La pandemia ha travolto tanti italiani che avevano investito in un’attività in proprio e che, con cali drammatici di fatturato, si sono dovuti arrendere. Così nell’ultimo anno sono spariti circa 20 mila liberi professionisti, con i giovani a pagare il prezzo più alto. Gli aiuti? Anche l’azione del nuovo governo appare troppo lenta rispetto alla crisi di questa categoria.
Carlo ha 34 anni. Nel 2015 decide di avviare un’attività in Molise per certi aspetti coraggiosa: «In un periodo in cui l’offerta culturale era nulla» spiega a Panorama «con l’aiuto di alcuni amici ho deciso di aprire un teatro, partendo da zero». L’iniziativa andava talmente bene che Carlo è diventato punto di riferimento per laboratori nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali. «A gennaio 2020 ho deciso di prendere uno spazio più grande dopo aver fatto un mutuo». Tempo due mesi, però, la struttura ha chiuso senza più riaprire. «I 600 euro di bonus non sono serviti a nulla, è stato impossibile accedere a eventuali altri ristori in tempo utile. Sto provando a resistere, ma non vedo altra soluzione che chiudere tutto».
Esattamente come Carlo, non sono pochi gli italiani che hanno investito tutto per avviare un’attività in proprio, andando a sbattere all’improvviso contro la pandemia. Chi invece ha dovuto subire un pesante calo di fatturato dopo aver costruito una propria realtà. E chi, nonostante la resistenza, è stato costretto ad arrendersi. Come Giacomo, 54 anni, fino a maggio barbiere in Toscana, nella Lucchesia: «Con il lockdown è stato impossibile resistere» racconta oggi. «Alcuni colleghi hanno aggirato le regole e andavano a casa delle persone per guadagnare qualcosa. Io ho preferito rispettare le leggi. E qual è stato il risultato? Ho dovuto vendere tutto e chiudere l’attività».
La colonna sonora di Profondo rosso risuona da tempo per le partite Iva. Ma nell’ultimo anno, causa Covid-19, c’è stato un crescendo con la chiusura a catena di tante attività. E, manco a dirlo, a pagare il prezzo più alto sono quelle avviate dai più giovani. Basta qualche numero, contenuto in un rapporto di Confprofessioni, per comprendere la situazione. Reggono i lavoratori nel campo veterinario e scientifico, con un aumento del 9,2 per cento, favorito dalla pandemia. Ma nel macro-settore commercio, finanza e immobiliare in un anno sono spariti oltre 30 mila liberi professionisti, pari a una contrazione del 13,9 per cento. È andata giusto meno peggio a chi svolge attività autonoma in area tecnica, con una flessione del 5,7 per cento, e agli amministrativi per cui la perdita è stata contenuta al 2,5 per cento. Il saldo finale è la sparizione di 18 mila liberi professionisti dal 2019 al 2020, oltre 20 mila se si considera il 2018 come anno di riferimento. «I più penalizzati sono i giovani e gli studi professionali con pochi dipendenti» conferma a Panorama Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni. Le statistiche riportano che il reddito medio annuo dei lavoratori autonomi, iscritti alla Gestione separata Inps, è di poco superiore a 15 mila euro, meno di 1.500 euro al mese. La tendenza al calo è in atto da tempo: nel 2014 il dato medio si attestava sopra i 17 mila euro.
«Consideriamo che stiamo parlando di persone in condizione di autoimprenditorialità», osserva Stella. «Molti giovani hanno aperto una partita Iva come ripiego. Non potendo trovare un’occupazione stabile, hanno cercato l’avventura personale, lanciandosi anche con entusiasmo in nuove attività. Ma di fronte alle difficoltà sono stati costretti a chiudere, soffocati da una serie di adempimenti. Una situazione difficile. Perché, diciamolo senza ipocrisie, che prospettive può avere una ragazzo che guadagna 15 mila euro all’anno?». Un ragionamento che trova conferma in quanto racconta Valeria, professione social media manager: «La mancanza di certezze lavorative ha spinto molti ragazzi a puntare su se stessi. A volte si scherza, ma sui profili social aumentano quelli che si definiscono imprenditori di se stesso». Ma non è una critica allo spirito di iniziativa.
