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La mia piccola, grande impresa

La mia piccola, grande impresa

La scelta di «mettersi in proprio», come reazione a difficoltà di occupazione o alla fuga da un posto fisso che non soddisfa. In Italia è una tendenza che si diffonde soprattutto tra i più giovani. E, con la prospettiva della flat tax, cresce la voglia di «costruirsi» lavori nuovi e su misura.


Chiamarla rivoluzione forse è eccessivo. Ma i segnali di un cambiamento ci sono tutti: alcuni sono più forti, come il fenomeno delle «grandi dimissioni» che ormai investe migliaia di lavoratori (1,6 milioni soltanto nei primi nove mesi del 2022). O come la resistenza di tanti dipendenti a tornare in ufficio dopo essersi abituati al «lavoro agile» a casa. Altri campanelli hanno suoni più flebili, come la perdita di attrattività delle aziende presso i giovani. Unite questi sintomi, aggiungete un pizzico di flat tax e avrete tutti gli ingredienti per una grande ripresa del lavoro autonomo e delle startup.

Che siano promosse da neo-disoccupati o da ricercatori universitari, da mamme con figli grandi o da avvocati stufi del mondo legale, le piccole imprese iniziano a rifiorire. E il «mettersi in proprio» riacquista fascino.

Una conferma arriva per esempio dall’Osservatorio sulle nuove generazioni realizzato dai Giovani imprenditori di Confcommercio: l’indagine, condotta tra 600 persone di età compresa tra 18 e 35 anni, ha rivelato che per il 70 per cento degli intervistati il lavoro ideale del futuro è quello da libero professionista o da imprenditore. Dalla ricerca emerge anche che nei prossimi dieci anni vedranno un’esplosione di nuove professioni i settori informatico-tecnologico, del marketing e delle pubblicità, e i «green jobs» legati all’ambiente e alla sostenibilità.

Che questa tendenza si sia già trasformata in realtà non si può ancora dire. Dati attendibili sulle aperture di nuove partite Iva nel 2023, che potrebbero beneficiare dell’introduzione della tassa piatta del 15 per cento fino a 85 mila euro di reddito, non sono disponibili. Quando nel 2019 fu varata una manovra simile, con un regime semplificato e flat tax fino a 65 mila euro, ci furono 220 mila nuove attivazioni nei primi 9 mesi dell’anno, con un boom del 36,5 per cento. Ma complessivamente i dati Istat mostrano che negli ultimi anni i lavoratori dipendenti sono aumentati e quelli indipendenti sono diminuiti. E probabilmente quell’esplosione fu anche provocata dal passaggio di tante partite Iva da un regime all’altro.

Anche sul fronte delle aperture di nuove imprese per ora non si nota un’inversione di tendenza: nel 2022, secondo i dati delle Camere di commercio, sono nate in Italia 312.564 aziende, mentre nel 2012 ne erano state create il 18 per cento in più. Fa eccezione la provincia di Milano, fucina instancabile, che ha battezzato lo scorso anno 25 mila nuove società contro le 23 mila del 2012.

Questi numeri però non fotografano in modo nitido la situazione: molte nuove imprese sono «spin-off», realtà generate da aziende più grandi, non sono nate per volontà di lavoratori indipendenti. E il rallentamento potrebbe essere provocato proprio da quelle. Insomma, i dati non dicono tutto. Ma lanciano alcuni messaggi interessanti.

Intanto «crescono alcuni territori, come nel caso di Milano, con una voglia d’impresa che tocca anche donne, giovani e con la ripresa dei mestieri artigianali, accanto ai servizi più innovativi, proposti da nuove imprese in un contesto di rapida crescita tecnologica» sottolinea Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani della provincia di Milano. «Come settori maggiormente scelti, in risposta alle esigenze di una organizzazione sociale e imprenditoriale in cambiamento, crescono i servizi alla persona, che sono spesso attività artigianali. In parallelo, per aiutare le aziende a gestire il nuovo corso, salgono le iscrizioni nelle attività di direzione aziendale e consulenza gestionale e in una analoga direzione vanno le attività finanziarie e assicurative. Poi il turismo continua a trainare».

