Panorama torna sulle vicende del magistrato Gugliemo Caristo, del quale ha raccontato la tentata frode nel concorso per uditori del 1994. Come membro del Tribunale dei ministri si trovò – pochi giorni prima della sua espulsione dall’ordine giudiziario – a dover indagare e decidere su un caso scottante che lambiva la più alta carica dello Stato: il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Qualcuno ricorda il magistrato Guglielmo Caristo? Il numero 12 di Panorama ha raccontato la sua brutta storia, vecchia ormai di 27 anni. Nel 1994, Caristo era stato accusato di una tentata frode ai danni del concorso per 320 posti da uditore giudiziario. E il caso era stato chiuso dal Consiglio superiore della magistratura con la punizione più severa: la rimozione dall’ordine giudiziario. Il Csm aveva deciso anche di coprire lo scandalo con un segreto sconcertante. In uno dei verbali dell’epoca, che Panorama ha potuto leggere, il Consiglio aveva addirittura annotato, con evidente soddisfazione per il proprio operato, che «il caso fortunatamente ha avuto scarsissima risonanza pubblica per le attenzioni a questo scopo profuse».
In base a quegli stessi verbali, tutto era cominciato il 18 marzo 1994. Caristo, presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, aveva una figlia che l’indomani avrebbe preso parte allo scritto del concorso da magistrato. Così aveva chiesto a un collega che faceva parte della commissione d’esame, Ezio Michelini, di rivelargli in anticipo la traccia. Michelini, però, l’aveva immediatamente denunciato al Csm.
La commissione disciplinare aveva aperto un’indagine a porte chiuse. Inutilmente due consiglieri laici, l’avvocato radicale Mauro Mellini, «anima nera» di quel Csm, e il costituzionalista Mario Patrono, avevano protestato e chiesto piena pubblicità sullo scandalo. Alla fine dell’istruttoria, il 25 ottobre 1995, Caristo era stato espulso dalla magistratura.
Il punto che dopo un quarto di secolo merita un supplemento d’indagine, però, riguarda l’altro ruolo ricoperto nel 1994 da Caristo: quello di membro del Tribunale dei ministri. Nei verbali del Csm si legge che in quel collegio il magistrato aveva «ostacolato il regolare svolgimento delle udienze». Caristo era stato accusato di «aver tenuto comportamenti inopportuni e non confacenti alla figura del giudice (…) effettuando relazioni lacunose e inadeguate». Il Tribunale dei ministri di cui faceva parte Caristo, in realtà, era stato il luogo cruciale per uno dei più delicati passaggi nella storia della politica italiana, trascinata sull’orlo di una crisi istituzionale dallo scandalo dei fondi neri del Sisde. Lo scandalo era iniziato nel 1993, quando la Procura di Roma aveva accusato di appropriazione indebita alcuni funzionari del Sisde, il servizio segreto civile dell’epoca, per aver sottratto circa 100 miliardi di lire – al cambio di oggi, più o meno 100 milioni di euro – dai «fondi riservati» a disposizione dei ministri dell’Interno degli ultimi vent’anni. Oscar Luigi Scalfaro era stato al Viminale dal 1983 al 1987, quindi era stato lambito dai sospetti.
Il punto è che nel maggio 1992 Scalfaro era salito al Quirinale e divenuto anche presidente del Csm: due anni dopo, ai tempi dell’indagine su Caristo, Scalfaro esercitava quindi un forte potere sulle attività del Consiglio. A coinvolgere il capo dello Stato nello scandalo dei fondi neri era stato il cassiere del Sisde, Maurizio Broccoletti. L’ex direttore del Sisde Riccardo Malpica, finito agli arresti il 29 ottobre 1993, aveva confermato che Scalfaro e il ministro dell’Interno dell’epoca, Nicola Mancino, avevano incassato 100 milioni di lire al mese e gli avevano imposto di mentire ai magistrati. La politica ne era stata terremotata. Il 3 novembre, Scalfaro aveva reagito pronunciando in tv un oscuro discorso (passato alla storia per la frase: «A questo gioco al massacro io non ci sto!») nel quale aveva paragonato le accuse ricevute alle bombe scoppiate mesi prima tra Firenze, Milano e Roma.
Oggi, però, balza agli occhi una coincidenza singolare. Perché Michelini aveva denunciato Caristo al Csm il 18 marzo 1994, ma esattamente 11 giorni prima, il 7 marzo, il Tribunale dei ministri di cui costui faceva parte (gli altri due giudici erano Ivo Greco e Maria Rosaria Euforbio) aveva svolto un drammatico confronto tra Mancino e Malpica. In quello scontro, Malpica aveva accusato il ministro di aver coperto lo scandalo.
Nel verbale, pubblicato a suo tempo nel libro Sisde: parla Malpica del giornalista Dimitri Buffa, Caristo pone alcune domande in cui pare convinto della buona fede dell’ex direttore del Sisde. Qualsiasi fosse la verità, l’imputazione di Mancino s’era poi infranta contro il no del Parlamento, e sul fronte politico l’inchiesta si era arenata. Alla fine del settennato, nel 1999, anche Scalfaro era stato indagato; ma nel gennaio 2001, alla fine d’indagini assai incerte, la sua posizione era stata archiviata.
Oggi è ancor più difficile dire se il Quirinale, nel 1994, avesse avuto un ruolo nell’incolpazione di Caristo da parte del Csm. Interpellato da Panorama, l’ex consigliere Patrono nega di sapere se il magistrato «possa essere stato colpito da manovre». Aggiunge che, se qualcosa del genere è accaduto, solo i membri togati dell’epoca erano in grado di saperlo: «A quei tempi» ricorda Patrono «le correnti della magistratura erano potentissime, molto più di oggi, e alcuni dei capi di quelle correnti erano componenti del Csm». Il segreto su Caristo resterà nel Csm?