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Merluzzi, righelli e larve, l’Europa promette meno burocrazia, ma sforna 707 regole assurde

Merluzzi, righelli e larve, l’Europa promette meno burocrazia, ma sforna 707 regole assurde

Invece di affrontare i pericoli che incombono sull’Unione, Bruxelles continua a fare leggi per forma e misure delle viti, reti da pesca e mercato delle larve. Un’inutile burocrazia che opprime imprese e cittadini.

Ursula von der Leyen evoca il «bazooka» per combattere i dazi americani? In Italia, nelle stesse ore, viene trionfalmente pubblicata la decisiva modifica al regolamento sulle «nuove dimensioni di maglia nella pesca del merluzzo bianco». Insomma: mentre si studiano le decisive contromosse, i pescatori continentali sono costretti a munirsi nuovamente di righello. Eventuali sgarri saranno debitamente sanzionati: ogni pertugio dev’essere largo 13 oppure 15,5 centimetri. Né poco di più. Né poco di meno. Vietate lasche interpretazioni. Comunque, sono settimane difficili per tutta la categoria. Per rimanere sulla stessa specie ittica: c’è la direttiva che stabilisce la riapertura della pesca del merluzzo carbonaro nelle acque norvegesi per le barche che battono bandiera francese. E altre stringenti indicazioni per la sogliola, l’occhialone, l’eglefino, la razza ondulata, lo scorfano. 

Decine di regolamenti, decisioni e direttive. Il Vecchio continente vive la più profonda crisi politica di sempre? Governanti e mandarini continuano a spaccare il capello in quattro. Basta un’occhiata, si fa per dire visti gli sterminati papelli, alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Recepisce tutte le decisioni prese in quel di Bruxelles: 707 atti, solo nei primi tre mesi del 2025. C’è di tutto, in quelle migliaia di pagine. Del resto, almeno il 60 per cento delle nostre leggi viene imposto dall’Ue. Eppure, in teoria, sono tutti d’accordo: bisogna sfoltire, tagliare, accorpare. Giorgia Meloni, premier italiana, avverte: «L’eccesso di regolamentazione in ogni settore costituisce un vero e proprio dazio interno». Mario Draghi, venerato ex presidente della Bce e autore del messianico rapporto sulla competitività dell’Unione, quantifica la nefasta sovrabbondanza normativa: «Equivale a un dazio del 45 per cento sui beni manifatturieri e del 110 per cento sui servizi». Anche Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, dettaglia: «Abbiamo costruito a livello europeo 13 mila norme in cinque anni. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti ne hanno fatte 3.500». Persino Von der Leyen, come il boia che dà un buffetto all’impiccato, concorda. Solo a parole, però. Da una parte, la presidente della Commissione europea annuncia un’epocale sburocratizzazione con il «Pacchetto omnibus». Dall’altra, i suoi zelanti burocrati continuano a rimpinzarci di regole e regolette.       

Non c’è argomento su cui i solertissimi evitino di applicarsi con dovizia e pedanteria. Persino «gli strumenti musicali portatili trasportati dai viaggiatori». Al momento, spiega una delle più recenti direttive, sono esenti dai dazi. Tuttavia, spesso «sono trasportati insieme ai loro accessori, nonché ad apparecchi o attrezzature accessorie che non beneficiano delle stesse semplificazioni doganali». Insomma, urge «parità di trattamento» tra chitarra e custodia, batteria e bacchetta, violino e archetto. Giustizia, finalmente, è fatta. Così come per le «viti senza capocchia», incautamente importate dalla Cina. La certosina Ue dettaglia: «Viti e bulloni, anche con i relativi dadi o rondelle, senza capocchia, di ferro o acciaio, escluso l’acciaio inossidabile, indipendentemente dalla resistenza alla trazione, ad esclusione di tirafondi e altre viti per legno, ganci a vite e viti ad occhio, viti autofilettanti e viti e bulloni per fissare gli elementi delle strade ferrate». D’ora in poi, si pagherà. E i dazi possono essere riscossi persino «a titolo retroattivo». Lo spietato Donald Trump, presidente americano che sogna gabelle ovunque, prenda appunti per spunti futuri. Pure le radioline con cui amano giocare i bambini vanno normate. I walkie-talkie dei Paw Patrol, come noto, sono una una conclamata minaccia alla tenuta democratica. Gli interfoni per controllare i bebè a distanza rappresentano un pericolo imminente. Per non parlare degli apparecchietti marchiati «Spiderman», con cui i piccoli sciagurati si parlano da una stanza all’altra.  

