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Gaza City, i piani militari dell’attacco di Israele spiegati passo per passo

Gaza City, i piani militari dell’attacco di Israele spiegati passo per passo

Il Generale Giorgio Battisti: «Il combattimento urbano è un conflitto tridimensionale e imprevedibile, dove il nemico sfrutta sottosuolo, edifici e imboscate. Per prevalere servono piccoli reparti coordinati e avanzate attraverso gli edifici con il supporto dei mezzi corazzati».

L’operazione “Carri di Gedeone 2” costituisce l’evoluzione della campagna terrestre israeliana nella Striscia di Gaza e risponde a una logica eminentemente militare: l’eliminazione delle residue capacità di combattimento di Hamas e la conquista di Gaza City come centro di comando, logistica e propaganda del movimento. La decisione è maturata dopo il fallimento dei negoziati per il rilascio degli ostaggi e riflette la valutazione dello Stato Maggiore secondo cui non esistono più opzioni alternative sul piano politico-diplomatico.

Dal punto di vista operativo, il piano si articola su una sequenza progressiva di manovre coordinate. La fase preliminare prevede l’isolamento completo di Gaza City mediante l’accerchiamento terrestre, con l’obiettivo di negare libertà di movimento alle forze nemiche e interrompere le linee di rifornimento. La successiva penetrazione urbana avviene con l’impiego combinato di forze corazzate e fanteria meccanizzata, protette da copertura aerea permanente. Carri armati Merkava e veicoli blindati Namer ed Eitan costituiscono il fulcro della componente terrestre, mentre le brigate Nahal e Givati sono incaricate delle operazioni di fanteria in ambiente urbano. Parallelamente, il Genio militare conduce attività di ricognizione sotterranea con radar di penetrazione, sensori sismici e sistemi robotizzati destinati alla bonifica dei tunnel.

I mezzi a disposizione di Israele

La potenza di fuoco a lungo raggio viene assicurata dall’artiglieria e dall’aviazione, che operano in sinergia con l’intelligence per colpire centri di comando, depositi di armi e nodi di comunicazione. I droni, sia d’attacco sia ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance), hanno un ruolo centrale nella raccolta di informazioni in tempo reale e nel supporto diretto alle truppe sul terreno. L’integrazione di capacità di guerra elettronica consente inoltre di disturbare le comunicazioni avversarie e di neutralizzare droni ostili, sempre più utilizzati da Hamas per ricognizione e attacchi improvvisati. Il calendario operativo riflette la natura prolungata della campagna. La piena mobilitazione dei riservisti, stimata in oltre centomila unità distribuite in più ondate, suggerisce che le IDF intendono sostenere una pressione costante per un arco temporale di almeno un anno e mezzo. Settembre rappresenta il momento di concentrazione massima delle forze, ma le pianificazioni interne ipotizzano fasi ulteriori fino al 2026, indice di una strategia di logoramento strutturata e di lungo periodo. I rischi principali derivano dalla natura asimmetrica dello scontro. Gaza City è un ambiente urbano ad alta densità, con un tessuto edilizio favorevole ad azioni di guerriglia. Hamas sfrutta tattiche di micro-unità, imboscate ravvicinate, ordigni improvvisati e sistemi anticarro portatili. La rete sotterranea rimane il fattore più critico: permette ai miliziani di muoversi senza essere rilevati, di effettuare sortite a sorpresa e di proteggere infrastrutture sensibili. La neutralizzazione di questa rete richiederà tempo e risorse considerevoli, con inevitabili perdite.

Gli ostaggi nell’aree assediate

Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalla presenza di ostaggi nelle aree oggetto dell’assalto. Ciò limita l’impiego indiscriminato di bombardamenti e costringe l’IDF a calibrare le manovre, rallentando i tempi di avanzata e aumentando l’esposizione delle unità. Dal punto di vista dottrinale, si tratta di un compromesso difficile tra obiettivi strategici e vincoli operativi, che potrebbe influire sulla durata complessiva della campagna. In termini strategici, Carri di Gedeone 2 non si limita alla presa di un centro urbano, ma punta a distruggere l’intera infrastruttura militare e politica di Hamas. La caduta di Gaza City significherebbe privare il movimento della sua principale roccaforte, azzerandone la capacità di coordinare operazioni e riducendone il potenziale deterrente. Il successo dell’operazione si misurerà non tanto nel controllo territoriale immediato, quanto nella capacità di impedire a Hamas di ricostituirsi come attore militare organizzato.L’esito rimane incerto. L’IDF dispone di superiorità tecnologica, logistica e numerica, ma deve affrontare un contesto urbano ostile, un avversario radicato e una variabile ostaggi che condiziona ogni scelta tattica. Il rischio di impantanarsi in una guerra prolungata, con costi elevati in termini di vite e risorse, è reale. Tuttavia, per Israele la valutazione strategica è chiara: dopo i continui rifiuti di Hamas di liberare gli ostaggi, la prosecuzione della campagna militare è considerata non solo inevitabile, ma l’unico percorso rimasto per chiudere la partita su Gaza City.

Cosa deve aspettarsi l’IDF a Gaza City

Secondo il Generale di Corpo d’Armata (rit) Giorgio Battisti piu’ volte protagonista di missioni all’estero, «Il combattimento nei centri abitati ha caratteristiche proprie che rimangono simili nel tempo, poiché è il prodotto riflesso delle opportunità offerte da un ambiente creato dall’uomo per scopi pacifici ma capace di trasformarsi in una realtà ostile difficile da dominare: un inferno a tre dimensioni. L’estensione verticale costituisce l’aspetto cruciale delle operazioni in aree urbane. Si tratta di un “terreno multidimensionale”, costituito dal sottosuolo (sotterranei, fognature, gallerie), superficie (livello stradale), interno edifici, parti superiori edifici e spazio aereo, che rende anche più difficile l’evacuazione dei feriti. Controllare il piano terra non significa aver conquistato l’intero edificio che deve essere espugnato stanza per stanza, piano per piano sino al tetto. La minaccia può manifestarsi in vari modi, da parte di un nemico che conosce il campo di battaglia e si è preparato al combattimento, con imboscate, ordigni esplosivi improvvisati (IED), franchi tiratori, lancio droni esplosivi e incursioni alle spalle delle truppe avanzanti da parte di miliziani che utilizzano le vie del sottosuolo. Occorre operare in squadre di pochi elementi pronte a fornirsi supporto reciproco e utilizzare i carri armati in supporto di fuoco come artiglieria d’assalto.  La progressione non deve avvenire per le vie principali ma attraverso gli edifici aprendo passaggi con esplosivi o bulldozer protetti per cogliere l’avversario sul retro».

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