In un momento così difficile per le aziende minori e le partite Iva, Banca Generali lancia un fondo da 80-100 milioni in collaborazione con la piattaforma fintech Credimi. Intervista all’amministratore delegato Gian Maria Mossa, che dice al governo: «Focalizziamoci sulla ripresa e riapriamo presto le società».
Classe 1974, Gian Maria Mossa è al timone come numero uno di Banca Generali dal marzo 2016. Anni dedicati allo sviluppo della consulenza finanziaria e del posizionamento nel private banking, anche se più che di numeri questo manager dalla faccia da eterno ragazzo ha sempre preferito parlare di persone. Di clienti e di banker, entrambi al centro della sua idea di finanza. Insieme alla tecnologia, di cui è un grande esperto ed appassionato perché aiuta a sviluppare il ruolo dei professionisti. E a gestire la banca come un’azienda. Lui che, se non avesse fatto il banchiere, sarebbe diventato un imprenditore ha pensato proprio alle imprese, quelle più piccole e dalla spalle meno larghe per sopportare l’impatto della crisi post coronavirus, sponsorizzando un’emissione strutturata di titoli a sostegno dell’economia reale.
Come funziona nel dettaglio?
«Il progetto utilizza la piattaforma fintech Credimi, che analizza in modo totalmente digitale le domande di credito per trovare finanziamenti alle piccole e medie imprese. Ora che la domanda di finanziamenti sta esplodendo perché le aziende sono bloccate e senza liquidità sufficiente, il risparmio privato può venire in aiuto finanziando un’emissione garantita all’80% dallo Stato, dedicata alle Pmi. Con un rendimento appetibile per i risparmiatori professionali. Uno dei limiti storici dell’Italia, infatti, è la ristrettezza del mercato di capitali alternativi al canale bancario. Il governo ora si è affiancato alle banche per dare una mano. Ma le realtà meno strutturate come i commercianti, le partite Iva e le piccole aziende faticano a trovare spazio nel credito».
Banca Generali aveva già usato in passato lo strumento delle cartolarizzazioni per far arrivare ossigeno alle imprese?
«Sì, siamo tra i maggiori esperti in questo segmento. Lo abbiamo usato per i crediti sanitari, per aiutare le aziende che lavorano con gli ospedali così come per i crediti alle esportazioni, sostenendo le imprese esposte sull’estero. E con Credimi siamo riusciti a farli arrivare alle imprese sfruttando le nuove tecnologie. La piattaforma consente di verificare il merito creditizio della società e per le richieste di garanzia al Fondo pubblico. E se tutto procede nella giusta direzione le Pmi nel giro di due-tre settimane riescono a ricevere la liquidità. Ci vuole però qualcuno che faccia «funding» e che cartolarizzi i crediti, facendo arrivare così i soldi alle Pmi. E qui entriamo in campo noi che valutiamo l’opportunità dell’investimento e lo proponiamo ai nostri consulenti che si confrontano con i clienti professionali interessati a diversificare i propri risparmi».
Poi è scoppiata la guerra contro il coronavirus. E le piccole imprese sono scese in trincea.
«Abbiamo iniziato a lavorare su un nuovo business-case. Per la prima operazione, partita proprio in questi giorni con un obiettivo per quest’anno di circa 80-100 milioni, è sceso in campo un big come Generali con il proprio fondo d’emergenza Covid-19 che, sottoscrivendo una tranche junior, consente di proteggere ulteriormente i risparmiatori e fare da apripista come esempio agli investitori istituzionali».
Avete intenzione di allargare la platea di possibili investitori?
«L’obiettivo è proprio quella di far diventare questa iniziativa un volano ed estenderla a diversi tavoli, cercando altri investitori istituzionali e allargandola anche a grandi aziende che diano respiro al fondo della catena distributiva. L’esperienza potrebbe inoltre essere esportata in altri Paesi europei, così da attivare un canale alternativo di finanziamento all’economia reale. Come a Milano si è presa la vecchia Fiera per realizzare un nuovo ospedale, la stessa strada può essere seguita nella finanza con tutte le complicazioni del caso, è chiaro».
In generale, come riuscite a stare vicino ai clienti in questa fase di emergenza?
«La cosa più difficile è esserci. Nei momenti di grave difficoltà e di profonda incertezza come questi, in cui la componente psicologica è molto forte, serve la proattività. Investiamo tantissimo in innovazione e tecnologia ma ci mettiamo sempre la faccia, con i nostri banker sempre al fianco dei clienti. E la fiducia che ci continua ad arrivare con la crescita della raccolta è la risposta più esaustiva della soddisfazione».
Ha un messaggio per chi ci governa?
«Il quadro è complesso, ma serve focalizzarsi sui passi da compiere per la ripresa. Cerchiamo di riaprire subito quelle aziende che già oggi garantiscono i massimi criteri di sicurezza e devono restare competitive sui mercati globali. E aiutiamole a dotarsi degli strumenti necessari per lavorare in sicurezza, ma soprattutto a garantire l’occupazione e i prodotti/servizi. Ma, soprattutto, ricordiamoci dei giovani: investiamo su di loro, adesso. Sono necessari per portare speranza perché saranno i primi che potranno tornare al lavoro. Cerchiamo di predisporre stimoli alle aziende che tengano conto delle opportunità che offrono i giovani per la ripresa. È da loro che bisogna ripartire».
