Next Generation EU: è il nome del piano della Commissione europea per sostenere la ripresa dopo il Covid-19. Un passaggio storico per il nostro continente, che senza Germania e Francia non sarebbe mai avvenuto.
E venne il giorno del Recovery Fund. Mai tanto atteso, mai tanto bramato. La Commissione europea ha proposto oggi il suo piano per sostenere la ripresa strutturale dopo la pandemia: si chiamerà Next Generation EU. Un investimento di 750 miliardi di euro e un aumento del bilancio 2021-2027 a 1.110 miliardi di euro. Il tetto di risorse proprie del bilancio viene innalzato al 2%.
Ci saranno prestiti ma anche un ammontare di 310 miliardi di euro a fondo perduto (l’Italia dovrebbe beneficiare per circa 82 miliardi). In sostanza, un passo importante dell’Europa per tenere insieme economia e società e per creare una solida base di ripartenza dopo la scossa provocata da questa dal Covid-19. La proposta non sarà forse l’esito finale di questo sforzo. Ora gli Stati dovranno trattare e trovare un accordo, ma il passo è importante e significativo.
Si è sempre detto che la costruzione europea procede a piccoli passi e per strappi. Questa volta non vi è dubbio che lo strappo sia stato molto forte. D’altra parte, dei piccoli passi in questa fase non si sarebbe giovato nessuno. Si è sempre affermato che la costruzione europea procede attraverso il motore franco-tedesco. Vero e confermato: mai come questa volta senza il documento Macron-Merkel dei giorni scorsi si sarebbe costruito questo intervento.
La Germania, di fronte a una crisi economica e sociale senza precedenti, ha fatto un salto culturale importantissimo, così come lo aveva fatto nel caso dell’unificazione tedesca e con la moneta unica, legando ancora di più il suo destino all’Europa. Ovviamente ha il suo interesse: in questo modo ha riaffermato la sua supremazia e ha ricordato che senza l’intesa franco-tedesca l’Europa arranca. E la Francia ha riaffermato il suo peso determinante in Europa, in un momento in cui il presidente Emmanuel Macron è in difficoltà nella sua proposta politica.
Altri potranno rivendicare il conseguimento di questo storico passaggio ma senza Germania e Francia poco si sarebbe potuto ottenere. Certamente, i documenti della Commissione – come al solito tanti e dettagliati – vanno ora analizzati ed esaminati con attenzione. La Commissione Europea non appare, infatti, rinunciare all’impostazione iniziale di questo mandato: green economy, digitalizzazione, regole minime per il lavoro. Né slega questo sforzo finanziario dal tema delle riforme che dovranno accompagnare la ripresa, tanto il piano viene inserito a pieno titolo nel cosiddetto semestre europeo.
Occorrerà vedere ora come verrà articolato e declinato nella sua attuazione. Così come trovano vigore alcuni meccanismi tradizionali di finanziamento europeo, il cui peso verrà attentamente scrutinato. Il dibattito è appena iniziato, ma appare difficile che si possa tornare indietro. Alcuni limiti emergono: il piano si sarebbe potuto avvicinare alla cifra simbolica di 1.000 miliardi di euro, cifra che appare coerente con le politiche che si dovranno attuare. Ugualmente si sarebbe potuta alzare la quota di fondo perduto, perché in questa situazione ogni meccanismo di restituzione, anche a lunghissimo tempo, è un vincolo per l’impresa. Si sarebbe potuta costruire una politica europea più attenta alle politiche industriali tradizionali e meno all’inseguimento degli obiettivi della green economy, oggi effettivamente indeboliti dalla virulenza della crisi e dagli effetti che produce sui settori industriali.
L’obiettivo ora è però di fare presto, prevedendo anche alcuni finanziamenti per la seconda parte dell’anno, in tempo per la stesura delle leggi di bilancio dei Paesi Ue. Per l’Italia sarebbe un sostegno importante per dare ordine e coerenza alla fase 3, quella della ricostruzione e della riorganizzazione dell’economia e della società. Riforme strutturali sono necessarie per il Paese, il che non vuole dire riforme da «austerità» ma riforme strutturali per innalzare la produttività fare crescere i salari, aumentare la coesione. L’agenda perciò deve essere altrettanta chiara: finisce il periodo degli interventi a pioggia comincia l’era degli interventi selezionati. Questa la sfida per la politica.
