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Strage antisemita a Sydney, l’ombra dell’Iran: intelligence israeliana punta su Hezbollah

Strage antisemita a Sydney, l’ombra dell’Iran: intelligence israeliana punta su Hezbollah

Sedici morti e oltre quaranta feriti nell’attacco antisemita più grave degli ultimi decenni fuori da Israele. Per l’intelligence israeliana dietro la strage di Bondi Beach ci sarebbe una cellula straniera sostenuta da Teheran. Canberra frena: indagini ancora in corso.

Il massacro avvenuto a Sydney durante le celebrazioni di Hanukkah, costato la vita ad almeno sedici persone, potrebbe non essere il gesto isolato di lupi solitari. Secondo quanto riportato dal British Telegraph, funzionari dell’intelligence israeliana ritengono che l’attacco sia stato condotto da una cellula terroristica straniera con il sostegno dell’Iran. Le modalità operative utilizzate durante la sparatoria, spiegano fonti israeliane, presenterebbero caratteristiche riconducibili a un’unità di Hezbollah specializzata in operazioni al di fuori del Libano. Gerusalemme sta esaminando anche possibili collegamenti con Hamas e altre organizzazioni jihadiste, senza escludere del tutto la pista dell’Isis. Tuttavia, l’ipotesi considerata più probabile dagli apparati israeliani resta quella di un coinvolgimento iraniano sul piano logistico, finanziario o dell’addestramento, attraverso reti già esistenti e canali di radicalizzazione attivi sui social media. Una strategia indiretta che consentirebbe a Teheran di colpire obiettivi ebraici all’estero mantenendo una parziale plausibile negazione. Le autorità australiane, al momento, mantengono una linea prudente. La polizia non ha ancora diffuso elementi investigativi tali da confermare ufficialmente il coinvolgimento di uno Stato straniero o di un’organizzazione terroristica internazionale. Allo stesso tempo, Israele ha avviato consultazioni strategiche e di sicurezza per individuare eventuali mandanti. Negli ultimi mesi, del resto, i servizi israeliani avevano lanciato avvertimenti sulla possibile preparazione di infrastrutture terroristiche iraniane destinate a colpire comunità ebraiche in Australia. Se dovesse emergere una responsabilità diretta di Teheran, sottolineano fonti di sicurezza, la risposta israeliana sarebbe «inevitabile», in linea con la dottrina di deterrenza adottata negli ultimi anni. Nel frattempo, Canberra ha rafforzato le misure di sicurezza. Un portavoce della polizia ha confermato l’avvio di un’operazione straordinaria a tutela della comunità ebraica: oltre 300 agenti sono stati dispiegati davanti a sinagoghe, scuole e nei quartieri a maggiore presenza ebraica.

Le indagini hanno già chiarito un elemento chiave: gli autori dell’attacco erano padre e figlio. Secondo l’emittente ABC, si tratta di Naveed Akram, 24 anni, rimasto ferito durante la sparatoria, e di suo padre Sajid Akram, 50 anni, ucciso sul posto. Entrambi erano in possesso di armi detenute legalmente. Sulla scena sono stati rinvenuti anche due ordigni esplosivi attivi, successivamente neutralizzati dagli artificieri. Sajid Akram era arrivato in Australia dal Pakistan nel 2019 con un visto per studenti. Il figlio Naveed, cittadino australiano nato nel Paese, era stato indagato nello stesso anno dall’intelligence interna per presunti legami con ambienti ostili, ma al termine degli accertamenti non era stato ritenuto pericoloso. Il bilancio umano resta drammatico. A distanza di oltre 24 ore dall’attacco, oltre ai sedici morti, 42 persone risultano ancora ricoverate in ospedale; sei sono in condizioni critiche e altre sei in condizioni gravi ma stabili. La strage di Bondi Beach è considerata l’attacco antisemita più letale al di fuori di Israele degli ultimi decenni e il più grave contro obiettivi ebraici all’estero dall’offensiva di Hamas del 7 ottobre 2023.

Strage antisemita a Sydney, l’ombra dell’Iran: intelligence israeliana punta su Hezbollah

Sul piano politico, le tensioni sono esplose apertamente. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato l’Australia di aver contribuito a creare un clima di odio, affermando che il Paese «ha gettato benzina sul fuoco dell’antisemitismo». Netanyahu ha ricordato una lettera inviata ad agosto al premier Anthony Albanese e, come riportato dal Times of Israel, ha collegato l’attacco alle scelte politiche del governo australiano, incluso il riconoscimento di uno Stato palestinese: «L’antisemitismo è un cancro. Si diffonde quando i leader restano in silenzio. Dovete sostituire la debolezza con l’azione». Durissima anche la reazione dell’opposizione a Canberra. La leader liberale Sussan Ley ha parlato di «chiaro fallimento» nel garantire la sicurezza degli ebrei australiani, denunciando una «mancanza di leadership» e accusando il governo di considerare l’antisemitismo «un problema da gestire, non un male da sradicare». Da qui l’appello ad adottare integralmente le raccomandazioni contenute in un rapporto governativo dedicato alla lotta contro l’odio antiebraico.

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