Gli aspiranti magistrati che barano alla prova d’esame (complici, gli stessi esaminatori). O gli «orrori» scritti ai concorsi. Poi uno perde fiducia nella giustizia…
Li ha traditi un errore banale. Hanno mandato la mail a un indirizzo sbagliato. E così s’è scoperto che stavano cercando di truccare il concorso per diventare magistrati. Uno dei commissari, Francesco Astone, professore a Messina, è ora indagato con l’accusa di abuso d’ufficio. Secondo la Procura di Roma era pronto ad agevolare la promozione di un candidato. Lo avrebbe riconosciuto da un segno particolare sulla prova d’esame. Le mail che si stavano scambiando dovevano, per l’appunto, definire il segno. E il resto dell’accordo.
Non è la prima volta che succede, purtroppo. Qualche tempo fa il sostituto procuratore di Napoli, Clotilde Renna, era molto preoccupata per una sua pupilla. In effetti quest’ultima aveva presentato una prova pessima. Il magistrato pensò allora di entrare nottempo nella sede della commissione esaminatrice e di sostituire la prova pessima con una prova ottima. Ma anche in questo caso fu tradita da un errore banale: per essere scrupolosa volle infatti fotocopiare il documento ma sbagliò a impostare il numero di copie. Ne mise uno altissimo. La fotocopiatrice cominciò a stampare all’impazzata. Poi si fermò di colpo. E la sciagurata non si accorse che era finita la carta. Al mattino quando l’ufficio riaprì, la carta fu ricaricata. Dalla macchina uscirono le copie tarocche. E tutti capirono…
La domanda è: se non ci fossero stati quegli errori banali, l’invio sbagliato e la fotocopiatrice impazzita, quei due candidati (con buona probabilità scarsi) sarebbero diventati magistrati? Evidentemente sì. E da quel momento avrebbero avuto l’incarico di far rispettare la legge. Avrebbero cominciato a impartire punizioni, avrebbero cominciato a mandare in carcere i trasgressori. Avrebbero impersonificato, insomma, quella giustizia (sedicente uguale per tutti) che ogni giorno si amministra nei tribunali. Ma con quale credibilità? Con quale autorevolezza? Come avrebbero potuto emettere sentenze in nome della legge, avendola violata, quella legge, per diventare magistrati? Come si fa a essere rappresentanti della giustizia in virtù di un’ingiustizia?
Magari si tratta di casi isolati. Lo speriamo. Ma il dubbio resta: se non ci fossero stati quegli errori banali, quei casi li avremmo scoperti? E quanti casi rimangono nascosti? Sia chiaro: la stragrande maggioranza di chi viene ammesso alla magistratura lo fa in modo corretto e, una volta superato l’esame, onora la toga con capacità e sacrificio. Come si fa, però, a non interrogarsi su un Paese in cui anche chi vuol diventare tutore della legge comincia violando la legge? Ci si chiede spesso il motivo per cui i cittadini hanno perso fiducia nella giustizia. Ecco: forse non c’è bisogno di scomodare grandi riforme e massimi sistemi. Basterebbe ripartire dalle basi. Vero ministro Nordio?
E, fra le basi da riconsiderare, c’è anche la preparazione degli aspiranti magistrati, non soltanto la loro dirittura morale. Impossibile non ricordare che all’ultima prova di ammissione, quella del maggio scorso, su 3.797 candidati solo il 5,7 per cento è stato ammesso all’orale perché gli altri hanno riempito gli scritti di clamorosi strafalcioni di diritto e pure di italiano. Possibile? Nel 1993 uscì un gustoso libretto Stupidario giuridico con le bestialità raccolte fra le toghe. Si leggeva di pubblici ministeri che parlavano di «gravissimi capi di amputazione», che interpellavano il «testimone oculistico», che denunciavano «l’incendio doloroso» o il «tragico epigono». «Ha avuto un ictus di follia, l’ha colpito con un oggetto controundente (molare o incisivo? Non si sa, ndr) e poi è scappato a gambe elevate». «Detto inter nobis i tre sono entrambi colpevoli». «Ha tentato di illudere la sorveglianza, ne hanno fatto il capro respiratorio ma ora le polemiche si sono assopite». Abbiamo riso tutti. Ma possibile che poi, da allora, nulla sia cambiato, se non in peggio?
Ricordo una polemica del 2008, 15 anni fa: in un concorso per magistrati erano stati scoperti temi pieni di «l’addove», «comuncue», «risquotere» senza contare quel candidato che aveva confuso la corte dell’Aja con quella dell’Ajax (per non dir di quella del Vim Liquido). E tutti allora si stracciarono le vesti: faremo, cambieremo, miglioreremo. Invece siamo ancora qui, sempre allo stesso punto, a riempirci la bocca di parolone sulle grandi riforme da fare, mentre gli aspiranti magistrati tentano di corrompere i commissari o, nella migliore delle ipotesi, dimostrano la loro ignoranza, confondendo il Gip con la Jeep. Con il risultato di trovarci poi nei tribunali dinanzi a giudici che emettono sentenze pirotecniche. Come quella indimenticabile nei confronti di una malcapitata cassiera: il ladro ti spara? Colpa tua che hai urlato troppo. La cosa triste è che, a questo punto, non c’è nemmeno troppo da stupirsi… n
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