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Il lato oscuro dei signori del Golfo

Il lato oscuro dei signori del Golfo

Aggressioni sessuali, rapimenti di mogli e sparizioni di figlie ribelli. Morti per droga e festini trasgressivi. Dietro l’immagine di paladini della morale, emiri e sceicchi spesso nascondono violenze e perversioni. Che gli immensi patrimoni a volte non riescono a insabbiare.


Una cena in un resort super-esclusivo su un’isola privata e il tentativo di stupro. Il protagonista del racconto che potrebbe sembrare un film, o meglio una soap opera un po’ salace, è il ministro della Tolleranza degli Emirati, Nahyan bin Mubarak Al Nahyan. Nahyan è alla guida di un dicastero che dovrebbe favorire l’apertura al mondo e lo scambio con le altre culture e nazioni. Ma il ministro ha spinto il contatto troppo in là, fino a un tentativo di violenza sessuale in una cornice di sfarzo e privilegio.

A rivelarlo è stata Caitlin McNamara, 32 anni, organizzatrice dell’Hay Festival, evento letterario britannico che quest’anno prevedeva incontri anche ad Abu Dhabi. Dopo un invito a cena il ministro le è saltato addosso. Avrebbe spinto la ragazza su un divano, si è slacciato la kandura – sotto era nudo – e si è poggiato sul corpo di Caitlin col suo peso. «Sento di non avere nulla da perdere» ha detto la giovane. «Ho denunciato per mostrare cosa significa quando uomini potenti come lui fanno cose del genere».

Ma i principi del Golfo non sono abituati a veder limitato il loro potere. Le giornate le trascorrono nell’opulenza, nel segno dell’eccesso, il che li rende spesso protagonisti sui tabloid di tutto il mondo. Lusso sfrenato, festini a base di droghe, sesso e trasgressioni. Fughe segrete verso le leggendarie spiagge indiane di Goa, o nel centro di Londra, shopping folle a Parigi, alberghi da mille e una notte, conti da capogiro, residenze da milioni di dollari. Sono al vertice di Stati basati su una morale molto rigida, che applica un’interpretazione letterale dell’islam, ma i racconti dei loro mondi sono spesso sul filo del rasoio e oltre la comune legalità.

Nell’Emirato dalle mille luci e dai grattacieli più alti al mondo, gli scandali scuotono persino la casa regnante. Sequestro di persona e tortura sono le accuse mosse contro il sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al-Maktoum, 71 anni, dalla sua ex moglie, la principessa Haya Bint Al-Hussein, 46. L’uomo ha sei mogli da cui ha avuto 23 figli, di cui 14 femmine. La principessa Haya, figlia del defunto re Hussein di Giordania ed ex cavallerizza olimpionica, ha sposato lo sceicco nel 2004, diventando la più giovane delle consorti. Hanno due figli, Zayed e Jalila, di 7 e 11 anni.

All’inizio del 2019 la principessa Haya aveva iniziato una relazione con la sua guardia del corpo, un britannico. La rappresaglia non si è fatta attendere. Per due sere di seguito ha trovato una pistola posata sul suo cuscino. Finché un elicottero è atterrato nel giardino di casa. Gli sgherri del marito le hanno fatto capire che il suo destino era finire in una prigione sperduta nel deserto. Così nell’aprile 2019 la principessa è fuggita prima in Germania per chiedere asilo, poi in Gran Bretagna con i due figli. Adesso vive in una casa da oltre 100 milioni di dollari ai Kensington Palace Gardens, nel centro Londra. Ma teme ancora per la propria vita.

Stessa sorte per la figlia dell’emiro, Latifa, segnata dai tentativi di fuga dalla sua prigione dorata. Nel 2018 la principessa, dopo aver pianificato per anni l’evasione con l’aiuto della sua insegnante finlandese di capoeira, Tiina Jauhiainen, era riuscita a fuggire nel vicino Oman, e con l’aiuto dell’ex agente segreto francese Hervé Jaubert, lei e la sua allenatrice si erano imbarcate sullo yacht Nostromo. Meta finale, gli Stati Uniti.

Ma l’imbarcazione è stata intercettata da uno schieramento di navi ed elicotteri dell’emirato con l’aiuto della guardia costiera indiana. Hanno assaltato la nave a 80 chilometri al largo di Goa, una delle tappe del viaggio. La sua istruttrice ha raccontato il blitz. Dopo aver sentito urla e spari, lei e la principessa si sono chiuse nel bagno. Jauhiainen è stata minacciata con una pistola e costretta a terra con le mani legate dietro la schiena, mentre sul ponte alcuni uomini continuavano a gridare in inglese: «Chi è Latifa?» finché non l’hanno identificata.

