Il monopattino è la sintesi perfetta di un certo modo di governare il Paese. Si fa una legge sull’onda di un’esigenza, ma nessuno si occupa dell’applicazione pratica. Risultato: il caos.
Vi prego, fermate i monopattini: saranno anche utili per migliorare la qualità dell’aria, perché riducono la circolazione di auto e motorette inquinanti, ma nuocciono gravemente alla salute dei pedoni e degli stessi conducenti. Nella sola Milano, a settembre, in appena una ventina di giorni, si sono registrati 51 incidenti e, contando quelli dei mesi di luglio e agosto, quando la città in genere si svuota, si arriva a 130 in una novantina di giorni.
In pratica, viaggiamo su una media quotidiana di un paio di sinistri, alcuni dei quali si concludono con una persona in rianimazione. Già, perché nel migliore dei casi chi sfreccia a 30 all’ora su piste ciclabili, strade e marciapiedi, finisce per terra a causa di una buca o di un ostacolo, ma si rialza con poche escoriazioni e qualche botta. Nel peggiore finisce al Pronto soccorso, perché si è scontrato con una macchina o, addirittura, con un camion.
I conducenti di questi minimissili a due ruote (la velocità dichiarata è, come dicevo, di 30 chilometri l’ora, ma non di rado vanno più spediti, perché basta una piccola modifica per consentire al motore elettrico di spingersi oltre) credono di poter andare ovunque. Non si sentono in dovere di rispettare il codice della strada, ma liberi di procedere come gli pare. Infatti, in molti scorrazzano sul marciapiede, in quanto nello spazio riservato al passeggio è difficile trovare buche o auto che spuntano all’improvviso.
L’altro giorno ho visto una simpatica famigliola composta da madre, padre e figli che procedeva felice sul marciapiede schivando i pedoni. Il capofamiglia, da vero capo branco, apriva il varco fra la folla, i ragazzi seguivano e la madre chiudeva la colonna. In equilibrio sulle due ruote, la maggioranza di questi nuovi bipedi che popolano le città indossa le cuffiette wireless (cioè senza fili) del telefonino e sfreccia nel traffico cittadino ignorando tutti e tutto, in particolare il pericolo. Con due tappi nelle orecchie (le cuffie, per consentire un ascolto migliore della musica, isolano chi le indossa dal rumore esterno) i guidatori sfidano chiunque intercettino, che si tratti di un tizio che si appresti a incrociarli in senso contrario o di una macchina che li affianchi.
Come ovvio, nessuno dei bipedi provvisti di due ruote e un piccolo manubrio è dotato di casco: la libertà di correre e di sentire l’aria fresca non può essere limitata. Ma oltre alla protezione, manca anche l’assicurazione, per cui se un ragazzo in monopattino vi travolge sul marciapiede (dove spesso transitano in quanto la sede stradale, a volte, invece di essere asfaltata è lastricata, con grave disagio delle due routine del monopattino, che essendo sprovvisto di ammortizzatori è costretto a procedere a saltelli) sono fatti vostri, ammesso che riusciate a fermarlo e identificarlo.
Sì, si rischia di essere investiti o anche semplicemente urtati da tizi, nemmeno sottoposti all’alcol test, senza sapere chi dover ringraziare, se non il legislatore che ha introdotto questa novità nella circolazione urbana. La situazione è anche peggiorata da quando il Parlamento ha varato le modifiche al codice della strada che consentono alle due ruote di procedere contromano. Già era il caos, perché anche i ciclisti non sono particolarmente abituati a rispettare i sensi di marcia e neppure le corsie preferenziali, ma ora sarà anche peggio.
Un pedone che attraversi una strada a senso unico dovrà guardare da due lati, perché anche se la strada ha un’unica direzione da adesso dovrà accertarsi che non ci sia un silenzioso killer in arrivo dal lato opposto. Lo stesso dovranno fare gli automobilisti, che procedendo in una via con una sola corsia potrebbero trovarsi all’improvviso davanti un veicolo autorizzato a procedere in senso contrario.
E nel caso di incidente, con il pedone o con una vettura, di chi sarà la responsabilità? Concorso di colpa, perché tutti e due i conducenti viaggiavano correttamente, ma non sono riusciti a evitare la collisione? Oppure la multa sarà fatta al pedone, perché non ha controllato bene prima di attraversare? E nel caso del tizio sulle due ruote elettriche, come pagherà, visto che non ha né targa, né assicurazione?
Sì, insomma, ci siamo capiti: chi ha introdotto il monopattino deve avere un mini cervello. Vi chiedete perché dedichi tanto spazio e addirittura l’editoriale di Panorama a un problema tutto sommato marginale e riconducibile a una questione di traffico urbano? Ve lo spiego subito. Il monopattino è la sintesi perfetta di un certo modo di governare il Paese. Si fa una legge sull’onda di un’esigenza: in questo caso la necessità di ridurre l’inquinamento e di dirottare, causa Covid, un po’ di passeggeri dai mezzi pubblici a quelli privati ma senza far aumentare il numero di auto e moto che si spostano in città.
Dunque, come fece il sindaco di Milano, Beppe Sala, si invitano le persone a inforcare le biciclette e, siccome non tutti sono atleti e nemmeno abitano nella Ztl, anche i monopattini. L’esecutivo poi ci mette del suo, varando un bonus per l’acquisto delle due ruote. Naturalmente, come capita spesso in Italia, si fa la legge ma nessuno si occupa dell’applicazione pratica.
Dunque a oggi, non solo il bonus non è ancora arrivato e dunque si può parlare di una truffa governativa in quanto non è stato neppure creato il portale per richiedere indietro i soldi, ma neppure ci si è posti il problema delle ricadute pratiche derivanti dalla circolazione dei nuovi mezzi. Risultato: il caos.
Mi risulta che a Milano i vigili nell’ultimo mese abbiano staccato centinaia di multe, ma lo spettro della sanzione non ferma il popolo delle due rotelle a motore, che spesso, essendo sprovvisti di altre rotelle, ignorano non solo il pericolo, ma pure la contravvenzione. Molti di loro non posseggono case o auto, talvolta neppure stipendio, in diversi casi sono stranieri, dunque non possono essere raggiunti dalla mano della legge, né da quella dell’Agenzia delle entrate che reclama il credito. I monopattini sono dunque l’emblema della confusione e dell’anarchia verso cui corre il Paese: contromano o sul marciapiede è la legge del più furbo o del più incosciente.