Le imprese che si occupano dei servizi alla persona segnalano un aumento del 3,5 per cento su base annua. Ma anche le attività creative, artistiche e di intrattenimento sono cresciute del 10 per cento. In accelerazione pure le aziende della ristorazione (più 8,3 per cento) insieme agli alberghi (più 30 per cento). In questi ambiti, tra servizi alle persone e turismo, si muove per esempio Cecilia Pezo, 46 anni, che dopo aver visto crescere i figli ha abbandonato la vita da casalinga per diventare Event e wedding planner: «Ho deciso di avviare questa attività due anni fa» racconta «spinta dalla passione per l’organizzazione di eventi».

Ma Pezo non ha voluto improvvisare: si è fatta aiutare dal Mip-Mettersi in proprio, il servizio gratuito di consulenza alla creazione d’impresa creato dalla Regione Piemonte. «Mi ha fatto comprendere gli aspetti economici e finanziari e l’importanza di costruire una mia identità in questo mercato, puntando su un particolare tipo di cerimonie e sul Piemonte». La futura imprenditrice ha seguito vari corsi di formazione, compreso marketing digitale e ora assicura: «Sono pronta a decollare!»

Francesca Vanzetti è presidente di Codex, società di consulenza che collabora alla realizzazione del percorso Mip, ed è in grado di tracciare un identikit del potenziale nuovo imprenditore che partecipa al programma: «Negli ultimi 27 mesi abbiamo incontrato circa mille candidati. Il 55 per cento, sono donne. Il 29 per cento ha meno di 30 anni, il 34 per cento è laureato, il 49 disoccupato. Da notare che, rispetto agli anni passati, sono in aumento i laureati e chi ha un lavoro e intende mettersi in proprio».

Tra chi aveva un posto fisso e ha deciso di lasciarlo o lo ha perso, alcuni sfruttano le competenze acquisite per avviare una nuova attività, per esempio nella consulenza legale, nella contabilità. Ma anche nella pasticceria o nel settore della panificazione. «Altri cambiano completamente campo, passando da uno studio legale alle diete per cani o dalla direzione commerciale al manager musicale. Sono spinti dalla passione».

«La creazione di un’attività» aggiunge Accornero dell’Unione artigiani «può essere una risposta per chi si trovi nelle condizioni di non avere più un lavoro da dipendente oppure per integrare una collaborazione che si è ridotta come impegno rispetto al passato. In altri casi, o come motivazione addizionale, si tratta della ricerca di una maggiore flessibilità, per chi punti a diventare imprenditore per il desiderio di avere orari, luogo di lavoro e impegni generalmente flessibili, così come per trasformare una passione nel proprio lavoro».

È il caso di Emanuele Pasquali, 43 anni: licenziato da un’azienda in fase di ristrutturazione, ha aperto un’officina che lavora i metalli, il Manukiki Garage: «Realizzo soprattutto personalizzazioni per moto, ma anche oggetti di design e di arredamento. Sono molto soddisfatto ma consiglio a chi vuol mettersi in proprio di appoggiarsi a iniziative come quella del Mip». O come i programmi messi a punto dalle Camere di commercio e della università in tutta Italia.

«Investire fondi pubblici in progetti come il Mip» precisa Elena Chiorino, assessore a Istruzione, lavoro, formazione professionale e diritto allo studio professionale alla Regione Piemonte «è fondamentale perché una società che funziona deve garantire il lavoro. Più lavoro vuol dire meno spesa assistenziale e più risorse per chi ha davvero bisogno. Inoltre favorisce il ricambio generazionale». Il Piemonte ha stanziato 6,3 milioni di euro per rifinanziare Mip. La Lombardia per il programma Nuova impresa ne mette 9,9.

