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Nutriscore, cioè il metodo «idiota»

Nutriscore, cioè il metodo «idiota»

Il sistema europeo di valutazione degli alimenti penalizza i cibi italiani. Evidentemente la loro alta qualità dà fastidio.


Ma secondo voi un sistema europeo di valutazione dei prodotti alimentari – il Nutriscore – che secondo i calcoli della Coldiretti boccia l’85% del cibo italiano, dal Parmigiano reggiano all’olio extravergine d’oliva, a vantaggio di prodotti artificiali di cui spesso non si conosce neanche la ricetta, come si spiega? Tanto per chiarirsi si tratta, come molti di voi sapranno, di un sistema a punteggio sviluppato in Francia (i soliti furbacchioni) e adottato per indicare con una scala di valori che va dal verde (ottimo) al rosso (pessimo) il valore nutrizionale dei cibi. In altre parole, quelli buoni per la salute e quelli no.

Il sistema usa anche delle lettere che vanno dalla A (ottimi) alla E (pessimi). E guarda caso, costerebbe parecchio alle esportazioni alimentari italiane che nel 2020 hanno raggiunto la quota record di 46,1 miliardi di euro. Il Nutriscore, guarda sempre il caso, finisce per escludere cibi sani e naturali presenti sulle tavole da secoli per favorire alimenti artificiali prodotti in gran parte proprio in Francia o in altri Paesi che hanno adottato sistemi simili come Spagna o Germania; salvo poi che molti turisti francesi e tedeschi, insieme agli inglesi, vengono in Italia a sfondarsi di pastasciutte varie, bistecche alla fiorentina e vino rosso: tutta roba che secondo l’«idiota» (giusta definizione della Coldiretti) Nutriscore rappresenterebbero cibo da buttare direttamente nel bidone.

Ma siano più chiari: vogliono favorire le loro imprese che producono cibo sintetico? Lo facciano. Facciano anche campagne pubblicitarie per enumerare i vantaggi di mangiare una bistecca di laboratorio rispetto a una chianina, ma lascino perdere di dare la pagellina ai cibi per bloccare le importazioni dagli altri Paesi. Ci provarono ai tempi del Re Sole, Luigi XIV di Borbone, con Jean-Baptiste Colbert, e gli andò malissimo. Ci provarono in anni più recenti, nel secolo scorso, con la battaglia del vino, e anche lì tornarono a casa con la coda tra le gambe. Niente. È più forte di loro. Salvo definire sovranisti gli altri Paesi – talora anche giustamente – quando si tocca il loro interesse nazionale le regole possono andare a farsi benedire. E così sta avvenendo per il Nutriscore.

Tralasciamo gli aspetti scientifici della questione sulla quale importanti studiosi di diversi Paesi e continenti hanno sollevato serissimi dubbi, per esempio sull’esclusione radicale dei grassi a favore di altri preparati da laboratorio, perché è questione che richiede competenze che non abbiamo. Registriamo solo che il dissenso su questo strumento, nella comunità dei nutrizionisti, è crescente.

Limitiamoci alla questione economica, in particolare alle esportazioni e alle regole della concorrenza che sarebbero palesemente violate. Se tu metti in giro un valutatore della qualità dei cibi in modo unilaterale finisci per influenzare i consumatori e alla fine indirizzarli – perché questo è l’obiettivo vero, altro che la salute dei cittadini – ad acquistare prodotti di chi adotta il nuovo metro di misura e sfavorire le esportazioni dei cibi degli altri Paesi. Più che alla salute del corpo, qui si tratta di salute del portafoglio: per carità, sacrosanta, ma rispettando le regole della concorrenza, non facendo i furbi.

Per fortuna l’Antitrust italiano, cioè l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha battuto un colpo in questo senso avvertendo del rischio che il Nutriscore «in assenza di adeguate avvertenze, venga assolutamente percepito come valutazione assoluta della salubrità di un determinato prodotto, a prescindere dalle esigenze complessive di un individuo (dieta e stile di vita), dalla quantità e dalla frequenza di assunzione all’interno di un regime alimentare variegato ed equilibrato». Sotto accusa è andata l’app francese Yuka che adotta il sistema Nutriscore e fornisce proposte alternative per alcuni prodotti giudicati al contrario mediocri o di scarsa qualità.

Questo aiuta molto la battaglia dell’Italia e di altri Stati europei i quali non vogliono assolutamente che il sistema sia adottato a livello comunitario. Ci mancherebbe anche questo, accanto alla rilevazione della curvatura delle banane o della misurazione delle vongole prima di metterle nel secchiello prendendole dalla rete. E una misuratina al cervello di chi partorisce queste idee, no?

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