A Bruxelles l’allerta è massima. Le norme vanno «armonizzate», per adempiere alla direttiva del 2014 sulla «cybersicurezza». Anche stavolta, c’è poco da scherzare. Altro assillo degli euroburocrati sono i girocotteri, piccoli velivoli sportivi a due posti. Lo scorso gennaio, mentre il mondo continua a tribolare, la Gazzetta sforna un altro apposito regolamento su questi «autogiri»: occorre allora includere «i requisiti per il rilascio delle licenze dell’equipaggio di volo». Viene chiarito, comunque, che bisogna «prendere in considerazione le norme e le migliori pratiche stabilite nei requisiti nazionali».  Insomma, un’altra selva di commi e rimandi per chiarire che si devono seguire le leggi patrie. Notevole anche la decisione pubblicata il 18 marzo 2025. Spiega che vanno armonizzati «i pertinenti requisiti di misurazione e di calcolo per le lavatrici per uso domestico e le lavasciuga biancheria». Così, «laddove tali norme armonizzate si applichino durante la valutazione di conformità di un prodotto, il modello si presume conforme». Elementare, Watson. Dunque, chiarisce la commissione, se rispettano le regole sono davvero in regola. 

Del resto, come dicevano quei vecchi saggi dei latini? Meglio abbondare, giusto? E sulla quantità di superfluo burocratese, nessuno può competere con Ursula e i suoi. Un diluvio di articoli, commi e note a piè di pagina. Nulla sfugge ai funzionari belgi. Il settore agricolo è uno dei più martoriati, per esempio. Oltre alla misurazione dei gas serra per «la coltivazione di materie prime agricole in Germania su suoli organici», spicca per esempio la recente immissione sul mercato della polvere di larve intere di Tenebrio molitor trattata con raggi UV. La delizia già approvata dalla Commissione il 20 gennaio 2025 arriva finalmente anche in Italia, dopo il passaggio sulla Gazzetta ufficiale. Seguono poco invitanti dettagli: la farina di larva sarà dunque usata «per pane e panini, torte, prodotti a base di pasta, prodotti trasformati a base di patate, formaggio e prodotti caseari e composte di frutta e di verdura, destinati alla popolazione in generale». Si aggiunge alle altre leccornie green già propinate dall’Unione: carne sintetica, cheeseburger di grillo e farina di locusta migratoria. 

Sullo stesso numero della Gazzetta ufficiale europea trovano spazio anche le deroghe per i tritaghiaccio nelle gelaterie. Ma anche sulla tintura di ginseng usata come additivo nei mangimi. Certo: in questi anni tante norme dell’Unione sono cambiate, viste le furibonde polemiche. Come quella che imponeva per i cetrioli una curvatura massima di dieci millimetri su una lunghezza di dieci centimetri: requisito indispensabile prima di poter arrivare a tavola. E sono stati graziati anche gli incolpevoli piselli: fino a qualche tempo fa, per essere reputati tali dovevano vantare almeno tre semi nel baccello. L’hanno fatta franca pure i meloni: dopo attente riflessioni, s’è deciso che il peduncolo può superare i due centimetri. Simile moratoria è stata concessa ai carciofi: via libera al gambo da oltre dieci centimetri, che tanto indispettiva i mandarini continentali.

L’ultimo ripensamento riguarda invece il «monitoraggio dell’attuazione del regime di aiuti dell’Unione per la fornitura di frutta, verdura, banane e latte negli istituti scolastici». Bontà sua, la Commissione ha deciso che alcune informazioni obbligatorie sarebbero di dubbia utilità: prezzo medio per porzione, informazioni sulle autorità, eventuali conflitti d’interesse. Gli euroburocrati hanno dunque deciso di contenere furori e supercazzole? Macché. Pensate ai pescatori liguri e toscani, dediti alla pesca del rossetto. Sono un manipolo? Non importa. Le centosedici barche autorizzate nelle due regioni dovranno sottostare a ferree imposizioni, oggetto di un regolamento pubblicato lo scorso tre febbraio. Intanto, serve «un’attività comprovata di oltre cinque anni». Poi, la lunghezza dei natanti non deve superare i quattordici metri. Infine, non deve esserci un «aumento futuro dello sforzo di pesca». Per non parlare delle imposizioni sulla «passera di mare»: adesso è severamente vietata ai testosteronici pescherecci di nazionalità belga. Nemmeno un occhio di riguardo per i connazionali acquisiti.

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