«In genere i progetti di chi vuole mettersi in proprio sono abbastanza sensati, solo il 10 per cento è campato per aria» dice Vanzetti. Comunque, dei circa mille progetti arrivati sulla scrivania sua e degli altri partner del Mip, solo 200 hanno visto decollare un business plan vero e proprio. Insieme al green, al turismo e ai servizi alle persone, il settore del cibo è sempre tra i più gettonati dai nuovi imprenditori, ma con una maggiore attenzione alla sostenibilità: come l’azienda creata da Edoardo Vottero, 26 anni, che pur essendo ancora dipendente ha avviato Saporibio, un’attività di commercio elettronico di prodotti biologici artigianali provenienti tutti dai territori del Monviso. Anche lui si è affidato alla squadra del Mip. «Il mio sogno è dedicarmi a tempo pieno alla mia impresa».

Un caso interessate a cavallo tra food e ambientalismo è la startup Blueat lanciata a Rimini da cinque ragazze: «Il progetto» spiega Carlotta Santolini, biologa marina e tra le fondatrici dell’impresa «nasce dalla passione per il mare. Nel mio caso poi ho proprio deciso di farne un lavoro. Tutto è partito ascoltando la richiesta d’aiuto dei pescatori».

Il problema, trasformato in opportunità, è la crescente presenza nell’Adriatico di specie aliene marine invasive, organismi che a causa delle attività umane e dei cambiamenti climatici sono stati trasportati dall’oceano nei nostri mari, adattandosi perfettamente al nuovo habitat, moltiplicandosi e diventando una minaccia per l’equilibrio del delicato ecosistema marino e per il futuro dei pesci. In particolare Blueat intende promuovere la pesca selettiva e il consumo in ambito alimentare umano delle specie aliene, a partire dal granchio blu.

Naturalmente la tecnologia ha un grande appeal e se il progetto è quello giusto, il successo diventa globale. È il caso di Danilo Costa, fondatore di Coderblock, azienda palermitana che, unendo blockchain e metaverso, ha già raccolto due milioni di euro e lo scorso anno ha aperto una sede a Miami. Un altro esempio è quello di Francesca Condorelli, 32 anni, ingegnere e ricercatrice all’università di Bolzano che ha creato la startup Archygram insieme ad Antonia Magkafosi, greca, ingegnere geo informatico: il cuore della società pluripremiata è un software che, grazie all’intelligenza artificiale, prende le misure in modo automatico di qualsiasi edificio.

Sembra tutto molto bello, ma mettersi in proprio non è affatto semplice e soprattutto il successo non è garantito. «È importante saper soddisfare un’esigenza particolare o creare un nuovo bisogno» sostiene Vanzetti. «Fare impresa oggi significa sempre di più creare una rete che possa supportare e veicolare le proposte e le iniziative imprenditoriali verso gli interlocutori coinvolti» rincara Accornero. «Oggi, ancora più che in passato, occorre costruire una rete e si conferma, accanto alle tecnologie, la centralità dei valori umani, della persona, delle famiglie».

E dunque su quali settori puntare? Franco Amicucci, sociologo e formatore, ricorda che «le occasioni per mettersi in proprio sono infinite! Alcune aree hanno opportunità diverse a seconda dell’esperienza e degli studi fatti. Il settore dell’ambiente e della natura richiede sempre più design e cura di giardini, cura animali, promoter turistici, ingegneri ambientali, avvocati green. Nella cura della persona sono possibili attività per il benessere fisico ed emotivo, assistenza a bambini adulti ed anziani. Infine, l’area del digitale ha centinaia di opportunità, tra le più semplici: esperti del profilo digitale di negozi, piccole imprese, professionisti. Tra le più complesse, invece, ghost writing, foto editing, ricerche online, esperti di sicurezza».

La prateria di possibilità che si apre davanti al candidato imprenditore appare infinita. Ma è anche popolata da migliaia di cloni che hanno già avuto la stessa idea. Creare un buon profilo sui social network, per esempio, sembra una soluzione semplice per farsi conoscere: peccato che pochissimi riescono ad attirare un numero sufficiente di clic. Dunque, dopo aver condotto un’autoanalisi come suggerito nel riquadro a pagina 12, bisogna studiare, ascoltare gli esperti e individuare con il loro aiuto la killer application: quella giusta, che rende il progetto unico. E che batte la concorrenza. n

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