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Laurito: «Sogno ancora quelli della notte»

Laurito: «Sogno
ancora quelli della
notte»

L’attrice ripercorre la sua vita, dalla trasmissione rivoluzionaria con Renzo Arbore alle cene in casa con Federico Fellini e Francis Ford Coppola. E ora, a dispetto del condizionamento social degli influencer, abbraccia il teatro…


Sono lontani i tempi del fidanzato Scrapizza, invocato alla trasmissione tv Quelli della notte in divertenti scenette che resero famosa Marisa Laurito come cugina di Arbore («una geniale invenzione di Renzo»). Lontanissimi: dal 1985 in cui «lo sapeva Neruda che di giorno si suda» e la svalvolata banda arboriana costringeva gli italiani in giro a tornarsene a casa alle 23 (il pubblico anziano già dormiva) per godere di una comicità mai vista su Mamma Rai, il mondo è cambiato. Non sappiamo se va al contrario, come sostiene il generale Vannacci, certo non ha nulla da spartire con quell’epoca. Eppure, parlando con Marisa Laurito, attrice a tutto campo, cabarettista, cantante, organizzatrice culturale, non si può fare a meno di tornare a quei fasti.

La sorprenderemo: non parliamo subito di Quelli della notte, ma del presente. Cosa fa Marisa Laurito?

Non sto ferma un minuto, a 72 anni mi ritrovo addosso l’energia, quasi, di una ragazza. A Napoli dirigo il Trianon Viviani, un teatro storico che dopo un periodo di ombra è rinato come palcoscenico della canzone partenopea. Una realtà culturale, non folcloristica, in una città vivace, che ha ben 57 teatri, più di Roma e Milano. La canzone napoletana risale al Quattrocento, poi ha vissuto il periodo delle villanelle e dal Novecento è un genere con grandi nomi, da Murolo, a Totò, Libero Bovio, Pino Daniele.

Manca un Sanremo della canzone napoletana.

C’era qualcosa di simile negli anni Cinquanta. Sì, ci vorrebbe un bel festival, con premi e tutto. Chissà, potrebbe essere un’idea.

Arbore è venuto ad applaudire?

Ancora no, spero arrivi in questa stagione, inizia con un concerto benefico per raccogliere fondi in aiuto dei musicisti di Faenza, colpiti dall’alluvione. Renzo è un esperto, si divertirebbe.

Ed eccoci a Renzo, il «faro» di una vita.

Lei scherza, ma è davvero così. Non fosse stato per Arbore, e ancora di più per Luciano De Crescenzo, che me lo presentò, la mia vita sarebbe stata diversa. Non dico peggiore, nessuno sa che strade prenda il destino, ma diversa certamente.

Come andò il reclutamento?

Per me fu un salto nel buio. La trasmissione poteva rivelarsi un disastro. In quell’orario di seconda serata nessuno aveva ancora sperimentato. E io non venivo dalla strada, ero al Bagaglino di Pingitore, ben avviata, in carriera. Prima avevo lavorato con Eduardo De Filippo, un grande che spiavo da ragazza, con il batticuore, quando usciva dal teatro San Ferdinando, nella speranza che mi notasse. Successe una cosa magica: mi diede la possibilità di avere un’audizione proprio nel giorno del mio ventunesimo compleanno. Ero maggiorenne, i miei, che non vedevano di buon occhio la mia passione per lo spettacolo, non potevano più opporsi.

Torniamo ad Arbore.

Obbedisco… Volevo solo ricordare che dire sì a Quelli della notte fu una scommessa, altre attrici nella mia posizione avrebbero rifiutato, nonostante il buon nome di Renzo. Mi accorsi subito, alle prime puntate, di aver fatto la cosa giusta. Sa perché fu un successo? Perché tutti noi, da Arbore a Frassica, da Catalano a Pazzaglia, da D’Agostino a Simona Marchini, da Ferrini ad Andy Luotto e Bracardi, ma sicuramente dimentico qualcuno, tutti noi andavamo di improvvisazione, ci divertivamo da pazzi. Non mi rendevo neppure conto di essere davanti alle telecamere, c’era aria di famiglia, di cazzeggio. Invocavo il mio Scrapizza, un tormentone, trascinando la erre che anni prima, nei corsi di dizione, volevano farmi correggere (e che invece ostento con orgoglio ancora adesso). Che grande libertà, che trasmissione rivoluzionaria. Di Arbore non ne vedo più, in giro. Quella nostra satira della società, senza banali connotazioni politiche, oggi non passerebbe indenne sotto le forche caudine della censura di un mondo diventato occhiuto, dove la leggerezza della battuta e il graffio satirico devono rispettare assurdi perimetri che ne spengono la carica di irriverenza.

