturbi dell’alimentazione, responsabile Uoc Riabilitazione disturbi alimentari e della nutrizione dell’Istituto Auxologico Piancavallo: «L’impatto è stato devastante, non utilizzerei un altro aggettivo. C’è stato un aumento del 30-40 per cento. E parliamo solo di ciò che è emerso. L’età si è abbassata notevolmente, ormai tutto è concentrato nella fascia 13-16 anni, ma abbiamo avuto un incremento anche tra i bambini di 10 e 11 anni».

Racconta una dodicenne che soffre di anoressia: «Durante il secondo lockdown ero sola in casa, i miei genitori erano tornati al lavoro. Avevo smesso di fare sport, interrotto le relazioni con gli amici, passavo le giornate sui social. E vedevo solo post di cibo e corpi. In quel silenzio ho iniziato a pensarci ossessivamente». Lo psicoanalista ha pubblicato Il peso dell’amore (Bur), dove tratta del rapporto sempre più difficile con la famiglia e la scuola: «Prima della pandemia erano 3 milioni i malati di anoressia, con 3 mila morti all’anno. Nel 2020 i decessi sono diventati 5 mila. Un numero sconvolgente». Un Paese lungimirante dovrebbe interrogarsi: «In Italia ci sono 900 posti tra pubblico e privato dedicati ai disturbi alimentari. Se si guarda ai numeri citati non sono niente. Nei centri che dirigo ho una lista d’attesa che già si avvicina ai sei mesi. Se non si agirà in tempo la situazione diventerà ingovernabile. Sarà uno tsunami».

Non sarebbe sbagliato anche farsi due conti, perché le spese che serviranno per curare questi ragazzi, ormai diventati pazienti, saranno altissime. E mentre abbiamo potuto contare su bonus zanzariere, rubinetti, terme, è svanito quello dedicato allo psicologo. «Sono rimasto molto perplesso. Non entro nel merito delle priorità, ma dal punto di vista della sofferenza mentale che si registra nel Paese in questo momento c’è un grado assoluto di insufficienza nei servizi. Viene fuori una forte discrepanza tra risposta al bisogno e bisogno stesso» riflette Cosimo Argentieri, psichiatra, direttore sanitario e qualità di Neomesia. Un gruppo che conta 21 strutture tra cliniche e comunità terapeutiche, di cui tre solo per i minori. Ottocento posti letto dedicati alla psichiatria, presenti in otto regioni. «Conosciamo bene il panorama. Prima della pandemia quasi 2 milioni – 1.857.492 per la precisione – di adolescenti avevano bisogno di cure, di questi solo un terzo riusciva a ottenerle».

Nelle strutture dirette da Argentieri ciò che colpisce maggiormente è l’autolesionismo: «Un ricovero su due presenta questa problematica. Tagliarsi un tempo era una manifestazione femminile, oggi stiamo assistendo a un’inversione. Sono esplosi anche i disturbi del sonno presenti nel 63,9 per cento degli adolescenti. È una situazione molto preoccupante. Bisogna investire di più sulle risorse per la salute mentale, dice l’Oms. Ma poi tolgono il bonus per lo psicologo». Sparito dalla legge di Bilancio, è la dimostrazione del poco peso che la politica riconosce alla salute mentale.

Patrizia Iacopini, psichiatra e direttrice dell’Unità operativa dipartimentale per i disturbi alimentari di Fermo, combatte ogni giorno una situazione che era già complessa e impegnativa. E anche lei conferma che la pandemia ha significativamente amplificato il problema: «I disturbi alimentari sono in crescita da anni, ma non c’è mai stato un aumento così intenso, violento. Tutto ciò ha comportato un sovraccarico notevole. E il picco si sta alzando sempre più. Sono tutte richieste urgenti e i servizi devono dare risposte, ma facciamo fatica, siamo in affanno». I ragazzi che arrivano al centro di Fermo, il più grande delle Marche, raccontano di una forte paura per il futuro, angoscia, inquietudine. Scrivono e appendono i loro pensieri a un piccolo albero nella sala principale: «Arriverà il sole che ci asciugherà le lacrime».

Afferma la psichiatra: «I gesti autolesivi servono come anestetico immediato. I pensieri diventano ossessioni e l’isolamento prolungato ha un ruolo fondamentale sulla crescita del cervello. Forse i ragazzi introversi hanno resistito meglio, ma il bisogno del contatto con l’altro è vita. Le famiglie sono distrutte, provano vergogna, profondi sensi di colpa. Tutte ci chiedono più spazi, più incontri». Lo scorso 21 dicembre è stato previsto uno stanziamento di 25 milioni di euro ripartiti in due anni per i disturbi del comportamento alimentari.

Briciole. «Spero sia solo un inizio, una presa di consapevolezza rispetto all’entità di questa patologia». E poi la dottoressa dice quello che molti pensano, ma per paura non esprimono: «Se si continua così, rischiamo un ritorno agli istituti dopo tanta lotta per chiuderli. Assumiamo più operatori, tecnici, forniamo maggiori servizi. Nessuna famiglia vuole rinchiudere un figlio. Ma devono poter avere un’altra scelta».

© Riproduzione Riservata