Osserva la social media manager: «Ben vengano situazioni stimolanti che spingono a migliorarsi. Ma c’è stato un aumento di persone senza adeguate competenze, specie nei settori più nuovi, come il mio. Così è stato squalificato il tipo di lavoro, con un inevitabile impatto anche sui guadagni. E con il Covid la rincorsa è a cercare di farsi saldare le fatture». Uno scenario radicato nei numeri: nell’ultimo decennio, quasi un milione di partite Iva, nella fascia d’età compresa tra 15 e 44 anni, è stato spazzato via.
Sta avvenendo quindi un profondo cambiamento. Il rapporto, visionato da Panorama, spiega bene la dinamica in atto: «C’è stata una rivoluzione avvenuta nel mondo del lavoro indipendente. I lavoratori autonomi e le altre categorie di lavoratori indipendenti – collaboratori, soci di cooperativa, coadiuvanti familiari – registrano complessivamente un calo superiore alle 730 mila unità, di converso i professionisti aumentano di poco meno di 300 mila lavoratori». Per gli esperti si tratta di una «trasformazione silenziosa, che interviene a modificare strutturalmente la conformazione del lavoro indipendente».
Andrea, consulente di lavoro, illustra la propria esperienza a Panorama: «C’è un antico pregiudizio su di noi. Siamo sempre stati considerati dei privilegiati, ma non è più così». Il Covid-19 ha avuto un impatto notevole: «Noi ci rapportiamo con le aziende e se queste sono ferme, è chiaro che la crisi fa sentire tutti gli effetti su di noi. Io ho rapporti con società operanti nel turismo: sono passate dal lavorare tanto a incassare zero in pochi giorni. Così, inevitabilmente, ho dovuto rimodulare le parcelle».
La crisi sta colpendo tutti. Comprese le professioni ordinistiche, come avvocati e architetti. I dati sono tutt’altro che entusiasmanti. Il reddito annuo, in questo caso, è in media di 35 mila euro. Dal 2014 c’è stato un incremento di 1.500 euro. Ma le cifre non riportano con precisione la grande disomogeneità esistente. «Ci sono gli studi più ricchi, già avviati, che continuano a lavorare tanto, attutendo bene anche l’impatto Covid-19» rilevano gli esperti. Mentre la gran parte dei professionisti, ancora una volta formata da chi ha meno anni di esperienza sulle spalle, è in forte affanno. «Il risultato è che migliaia di giovani sono letteralmente stati espulsi dal mercato del lavoro» conclude Stella.
E dire che sulle chiusure il peggio potrebbe non essere arrivato. Il Coordinamento libere professionali (Colap) fa questa riflessione: «Molte partite Iva, per esempio chi lavora come interprete alle conferenze, stanno evitando di chiudere, sperando di avere gli aiuti. Ma restano aggrappati, perché di fatto hanno smesso di lavorare. Parliamo di fatturati azzerati, nel 2021 e 2022 la chiusura potrebbe diventare inevitabile».
Lo sguardo al futuro è quindi molto preoccupato: nello stesso Recovery Plan, almeno nelle prime versioni, l’attenzione per i lavoratori autonomi appare insufficiente. «Quando Draghi doveva decidere, ha convocato tutte le parti sociali, ma non le libere professioni. Eppure noi ci siamo resi subito disponibili» dice Emiliana Alessandrucci, presidente del Colap. «Con il governo precedente avevamo attivato un tavolo sul lavoro autonomo, adesso abbiamo chiesto un’interlocuzione al nuovo ministro Andrea Orlando. Mi auguro che dentro i cassetti ci siano davvero i progetti».