Home » Attualità » Opinioni » Lo scultore dell’anima e il papa sul crinale del tempo

Lo scultore dell’anima e il papa sul crinale del tempo

Lo scultore dell’anima 
e il papa 
 sul crinale
del tempo

A Montalto delle Marche si riscoprono, mettendole in parallelo, queste due figure. Da una parte, l’artista Pericle Fazzini che nel Novecento ha trovato un’espressione profonda, originale e alternativa alle correnti dominanti. Dall’altra, il pontefice Sisto V che è punto di passaggio tra la grandezza del Rinascimento e il Seicento.


Il 2021 è l’anno del quinto centenario della nascita di Sisto V, papa marchigiano dalla forte personalità che ha lasciato tracce indelebili nel suo breve pontificato. Già tempo fa, da marchigiano di elezione, ho avuto occasione di riflettere su come alcune opere concepite durante il suo pontificato segnassero il punto di passaggio tra Michelangelo e Caravaggio: Sisto V è papa intermedio fra la grande stagione del Rinascimento e quella dell’inizio del Seicento.

L’idea di collegare Sisto V a Pericle Fazzini è derivata da un’occasione anch’essa celebrativa, e cioè il monumento dedicato a Sisto V, l’ultima opera realizzata da Fazzini, di invenzione aerea, concepita da un artista che ha voluto rappresentare l’anima del papa più che la sua opera; e quindi appartiene a un momento e a un’epoca, il 1986, in cui la grande stagione di Fazzini era al culmine. Lentamente poi, questa personalità, che era così emergente anche per essere stata in relazione con importanti personalità dell’arte e della poesia del Novecento come Giuseppe Ungaretti, Emilio Vedova, Renato Guttuso, Libero de Libero, sembra essere stata dimenticata. A Fazzini si deve l’intenso e memorabile ritratto di Ungaretti, vivo davanti a noi.

Fazzini è stato guardato con rara considerazione negli anni in cui il mondo dell’arte si divideva fra la sperimentazione legata a Burri e Fontana e la figurazione di Manzù e di Greco o di Messina; scultori importanti, ma legati a una grande tradizione, nel tentativo di creare un linguaggio nuovo, di immediata comunicazione, non classicheggiante o nostalgico . Fazzini ha superato indenne, senza rinunciare alla spirituale figura umana, gli anni del Fascismo, pur affrontando temi pericolosi come Il giovane che declama (1937/8), soggetto di facile declinazione retorica. Ha testimoniato, senza demagogia, la sua adesione alla Resistenza con Il fucilato, sensibilissima interpretazione dei Prigioni di Michelangelo.

Si è liberato di ogni ombra di ideologia andando verso i tempi nuovi, con un canto alla libertà e alla vita, nella sua opera più riuscita, Il ragazzo con i gabbiani, invenzione che reinterpreta la tradizione figurativa con una leggerezza che dà forma al vento, la scultura più innovativa del Secondo dopoguerra. Fazzini risponde al Fontana barocco e a Leoncillo. È lo slancio di una visione nuova. Scrive lo scultore: «Era un giorno che passeggiavo lungo il mare e c’erano i gabbiani, che volavano vicini, e io raccoglievo sassi, conchiglie, lungo il mare, cose che poi disegnavo, e cosè m’è nata l’idea del ragazzo che cammina e raccoglie qualcosa in terra e i gabbiani gli volano intorno, sulla testa. Logicamente nella scultura non potevo fare i gabbiani staccati, ho dovuto collegarli con la testa, fare un tutt’uno ragazzo e gabbiani, e cercare di creare un ritmo leggero, un motivo geometrico che fosse naturale e vivo nello stesso tempo e che tutto partisse dalla testa in su, insomma una scultura per me importante…».

Ed è importante anche per noi. In Fazzini c’era un’opzione verso l’avanguardia ma al tempo stesso il tentativo di salvaguardare la figura umana e i suoi valori simbolici, tant’è che nella grande sala Nervi in Vaticano la Resurrezione ha il carattere di una apparizione, pur restando plasticamente visibile. Le sculture di Fazzini sono, dunque, il punto di equilibrio fra due mondi, ed egli stesso è l’artista dei due mondi. Forse mai Spoleto ha fatto una mostra di questo artista, così importante da chiudere un’epoca che ha visto, come suoi rappresentanti estremi, Manzù e Fontana. Fazzini non si lancia però verso il buio della sperimentazione informale, resta ancorato a una forza interiore, religiosa, che riesce a esprimere originalmente, quanto basta a produrre in noi quel sussulto, quel brivido di vitalità e di energia nel confronto con le sue opere. Ecco, forse è proprio energia la parola che caratterizza la sua produzione plastica, così come quella grafica. La sua scelta estetica non è né figurativa né astratta, ma vuole rappresentare una dimensione spirituale.