È un lamento comune tra chi fa spettacolo. Censure e autocensure a parte, come vede la situazione oggi?

In Rai l’influenza della politica è sempre più pesante. Vero, la lottizzazione fa parte della storia del servizio pubblico, c’è sempre stata, ma oggi mi sembra non ci siano più spazi per far emergere nuovi talenti. Noi per esempio non eravamo lottizzati, non agivamo per conto di una regia politica. Ma non vorrei essere troppo pessimista, ci sono sempre ottimi professionisti, come Fiorello, Virginia Raffaele, Fazio (lo seguirò da spettatrice nella nuova collocazione fuori dalla Rai), Myrta Merlino. Dimenticavo un’altra ingombrante novità dei tempi moderni che condiziona lo spettacolo: i social, con gli influencer tipo Chiara Ferragni, le star effimere, l’abbassamento generale del livello.

Ci vorrebbe il professor Pazzaglia, che si lagnava: qui il livello è basso…

Vale soprattutto per la tv, che non frequento molto. Sì, la scorsa primavera ho fatto su Sky Quelle brave ragazze, con Sandra Milo e Mara Maionchi, in sostituzione di Orietta Berti. Mi sono divertita, è stato bello. Ma è appunto un’attività episodica. Le mie forze vanno tutte al teatro, non solo il Trianon, ora per esempio sono in tournée.

Con che cosa?

Con Vasame, l’amore è rivoluzionario. Sono in scena a giorni a Torino, con Enzo Gragnaniello, per la regia di Massimo Venturiello e musica dal vivo. La musica non manca mai.

L’amore è così rivoluzionario?

È importante, per amore si possono fare follie. Io ho fatto un matrimonio lampo, terribile, con il calciatore Franco Cordova. È durato un anno, poi mi sono risvegliata e ho capito che avevo sbagliato. Cordova veniva da un mondo distante dal mio e non condivideva l’idea di libertà e autonomia cui tenevo e tengo. Pazienza, liberi tutti.

E ora?

Sto da ventitré anni con l’uomo della mia vita, Pietro Perdini. Ma a sposarci non ci pensiamo neppure lontanamente.

Non ha avuto figli. Non sono venuti?

Non li ho voluti, una responsabilità che non mi sono sentita di prendere. Non sono pentita, il mondo di oggi mi dà ragione. La mia vera famiglia è lo spettacolo, Renzo, gli amici, i colleghi che frequento, il palcoscenico con la sua fatica e la sua magia.

Si raccontano meraviglie della sua accoglienza: in casa Laurito, a Roma, si mangia benissino, si chiacchiera, si discute animatamente, si ride.

Sono una brava cuoca, ho ricevuto molto in passato. A casa mia, a mangiare il ragù e piatti napoletani, ci sono stati artisti, attori, uomini politici, anche presidenti, come Cossiga e Napolitano. La lista dei miei ospiti è lunga così, va da Guttuso a Francis Ford Coppola a Fellini e naturalmente al circolo Arbore. Ora, però, il teatro mi impegna fuori casa, ricevo meno, ma qualche bella serata con i miei babà non manca.

L’età le pesa? Una volta ha detto che il fisico peggiora e l’anima migliora.

L’ultimo tempo della vita è bellissimo. Tutti sappiamo che la fine si avvicina, inutile remare contro. Con gli anni ho una pacatezza che non possedevo. Ho imparato a contare fino a dieci. Ho cambiato il carattere, mi è venuta la mania della perfezione, dello studio. Gli esami non finiscono mai, è proprio vero. Bisogna cercare di superarli, accettando che l’energia non sarà mai più quella della giovinezza sventata.

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