Anche questa pratica feticista, soprattutto maschile, ha il suo boom in Rete. E sono decine di migliaia gli iscritti a siti dove donne
e giovanissime esibiscono, a pagamento, le loro estremità. E spesso il confine tra gioco sexy e dipendenza patologica sfuma.
«La prostituzione è superata. Il nuovo mestiere ruota intorno al feticismo» Non usa mezzi termini Veronica Q., «mistress» romana a tempo pieno e già autrice di due libri autobiografici. La sua storia di «dominatrice» è molto simile a quella di decine di italiane e straniere che hanno abbandonato appartamenti di lusso e menu erotici per dedicarsi ad assecondare le perversioni di feticisti in carne e ossa, ma soprattutto online.
Al centro di tutto ci sono le estremità, o meglio i piedi. Amati in tutte le loro accezioni: grandi, piccoli, con dita affusolate, magari smaltate, ma anche con cavigliere ed anelli, nudi o con le scarpe più disparate. «I piedi » riflette Marta, che da escort ha intrapreso la carriera di mistress due anni fa, «si prestano a pratiche fra loro diversissime. Il loro culto si declina attraverso un ventaglio incredibile di opzioni. Si va da chi chiede solo di annusarli, e pretende che abbiano un odore pungente, a chi vuole invece baciarli e leccarli. Sono pochissimi quelli che domandano di essere masturbati. Molti di più quelli, almeno per la mia esperienza, che supplicano di essere usati come zerbini o pagano cifre astronomiche per leccare suole e sniffare solette».
Per quanto sia difficile tracciare un identikit standard del feticista, recenti studi attestano come circa il 35% degli italiani confermino di provare grande interesse per le estremità femminili. «Da sempre il feticismo viene inteso come l’origine di tutte le perversioni. È una predilezione soprattutto maschile, perché sono una minoranza le donne che necessitano di questa chiave d’accesso all’erotismo. Oggi i siti dedicati alle varie “parafilie” sono tantissimi e molto specifici. Creano comunità, e spesso fanno sentire meno soli i membri», riflette la professoressa Chiara Simonelli, docente universitaria e sessuologa, autrice di numerosi saggi fra cui Le perversioni sessuali (Franco Angeli).
Migliaia anche i gruppi dedicati sui social. Su Telegram fra i più quotati spuntano «Piedi Donne Feticismo Ragazze» con oltre 18.000 iscritti, «Padrona Piedi» con quasi 11.000 seguaci, «Feticismo Italia» con 5.000 o «School Girl Feet» con 1.400. Sono, questi, dei luoghi privilegiati per lo scambio di immagini e la presa di contatti diretti. Ci si trova di tutto: fotografie, video, annunci di dirette. Gettonatissimi gli scatti dove le porzioni di piedi sono furbescamente cancellate. Per avere le immagini complete è necessario versare alle dirette interessate gli indicati «bacini» (termine in gergo per euro).
Ad animare questi ritrovi storie diversissime. C’è chi integra lo stipendio, chi ne ha fatto un’arte, chi invece un gioco. Ma in tempi di pandemia, qui si arriva anche per disperazione. È il caso di Manuela, che vive in provincia di Como, lavora in un negozio della sua città e nel 2019 ha conosciuto per la prima volta la cassa integrazione: «Non sono mai stata ricca» racconta, «ma neanche povera. Il Covid-19 ha stravolto la nostra famiglia. Mio marito stava a casa, io pure. I soldi non arrivavano. Ho cercato online dei modi semplici per fare soldi e ho trovato questa strada. Mi tengo i vestiti addosso, non mi vendo, e guadagno mostrando una parte del mio corpo che a mio marito non interessa. A volte facciamo i video insieme. Guadagno circa 300 euro alla settimana, perché non faccio incontri di persona né in diretta. Potrei arrivare a molto di più, ma non mi interessa. Per ora va bene così».
Diverso il discorso per le lolite. Protagoniste di una sezione specifica del feticismo, e molto gettonate per «gli odori ormonali dei loro piedini» – come ha specificato un appassionato – si ingegnano attraverso il mondo dei social, abbandonando metodi artigianali per sostenere l’autostrada del web. «Ho iniziato» ricorda la bionda Rebecca, 18 anni appena compiuti, genovese, «perché lo faceva una mia compagna di classe. Vedevo che aveva più soldi del solito, e quando le ho chiesto da dove venissero mi ha mostrato il suo account su TikTok e delle chat dirette con alcuni uomini. C’era da perdere la testa. La pagavano 30/40 euro per delle foto dei suoi piedi. Mi è sembrata una follia. Il pensiero successivo è stato: lo faccio anche io».
