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Urge un piano di collegamento scuola-lavoro

Urge un piano di collegamento scuola-lavoro

Rubrica Portugal Street

Per combattere la disoccupazione, serve un’azione mirata. E occorre che il Ministero del Lavoro riprenda il suo ruolo di indirizzo nei confronti dell’Agenzia nazionale del lavoro.


Di fronte a una situazione del mercato del lavoro che continua a essere drammatica e che registra pesanti perdite in termini di posti di lavoro e di contratti, come ormai certificano tutti i dati, si riaccende l’interesse nelle politiche attive del lavoro. Un interesse giustificato dal fatto che, senza una mirata azione di riorientamento e ricollocazione, le file dei disoccupati e degli inattivi si ingrosseranno vistosamente e la società italiana sarà ancora di più caratterizzata da un basso tasso di occupazione.

Rischiamo di ritornare all’alba del secolo, quando il nostro mercato del lavoro era il peggiore dell’Unione europea. Sarebbero passati invano due decenni e diverse riforme del mercato del lavoro. Per ritrovare efficacia alla politica attiva del lavoro è necessario, tuttavia, che alcuni nodi vengano sciolti e che si assuma una univoca e condivisa direzione di marcia. Non è possibile continuare con questo fare e disfare con cui ogni governo si diletta, un esercizio sempre deviato ideologicamente e non invece fondato su una attenta analisi di valutazione e di impatto.

Dunque per fare una svolta nelle politiche attive del lavoro si inizi dal ricostruire un serio e credibile sistema di governance, che ne faccia di Anpal e Anpal servizi il perno, in sereno e solido raccordo con le Regioni, affidandosi a un management interno non conflittuale, eventualmente rinnovato, che elabori un solido piano industriale non un ambizioso elenco di intenti. Il che significa non sprecare ulteriormente la dote finanziaria mai così ingente (e altra ne potrebbe arrivare) oggi a disposizione del sistema, utilizzare nella maniera più efficace possibile la dote di capitale umano a disposizione, orientare il sistema non solo nella miracolosa avventura della app per incrociare domanda e offerta, ma in servizi alle imprese per trovare manodopera.

Si rende indifferibile un piano di collegamento tra scuola e lavoro per riorientare le competenze in un sinergico collegamento con le esigenze delle imprese e rifondando così le azioni dei centri per l’impiego. L’Italia ha bisogno di un diffuso ed efficiente sistema di centri per l’impiego: non possiamo più aspettare o solo fare affidamento sulle «isole» di eccellenza che pure esistono.

Altrettanto importante deve essere una forte partnership con le agenzie private, facendole divenire veri soggetti delle politiche a livello nazionale, come avviene con maggiore intensità a livello regionale, con l’obiettivo di ridurre i tempi della disoccupazione o della inattività. Occorre qui un accordo quadro a livello nazionale e una piena integrazione nel sistema informativo. Non meno importante è la necessità di re-istituire l’assegno di ricollocazione. Sgravi contributivi e fiscali per assunzioni (tutte le tipologie di contratto, però) sono utili come strategia choc particolarmente in questa fase e per segmenti specifici di popolazione (giovani e donne), ma dobbiamo anche disporre di uno strumento strutturale per facilitare i processi di transizione che saranno molti e dolorosi nei prossimi mesi.

Dunque la riproposizione dell’assegno di ricollocazione è importante e lo è ancora di più se sarà semplice nel suo utilizzo. Lasciamo stare complessi meccanismi matematici e puntiamo su facili profilazioni ed esigenze del mercato del lavoro; dotiamolo di una robusta dote finanziaria e di una esigibile condizionalità; rendiamolo sovrapponibile con la legislazione regionale e con una adattabilità alle situazioni locali.

In sostanza nelle prossime settimane occorre che il Ministero del Lavoro riprenda il suo ruolo di orientamento e di indirizzo nei confronti dell’agenzia nazionale del lavoro, sfugga a tentazioni ideologiche e contribuisca a costruire un modello avanzato ma semplice di politiche attive del lavoro. Poi con il Recovery Fund si potranno, anzi si dovranno, affrontare temi più complessi, quali la riorganizzazione dell’agenzia e un diverso schema di ammortizzatori sociali.

Su questo tema due sono le direttrici: da un lato, un’agenzia unica superando la distinzione tra Anpal e Anpal servizi (e semplificando la catena di comando) e la possibile riunificazione delle politiche attive con le politiche passive (staccando da Inps la gestione ammortizzatori). Dall’altro, uno schema che sia di più facile gestione (più flessibilità non unicità) e meccanismi che aiutano le imprese nei processi di riconversione o di cessazione. Un sistema di aliquote che tenga conto di dimensione e utilizzo, fondato su obbligatorietà e volontarietà e su accordi contrattuali.

Ancora una volta abbiamo di fronte una straordinaria finestra per riformare il sistema delle politiche attive. Oggi è possibile separare peraltro definitivamente politiche attive e reddito di cittadinanza, un connubio che non è stato fortunato in questa fase e che soffriva in partenza di alcune contraddizioni inestricabili. In sostanza, ben venga maggiore attenzione alle politiche attive, se questo significa una completa e profonda titolarità politica e una grande voglia di seguire non solo il disegno teorico ma anche l’attuazione pratica. Il cosiddetto delivery in questa fase è determinante per il successo. Un aspetto che è fino ad oggi mancato, sostituito da una maniaca attenzione ad occupare il potere.

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