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Non si gioca con la vita degli anziani

Non si gioca con la vita degli anziani

L’editoriale del direttore, in risposta alla lettera di una lettrice.

Caro Belpietro,
ci si sta rendendo conto che il mondo occidentale sta crollando a causa degli anziani. Si chiudono le attività produttive, le scuole sono un disastro, perché non si contagi la parte più vecchia della popolazione: è chiaro infatti che questi sono i soggetti a rischio di terapia intensiva e di morte. Sono gli unici però a correre questi rischi: nelle fasce d’età più giovani se anche ci si contagia, o si resta asintomatici o si guarisce in fretta.


E allora, vale la pena questo disastro economico, culturale, umano? La soluzione di isolare e tutelare gli anziani e lasciare che il resto della popolazione viva, lavori, studi è così difficile da prendere? Sarà questa sensazione di precipitare in un abisso oscuro, sarà che anche negli altri Paesi, che adottano soluzioni simili all’Italia, sarà che anche il prossimo lockdown totale non servirà a niente perché appena la gente ricomincerà a muoversi il contagio riprenderà… Credo che si dovrà arrivare a una decisione coraggiosa.
Emanuela Bragolusi

Cara Emanuela,

confesso che leggendo la sua lettera mi sono stropicciato gli occhi un paio di volte, convinto di aver visto male. Difficile, infatti, se non impossibile, credere che lei abbia scritto con tranquillità «che il mondo occidentale sta crollando a causa degli anziani». Davvero lei pensa che la colpa di ciò che sta accadendo negli ospedali, nelle scuole e nelle aziende, sia da attribuire alla «parte più vecchia della popolazione»? E che in fondo siano solo questi soggetti, ovvero i settantenni e gli ottantenni, a rischio di terapia intensiva e di morte? Perché «nelle fasce d’età più giovani se anche ci si contagia, o si rimane asintomatici o si guarisce in fretta».

Beh, credo che lei stia semplicemente banalizzando il problema, sottovalutandolo in modo preoccupante e le spiego perché.
Primo: non è assolutamente vero che i giovani «se» si contagiano (metto tra virgolette se perché non c’è da introdurre alcun dubbio: i giovani si contagiano al pari degli anziani e anzi, forse di più, perché frequentano molte persone) rimangono asintomatici o guariscono in fretta. Conosco persone giovani che si sono ammalate, contagiate da un figlio che ha preso il coronavirus e non sono affatto rimaste asintomatiche, né sono guarite in fretta.

Nonostante qualche aspirante scienziato in cerca di popolarità televisiva abbia dichiarato nei talk show che il Covid era poco più di una normale influenza, a oggi nessuno è in grado di dire con certezza quali danni lasci ai polmoni, al cuore e ad altri organi interni. Ho letto resoconti di persone giovani che si sono ammalate e sono devastanti.

Dunque, credo che prendere sotto gamba il coronavirus in quanto giovani sia una leggerezza che si paga cara e che si fa pagare spesso anche ai propri familiari, che magari sono quarantenni o anche cinquantenni e, viste le attese di vita che ci vengono attribuite e per le quali gli italiani sono costretti a lavorare fino a quasi 70 anni, non definirei vecchi. Quando in tv sento qualche presunto esperto dire che in fondo la mortalità da Covid riguarda gli anziani, mi imbestialisco e non perché io abbia superato i 60 anni, ma perché penso che sia un messaggio pericoloso, un invito rivolto ai giovani a ignorare le misure precauzionali, fregandosene delle conseguenze.

Secondo problema. Lei scrive: «Vale la pena questo disastro economico, culturale, umano?». E suggerisce «di isolare e tutelare gli anziani, lasciando che il resto della popolazione viva, lavori, studi». È una decisione così difficile da prendere, si chiede e mi chiede. Beh, le rispondo subito. Sì, è una decisione maledettamente complicata per una serie di motivi che le spiego brevemente. Il principale è ovvio: settantenni e ottantenni, ancorché in salute, hanno gli stessi diritti che la Costituzione riconosce ai ventenni o ai quarantenni e dunque non possono essere segregati in casa, anche se gli arresti domiciliari sono irrogati a fin di bene e per tutelarne la salute. Lasciamo perdere le implicazioni psicologiche di chi, abituato a vedere figli e nipoti, è costretto all’isolamento. E trascuriamo pure le ricadute fisiche, cioè il divieto di passeggiare, di stare all’aria aperta, che è consigliato dai geriatri per mantenere una certa tonicità.

Ma poi, oltre alle questioni di diritto che concedono a qualsiasi cittadino, a prescindere dalla razza, dal sesso, dagli orientamenti politici e anche dall’età, un trattamento uguale davanti alla legge, e dunque presumo anche di fronte al medico, c’è una questione di sostanza. Lei crede che chiudendo in casa qualche milione di persone avrebbe risolto il problema? Le spiego subito perché non sarebbe così. In Italia ci sono 300.000 anziani che vivono nelle Rsa, ossia nelle case di riposo. Non escono e ricevono a stento la visita dei parenti, soprattutto ora. Tuttavia, nonostante sia loro imposta la reclusione, non sono stati indenni dal Covid.

Almeno un quarto dei decessi registrati in Italia lo si è avuto proprio nelle residenze sanitarie per anziani. Nonostante fossero strutture isolate, il virus è entrato anche lì, perché le infermiere e le assistenti non sono monache di clausura, ma hanno una famiglia, dei figli, vanno al supermercato e prendono i mezzi pubblici e dunque, proprio come chiunque, si possono contagiare.

Non è finita: nel nostro Paese ci sono circa un milione e mezzo di anziani che sono assistiti a casa dalle badanti. Anche se tutti fossero rinchiusi, potrebbero comunque ammalarsi, perché le donne che li accudiscono, proprio come le infermiere e le inservienti, escono di casa, vanno a fare la spesa e salgono sull’autobus. Dunque, oltre che incostituzionali, gli arresti domiciliari per la «parte più vecchia della popolazione» non servirebbero proprio a nulla, perché l’epidemia continuerebbe la propria corsa e mieterebbe altri morti anche se gli anziani fossero tappati dentro quattro mura. E non cito il milione di persone non autosufficienti che vive in casa, con i propri familiari.

Come vede, ho tralasciato un argomento etico e cioè il rispetto che si deve a una persona che, sebbene in pensione, ha lavorato, faticato e consentito all’Italia di crescere e di diventare una grande nazione. È un argomento che attiene alla sensibilità delle persone, che purtroppo non tutti hanno. In conclusione, cara Emanuela, le voglio dire che non esistono scorciatoie e il messaggio che lei, ma anche tanti medici da televisione, lanciano, dicendo che il Covid riguarda «solo i vecchi» è molto pericoloso, perché ai vecchi qualcuno il virus lo ha attaccato. A volte inconsapevolmente. Altre consapevolmente, giocando con la propria vita e con quella degli altri.

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