Il meccanismo – lo spiega come se fosse la cosa più naturale del mondo – è relativamente semplice. «Ho aperto un profilo personale e uno pubblico. In quello pubblico postavo delle foto parziali o fintamente innocenti, fondamentali per procacciarmi i clienti che poi approdavano sulla mia pagina privata, dove invece postavo delle foto con i piedi in risalto, ma senza delle vere e proprie pose. In questo modo potevo monitorare puntualmente le persone che mi seguivano, e ancor di più creare un rapporto personale con i più facoltosi o semplicemente i più appassionati».
Uno stratagemma molto diffuso e fondamentale per approdare alla meta: la compravendita in privato, avamposto della creazione di un tariffario personalizzato e un rapporto pressoché quotidiano. «Gli amanti dei piedi non farebbero mai male a nessuno» conclude Rebecca. «Ma sono davvero molto esigenti: una volta un cliente ha smesso di seguirmi perché secondo lui mi avevano tagliato le unghie troppo corte. Un altro invece mi ha chiesto di non togliere i calzini per due giorni e di spedirglieli. Era un acquirente abituale, mi ha mandato 300 euro. Con quei soldi mi sono comprata una borsa».
Se Rebecca prima di andare all’università ha deciso di chiudere tutti i suoi account, diverso è il discorso per Marcella T., 22 anni, studentessa di Storia a Milano. «Mi devo mantenere» spiega. «Ogni settimana fra scatti e video privati arrivo a 1.000 euro. La mia conquilina ne guadagna 800 al mese spaccandosi la schiena tutti i giorni in pizzeria, e non capisco perché non lo faccia anche lei. Metti una foto sui social, metti un annuncio su internet, e vieni sommersa da richieste. È come se gli uomini non aspettino altro. A volte penso anche di rubarli, tutti i soldi che mi danno».
Il fenomeno delle «baby-p» (come alcune si sono battezzate amichevolmente fra di loro) è naturalmente più complesso di quello che possa sembrare, e mette insieme da un lato il contemporaneo essere disinibito delle teenager, ma anche la convinzione che il corpo possa essere scomposto e venduto nelle sue porzioni a fini economici. Approfittando dei molteplici canali dove l’offerta si fa no-stop.
«La disponibilità continua di stimoli» commenta Giulio Perugi, psichiatra e docente dell’Università di Pisa, «spesso spinge i più predisposti a comportamenti patologici, invasivi e ripetitivi, che trascinano nel baratro dell’”addiction”. Trovare il confine fra il patologico e quello che possiamo definire normale si fa così complesso. La differenza viene indicata proprio nella dipendenza, che innesca meccanismi patologici. Il discorso è simile a chi beve ogni tanto del vino a cena, e chi invece non riesce a iniziare una giornata senza un bicchierino».
Un po’ come accaduto a P., scrittore romano che ha dilapidato l’eredità familiare fra incontri bollenti, acquisti di stock di scarpe usate e «tutto quello che ha a che fare con i piedi. Non riuscivo a fermarmi. Fino a quando non mi hanno chiamato dalla banca». Il prezzo che il feticista oggi è chiamato a pagare non è solo economico, e legato all’imperante tabù sociale, ma anche sentimentale. «Per fortuna» riflette la scrittrice Berarda Del Vecchio, autrice del libro L’adorazione del piede (Castelvecchi) «il feticismo è stato un po’ sdoganato. Viverlo in maniera più consapevole e libera porterebbe a una maggiore conoscenza di sé, ma anche una migliore comunicazione con il partner».
Una comunicazione interiore che a volte viene sublimata nei confronti di grandi star. Eclatante il caso di Uma Thurman, diventata la dea dei feticisti dopo il ballo in Pulp Fiction firmato da Quentin Tarantino (fiero e orgoglioso esponente della categoria). O la nostra Emma Marrone che ha svelato: «Adoro i feticisti. A volte mando loro le foto dei miei piedi».
