Mentre si cerca di comprendere come la pandemia si sia originata nell’Hubei, Pechino contrattacca e vuol far credere che tutto è iniziato in un luogo chiamato Fort Detrick, Stati Uniti. Mettendo in moto una macchina della propaganda che passa da video, tweet e anche canzoni rap.
Un luogo diabolico, pieno di pentoloni che sobbollono e scienziati malevoli le cui alchimie devastano il mondo. Tocca livelli immaginifici l’operazione con cui Pechino tenta di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica planetaria dai laboratori di Wuhan come causa della pandemia da Sars-Cov-2, per spostarla sugli arcinemici Stati Uniti.
Da quando, in maggio, il presidente americano Joe Biden ha voluto un’investigazione di varie intelligence sull’origine del virus (in soldoni: per riconoscere le responsabilità del famigerato Wuhan Institute of Virology), il Dragone ha messo in moto il suo apparato propagandistico scatenando a sua volta pesanti allusioni e sospetti su presunte responsabilità americane. Una contromossa da arti marziali che punta con forza su un centro di ricerca del Maryland, a un’ottantina di chilometri da Washington DC: Fort Detrick. È quella, giurano, la fonte del male.
Il luogo di per sé si presta. Si tratta dell’istituto di ricerca biomedica sulle malattie infettive dell’esercito degli Stati Uniti (Usamriid) di Fort Detrick, un centro di biodifesa militare. In passato vi si condussero studi su armi batteriologiche e oggi realizza progetti di ricerca per conto di governo americano, università e aziende farmaceutiche, a pagamento. L’attività principale rimane quella di studiare agenti patogeni (come ebola e vaiolo), epidemie e tossine che potrebbero colpire la popolazione civile o i soldati durante una guerra. Vi lavorano circa 900 persone ed è l’unico laboratorio degli Stati Uniti a essere attrezzato per minacce biologiche di livello BLS 4, le più gravi. Nel luglio 2019 è stato chiuso perché, riportava il New York Times, «il centro non aveva sistemi sufficienti per decontaminare l’acqua reflua dai suoi laboratori di massima sicurezza». Oggi risulta essere di nuovo in attività ma non a pieno regime.
Su una struttura del genere non è difficile formulare ipotesi, ed è quanto sta accadendo in Cina, dove si sono sempre tirati in ballo altri Paesi come veri colpevoli della pandemia, Italia compresa. Ma adesso nel mirino c’è il Maryland, Usa. A fine agosto Fu Cong, direttore generale del Dipartimento controllo delle armi (branca del Ministero degli affari esteri cinese), ha detto che proprio lì si sono fatti «oscuri esperimenti» e «gravi violazioni della sicurezza». Mentre l’inviato cinese alle Nazioni unite ha formalmente chiesto che l’Organizzazione mondiale della sanità organizzi un approfondito controllo da parte di ispettori, per svolgere una «investigazione trasparente e con pieno accesso ai laboratori» (cioè quello che a Wuhan non è stato possibile fare, lasciando in sospeso la condanna definitiva).
Ma i canali istituzionali sono solo una parte del battage. È sui vecchi e nuovi media che si affilano le armi di suggestione di massa. Il giornale Global times, controllato dal partito comunista cinese, ha recentemente diffuso la notizia (molto ripresa ma mai documentata) di una petizione online con 25 milioni di firme per fare pressioni affinché gli ispettori dell’Oms entrino a Fort Detrick. In tv si trasmettono programmi in cui si sostiene che la diffusione è iniziata dopo le Olimpiadi militari di Wuhan dell’ottobre 2019, portata da soldati americani che arrivavano proprio dal centro di ricerca nel Maryland.
Sensazioni di angoscia e mistero sono anche lasciate da un recente video mostrato al mondo dalla maggiore agenzia di stampa ufficiale della Repubblica popolare cinese, Xinhua: 8 minuti e 23 secondi intitolati Fort Detrick enigma, fatti passare come materiale YouTube realizzato da semplici cittadini, anche se il sofisticato confezionamento indurrebbe a pensare all’opera di professionisti. Con luci tetre e musiche angoscianti, vi si mettono in scena alcune teorie sulla base americana. Per esempio si insinua che l’Evali, la malattia polmonare «delle svapo» individuata in Winsconsin nell’estate 2019, fosse già Covid scappato di mano al laboratorio in questione (è riconosciuto però che la maggior parte delle persone affette da Evali avesse inalato, nei mesi precedenti, vapore da liquidi illeciti di sigarette elettroniche a base di Thc e contenenti vitamina E acetato). Vi si sostiene anche che, essendo Fort Detrick un centro per lo smistamento di sangue delle basi militari americane all’estero, da lì sarebbero partite sacche contaminate con Sars-Cov-2 all’indirizzo delle truppe di stanza in Italia, e i civili della zona si sarebbero infettati dopo aver visitato le infrastrutture a stelle e strisce, facendo deflagrare il caso nel nostro Paese.
Tentativi variegati di narrativa, in molti casi attribuiti a quello che è sempre più il deus ex machina della nuova comunicazione di Pechino: il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian. È lui, campione di «tiger warrior diplomacy», che usa Twitter (dove ha un milione di follower) come una clava. Memorabile la sua pubblicazione di un fotomontaggio con un soldato australiano pronto a sgozzare un bambino afghano, diventato un caso diplomatico con il governo di Canberra.
Sempre dal suo profilo pochi giorni fa è rimbalzata l’improbabile canzone rap di un gruppo nazionalista cinese, CD Rev: «Quante trame sono uscite dal vostro laboratorio/ Quanti cadaveri con il cartellino/ Cosa nascondete/ Aprite le porte di Fort Detrick». «Parla alle nostre menti» ha commentato Zhao Lijian, che per primo, nel marzo 2020, si riferì alla facility americana. «Siate trasparenti! Ci dovete una spiegazione!» cinguettò mentre dalla Cina il virus dilagava ovunque.
Il fatto che Zhao scriva in inglese su un mezzo che in patria è vietato, Twitter, rende l’idea delle proporzioni di questa operazione di propaganda, fondamentale per Pechino. La verità sulle origini del Covid probabilmente non verrà mai fuori, così come i colpevoli (se ce ne sono). Ma l’opinione pubblica globale un’idea sulle responsabilità se la fa… Un peso che, se ambisci a gestire il prossimo ordine mondiale, ti devi scrollare di dosso