La principessa aveva già cercato di fuggire una prima volta nel 2002, ma era stata trovata quasi subito, torturata e segregata in una parte della tenuta familiare chiamata «la Tenda». La versione ufficiale della famiglia è stata che la principessa fosse stata rapita e soffrisse di problemi psichiatrici. Un modo per insabbiare quanto successo.

Anche un’altra delle figlie dell’emiro, la principessa Shamsa, nata nel 1981 dalla prima moglie Houria Lamara d’Algeria, ha tentato di scappare dal mondo parallelo che è Dubai. Appassionata di equitazione, Shamsa passava di solito l’estate nella tenuta con maneggio di famiglia a Longcross, nella contea inglese del Surrey. Un giorno d’agosto del 2000, quando aveva 18 anni, si è accorta che il cancello della proprietà era rimasto aperto. Così è saltata su una Range Rover e ha guidato all’impazzata per scappare a massima velocità. Si è nascosta a Cambridge per due mesi, fino a quando gli agenti del padre sono andati a prelevarla con la forza. L’hanno caricata su un elicottero e portata in Francia, da dove è ripartita per Dubai su un jet privato. È stata anche drogata.

Non è tutto. II figlio maggiore del sovrano, Rashid, è morto il 19 settembre 2015, a 33 anni. Per un infarto, secondo la versione ufficiale. Il giovane conduceva una vita brillante. Cavalli da corsa, macchine sportive e belle donne. Ma era tossicodipendente. Feste selvagge negli hotel del centro di Londra. È caduto in disgrazia nel 2008 quando suo padre ha passato la successione al fratello minore, Hamden.

Un festino a base di droga e sesso è stata pure la probabile causa di morte, nel luglio del 2019 in una dimora esclusiva nel quartiere di Knightsbridge a Londra, di Khalid bin Sultan Al Qasimi. Khalid, 39 anni, era l’erede del miliardario Sultan bin Muhammad Al Qasim di Sharjah, uno dei più piccoli emirati del Golfo. Al party sarebbero circolate ecstasy, eroina, funghi allucinogeni, cocaina e crack. Khalid era anche uno stilista di una certa fama nel mondo arabo.

Ma non è il primo caso di episodio tragico per lo sceicco emiratino. Già nel 1999 morì il figlio più grande Mohammed a 24 anni per un’overdose nella casa di famiglia a East Grinstead, nel Sussex. Sul pavimento del bagno disseminato di siringhe fu trovato il suo cadavere, con la cravatta annodata a un braccio come laccio emostatico.

Il racconto più inquietante, però, riguarda lo sceicco Khalid bin Hamad al-Thani, 34 anni, fratello dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani. È accusato di aver ordinato al suo staff di uccidere alcune persone, di aggressione sessuale a un ragazzo (sodomizzato con un bastone da biliardo) e di aver ammazzato l’autista della moglie, a Doha. Il reale qatarino, appassionato di auto da corsa, era solito fare «abbuffate» che duravano per giorni e festeggiare con prostitute.

Ma le principesse non sono da meno, anch’esse amano uno stile di vita sopra le righe. Possono scatenarsi nello shopping nevrotico e svaligiare i negozi, più a Parigi che a Londra. Soggiornano all’hotel George V o al Plaza Athénée di proprietà del sultano del Brunei. Hanno conti a nove cifre ma non sempre saldano il dovuto. La principessa saudita Maha bint Mohammed bin Ahmad al-Sudairi ha tentato di lasciare il suo hotel da sogno, lo Shangri-La di Parigi, dove lei e il suo seguito avevano occupato 41 stanze per cinque mesi, senza pagare il conto di oltre 7 milioni di dollari.

I reali sono al di fuori da ogni norma anche nella scelta di animali domestici. Preferiscono leoni e ghepardi a cani o gatti. E organizzano concorsi di bellezza per cammelli, dove tutto è lecito per vincere, compreso il botox alle labbra degli esemplari.
Un principe saudita invece è assurto agli onori delle cronache per aver prenotato posti su un aereo per i suoi 80 falchi, un’altra mania nel Golfo. L’ultimo atto bizzarro di un mondo surreale, dove tutto è possibile. Al di là del bene e del male. Da un romanzo di William Burroughs o Martin Amis. Allucinato eppure umano, fin troppo umano.

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