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La discarica e il politicus erectus

La discarica e il politicus erectus

La gestione dei rifiuti in Italia è più che mai carente. Chi amministra la cosa pubblica non dovrebbe pensare solo al consenso, ma avere il coraggio di scelte impopolari.


In grande sintesi con un investimento di 4,5 miliardi di euro si risolverebbe il problema della gestione dei rifiuti in Italia. Cioè, con un quarto dei 18 miliardi con cui il nostro Paese finanzia i sussidi legati ai combustibili fossili, altamente dannosi. Ce lo dice un «Position paper» elaborato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con A2A che è notoriamente la più grande società italiana che si occupa di molte cose ma in particolare dell’energia.

Sapete perché siamo arrivati a questo punto che poco oltre descriveremo con tanti dati? Perché a proposito dei rifiuti, così come a proposito di molti altri problemi (tanto per fare un esempio l’assetto idrogeologico nazionale che produce disastri in larga parte del Paese a ogni bomba d’acqua o, per fare un altro esempio, la costruzione di case antisismiche nelle zone a certissimo rischio sismico individuate ormai con precisione scientifica), in Italia si utilizza la logica della «polvere sotto il tappeto».

È una logica che ha spiegazioni di tipo solo elettoralistico. Questo è il vero populismo politico che accomuna malauguratamente tutte le forze politiche che, nel caso dei rifiuti, non si decidono a collocare gli impianti per paura di perdere voti, invece, per le questioni dell’assetto idrogeologico e della costruzione di case antisismiche, non si decidono a farlo perché ambedue non avrebbero – essendo investimenti infrastrutturali di prevenzione – un effetto immediato di raccolta del consenso, come dicevamo poco sopra.

Non occorre sottolineare la gravità di questo modo di fare politica che non solo, come amava dire Carlo Rosselli – socialista liberale ucciso in Francia col fratello Nello per incarico di mandanti del regime fascista – di un buon politico il «coraggio delle generazioni», ma non hanno neanche il coraggio delle settimane, dei mesi e degli anni. È un modo di gestire la cosa pubblica che ricorda l’uomo preistorico che non aveva ancora assunto la posizione eretta, guardava solo per terra e non riusciva a vedere l’orizzonte. Più che l’homo erectus, in Italia ci vorrebbe il politicus erectus che guardi oltre il suo naso e si preoccupi appunto di fare ciò che è utile al Paese e non solo alla raccolta del suo più o meno scarno consenso.

Gli investimenti di cui abbiamo parlato sono necessari per risolvere il problema dei rifiuti costruendo impianti nuovi per il recupero energetico e per la frazione organica, cioè quella parte umida dei rifiuti costituita soprattutto da scarti e rifiuti alimentari nonché dal verde e da ramaglie, cioè potature di parchi e giardini: tutti rifiuti che hanno la caratteristica di essere biodegradabili, cioè trasformabili direttamente dalla natura con un intervento minimo dell’uomo. La realizzazione di questi impianti porterebbe con sé un indotto di 11,8 miliardi di euro, con un gettito per lo Stato (tasse) di 1,8 miliardi di euro e una riduzione della Tari per le famiglie superiore a 550 milioni di euro.

Inoltre, tutto questo porterebbe a una riduzione di 3,7 milioni di tonnellate di emissione di CO2, cioè di anidride carbonica che è pari al totale di tutte le emissioni del settore manifatturiero della produzione del metallo, del ferro e dell’acciaio. Un altro dato che può essere utile alla comprensione di questo fenomeno è che a oggi il 60% dei tempi per la realizzazione degli impianti è assorbito dalla fase di progettazione e di autorizzazione, cioè su un anno si perdono circa sette mesi per i tempi burocratici e cinque per costruzione. Una follia. Inoltre, bisogna anche considerare – è sempre il citato rapporto che ce lo dice – che entro i prossimi tre anni si esaurirà la capacità di ricevere rifiuti da parte delle attuali discariche italiane.

Nel frattempo, ovviamene, le mafie ci marciano alla grande. Solo per fare qualche esempio: sul nostro territorio ci sono ancora 200 discariche abusive, la Campania non è in linea con gli standard europei per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, siamo indietro rispetto alla conformità delle infrastrutture di trattamento delle acque reflue, per non parlare poi delle già citate frazioni organiche che, se trattate secondo tecnologie avanzate, avrebbero la potenzialità di generare fino a 768 milioni di metri cubi di biometano, più del 10% del potenziale produttivo italiano. Il quadro rende chiara l’urgenza di come la famosa transizione ecologica si debba concentrare su obiettivi concreti, tra cui sette nuovi impianti di termovalorizzazione dei rifiuti urbani da ultimare in tempi record. Vediamo se è la volta buona.

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