Anziché usare l’estate per evitare che il Covid si ripresentasse alla nostra porta, Palazzo Chigi (e il Parlamento) hanno perso tempo in chiacchiere.
Caro direttore,
questo governo aveva almeno quattro mesi per approntare delle misure preventive, invece ha fatto riunioni, conferenze stampa, convocato gli Stati generali con l’unico risultato di andare su tutte le televisioni ma senza partorire uno straccio di proposta, ha aspettato settembre per comprare i banchi, ottobre per le terapie intensive, non ha compreso come il trasporto pubblico non aveva mezzi e personale per garantire servizio e sicurezza.
Però si sono spesi un mare di soldi in consulenze, marchette, prebende varie e soprattutto si sono modificati i decreti Salvini, passo assolutamente fondamentale in questo momento dove mancavano solo da gestire anche migliaia di clandestini. Un disastro totale che era inevitabile con l’avvocato del popolo e ministri laureati in Scienze politiche alla sanità o in Storia all’economia; senza contare l’Azzolina che dopo gli imbuti ha voluto dare ancora una prova di competenza e non dico altro, con i test sierologici.
Felice Antonio Vecchione
Caro Vecchione,
lei ha ragione. Il governo ha perso tempo in chiacchiere invece di usare l’estate per evitare che il Covid si ripresentasse alla nostra porta con il suo carico di malati e di morti. Per settimane a Palazzo Chigi si sono compiaciuti con se stessi, dichiarandosi da soli migliori di altri per i risultati conseguiti. Dopo di che sono venuti gli Stati generali, la trattativa con l’Europa per il Recovery Fund, il ponte di Genova da inaugurare e la polemica con le Autostrade da rinfocolare per evitare che qualcuno si ricordasse della «caducazione della concessione».
Ma del resto, cioè delle misure preventive contro la seconda ondata di coronavirus, nessuno si è preoccupato più. Prova ne sia che i banchi che avrebbero dovuto garantire il distanziamento sociale nelle aule scolastiche non sono arrivati, così come non si sono visti gli autobus che sarebbero stati necessari per impedire l’affollamento sui mezzi pubblici durante le ore di punta. E non sono stati approntati neppure i posti letto di terapia intensiva che avrebbero dovuto essere pronti negli ospedali di tutta Italia.
Sa quando si completerà il programma di implementazione dei reparti di rianimazione? Fra 27 mesi, cioè all’incirca nella primavera del 2023. Non lo dico io, lo ha ammesso candidamente il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, il quale intervistato dal Corriere della sera sui ritardi delle Regioni ha precisato che queste stavano rispondendo piano piano alle sue richieste di delucidazioni. Sì, ha detto proprio così: piano piano.
Ma del resto ad andare piano piano sono tutte le misure che avrebbero dovuto metterci al riparo dal ritorno dell’epidemia. Sa quando è stato pubblicato il bando per l’acquisto di ambulanze indispensabili per soccorrere i malati? Alla fine di ottobre, il che vuol dire che minimo prima di un anno non avremo a disposizione le automediche che ci servono.
E sa quando è stato pubblicato l’avviso di gara per cablare le scuole pubbliche e consentire che le lezioni si possano tenere a distanza? Anche quello è dei giorni scorsi e il termine ultimo per presentare le offerte scade alle ore 13 del 23 di novembre, ma il crono-programma per la realizzazione delle opere fissa la data di conclusione dei lavori alla fine del 2023.
Ne vuole sapere un’altra? Si poteva prevedere con largo anticipo che gli ospedali non sarebbero stati in grado di provvedere a eseguire tutti i tamponi necessari, ma invece di affidare i prelievi anche ad altre strutture si è perso tempo. Solo la scorsa settimana qualcuno si è ricordato che in Italia esistono i medici di base, e all’improvviso, in piena emergenza, si è deciso di coinvolgerli, ovviamente senza preparazione o altro, con il rischio che un paziente infetto si presenti in ambulatorio e contagi chi è in fila in attesa di una visita.
Si sono fatte riunioni, conferenze stampa, nominate task force, consultati esperti e forse anche i tarocchi, ma di decidere il da farsi non c’è stato tempo, dunque ci siamo presentati impreparati all’inizio dell’autunno, che poi ha coinciso con l’inizio delle attività, delle scuole e pure della seconda ondata.
Non vorrei però sembrarle troppo critico con il governo. Conte e compagni hanno le loro responsabilità, ma devono condividerle con il Parlamento, che come il Consiglio dei ministri in questi mesi ha dormito. Sa di che cosa si sono occupati gli onorevoli da quando hanno ripreso le attività di Montecitorio e Palazzo Madama? Dei decreti immigrazione per abolire le norme volute da Matteo Salvini, di Ius soli, cioè della cittadinanza ai cittadini stranieri, di abbassare l’età dell’elettorato attivo per il Senato e della legge Zan.
Non so se lei sia informato su che cosa sia quest’ultima, ma si tratta di un disegno di legge che porta il cognome di un parlamentare del Pd, il quale ha presentato una proposta per punire con il carcere l’omofobia. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha voluto una corsia preferenziale per la suddetta legge e dunque il Parlamento si sta impegnando per approvarla al più presto.
Ecco, mentre mancano i posti letto per i malati di Covid e non abbiamo neppure i medici per curarli, a Montecitorio si occupano di «omotransfobia». Che sarà forse anche una malattia, ma non risulta che al momento sia una pandemia.
