Questa notte, negli Stati Uniti, la lotta serrata tra l’amministrazione Trump e il sistema giudiziario americano è entrato in una nuova fase. Con una decisione espressa in un documento di 50 pagine, la Corte del commercio internazionale degli Stati Uniti ha stabilito che il Presidente Donald Trump ha oltrepassato la sua autorità imponendo dazi sulle importazioni dai partner commerciali degli Stati Uniti.
La decisione si basa sull’interpretazione che la Corte ha fatto della legge utilizzata dall’amministrazione Trump per imporre gli ormai celebri dazi del “Liberation Day”, ovvero la International Emergency Economic Powers Act (Ieepa), una legge risalente al 1977 e pensata per far fronte “insolite e straordinarie” durante un’emergenza nazionale.
A detta della Corte questa emergenza non sussisterebbe, tanto da invalidare con effetto immediato tutti gli ordini esecutivi di Trump in merito ai dazi da gennaio di quest’anno che si basavano sull’Ieepa. Attenzione però, la Corte non si è espressa sui dazi imposti ad alcuni settori industriali, come quello dell’automotive, dell’acciaio o dell’alluminio.
Le motivazioni addotte dalla Corte sono che la Ieepa non è interpretata «come un atto che conferisce autorità illimitata» nell’imposizione dei dazi; oltre a questo la Corte ha specificato che la decisione presa non sarebbe politica, ma solo d’interpretazione di una legge: «La Corte non si pronuncia sulla saggezza o sulla probabile efficacia dell’uso delle tariffe come leva da parte del Presidente», ma l’uso della Ieepa fatto da Trump, a detta dei giudici, «è inammissibile non perché sia poco saggio o inefficace, ma perché [la legge federale] non lo consente».
Non la pensa così l’amministrazione americana, che infatti a quasi immediatamente presentato ricorso contro la decisione. I giudici hanno colpito il cuore stesso del trumpismo, oltre che una leva negoziale non indifferente utilizzata per tentare di riequilibrare il gargantuesco deficit commerciale che attanaglia gli Stati Uniti, deficit che nel 2024 ha raggiunto la cifra monstre di 1.2 triliardi di dollari (che scende a 918 se si considerano anche i servizi oltre che ai manufatti).
Stephen Miller, Vice capo di staff della e consigliere di Trump, ha parlato di «colpo di stato giudiziario fuori controllo», mentre un portavoce della Casa Bianca, Kush Petai, ha dichiarato che i deficit commerciali degli Stati Uniti con altri Paesi costituiscono «un’emergenza nazionale che ha decimato le comunità americane, lasciato indietro i nostri lavoratori e indebolito la nostra base industriale di difesa – fatti che la corte non ha contestato». «Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare correttamente un’emergenza nazionale».
Anche la Cina, che aveva da poco trovato un accordo per abbassare le tariffe reciproche in attesa di un accordo più ampio, ha colto la palla al balzo. La portavoce del ministero del Commercio, He Yongqian, ha subito invitato gli Stati Uniti «a cancellare tutti i dazi unilaterali impropri», evocando la decisione presa dalla Corte. I mercati, come prevedibile, hanno accolto molto positivamente la notizia, con i future di Wall Street in forte aumento, il dollaro che si è rafforzato rispetto a valute come Euro, Yen e Franco svizzero, e le borse di mezzo mondo che hanno aperto in positivo.
Sicuramente Trump non rinuncerà ad uno dei suoi cavalli di battaglia, nonché principale mezzo di trattativa nelle dispute commerciali, senza combattere. Il primo passo, il ricorso contro la decisione della Corte, è già stato intrapreso.