Lo ha interpretato con precisione Sibilla Aleramo, cui Fazzini ha dedicato un volitivo ritratto: «Fazzini è un esemplare di quei rarissimi marchigiani, attraverso i secoli, di specie angelica: Raffaello, Pergolesi, anche Leopardi (un poco) in contrasto con il carattere della maggioranza, cupo e demoniaco. È un temperamento felice, un creatore indefesso e sereno, in continua ricerca e continua ascesa, libero da qualsiasi scuola o influsso, e il suo sorriso di uomo savio, nel senso antico e attivo della parola, conferisce una singolare nobiltà, da solo, all’intera via Margutta, riscatta, da solo, tutte le meschinità e le tristezze di questa cittadella di artisti nel centro di Roma…».

La Fondazione – legata al nome di Fazzini, di cui fanno parte gli eredi – ha espresso la volontà di promuovere iniziative per celebrarlo, in collaborazione con un importante istituto culturale a Roma quale il Museo Bilotti; tutto ciò si inscrive nel più ampio progetto della Regione Marche di riaccendere l’attenzione verso un artista tanto importante e così precipitosamente dimenticato.

L’idea di legarlo a Sisto V ci mette non solo nel punto della storia in cui i due si trovano grazie al monumento che Pericle Fazzini ha dedicato al Papa, ma anche nel tempo della riconoscenza per lo slancio e lo sviluppo che il Papa marchigiano ha dato alle arti. È con questa finalità che si è costituito un comitato di studio con persone che hanno lavorato nel corso della seconda metà del secolo scorso su Fazzini e con Fazzini; che lo hanno sostenuto e oggi ritornano a concentrare la loro attenzione sulla sua figura. Così come una serie di storici, a partire da Franco Cardini, tornano a riflettere sull’operazione culturale condotta da Sisto V. Dopo la mostra in palazzo Paradisi a Montalto, un convegno su Pericle Fazzini e una monografia, che sarà pubblicata al culmine delle celebrazioni, ospiteranno i contributi di ricerca dei più importanti studiosi e critici dello scultore marchigiano. La Fondazione è partita con una selezione di opere importanti che permettono di conoscere Pericle Fazzini e di restituirgli il posto che merita nella storia dell’arte, visto che a un certo punto è stato considerato fuori moda, ma nulla più delle mode indica la caducità dell’arte.

Quando un artista viene guardato con occhi nuovi, non è più la tendenza del momento a sostenerlo, ma la sua sola capacità di dare forma alle forze, nel caso di Fazzini soprattutto ai corpi femminili. Questa abilità fazziniana è tale, da suggerire qualcosa che lo assimila a Picasso: un pittore figurativo che ha scomposto la figura umana per farla emergere in una dimensione oltre le forme fisiche, ma che è riuscito a cogliere qualcosa di profondamente spirituale. Potremmo dire, allora, che Fazzini è un realista del sogno, e che ritrae anime, anziché corpi.

Da questo punto di vista, la scultura è la meno adatta a rappresentare qualcosa di etereo, specie per chi lavora il bronzo: l’arte di Fazzini getta un ponte ideale verso Alberto Giacometti, entrambi hanno affrontato la figura umana cercando di esprimerne l’essenza. La dimensione interiore dell’uomo e la sua coscienza sono al centro della ricerca di Fazzini, potremmo definirlo lo scultore dell’anima.

Credo che attraverso tale lettura, nel percorso recente di rivalutazione della scultura a cavallo fra le due guerre, fra molti autori cancellati o dimenticati, e travolti nell’avanguardia, si intenda come Fazzini abbia avuto la capacità di resistere e sopravvivere grazie alla natura singolare della sua arte. Poi, un’ulteriore ondata, lo aveva riportato un po’ al largo.

Oggi noi lo troviamo di nuovo vicino, attraverso questa iniziativa articolata e complessa; e sono felice di essere stato indicato come presidente delle celebrazioni delle due grandi personalità, unite in un monumento, dove il Papa è «figura d’aria», rivedendole con un occhio alla storia e un occhio al presente. È la condizione ideale per sentire Fazzini come un interprete del nostro tempo e delle nostre inquietudini.

© Riproduzione Riservata