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Dopo la Cina, il «passaggio» ora è in India

Dopo la Cina, il «passaggio» ora è in India

La Germania si attrezza per emanciparsi dalle dipendenze economiche da Pechino. E New Delhi gioca un ruolo cruciale in questa nuova geografia asiatica. Che riguarda da vicino anche l’Italia.


Le autorità egiziane hanno smentito la notizia secondo cui il governo indiano aveva assicurato una linea di credito nei confronti dell’Egitto, precisando che i colloqui con Nuova Delhi riguardavano l’utilizzo della rupia nelle partite commerciali tra i due Paesi. In diversi hanno subito provato a strumentalizzare la vicenda, sostenendo che il mondo dei Brics – l’insieme di Stati considerati «emergenti» che comprende Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica – si sta affrancando dalla sfera di influenza «anglo». Gli stessi osservatori hanno però disinvoltamente glissato sui negoziati militari tra Germania e India degli ultimi mesi. Si tratta in particolare della fornitura di sommergibili prodotti dalla Thyssen Krupp.

Le cronache delle ultime settimane hanno fatto registrare un intervento deciso e senza precedenti del ministro della difesa tedesco. Boris Pistorius, che è stato in visita in India a inizio giugno, non si è limitato ad accompagnare istituzionalmente i negoziati, e ad anticipare la partecipazione della marina militare tedesca a esercitazioni navali nell’oceano Indiano il prossimo anno. C’è dell’altro: in ripetute interviste rilasciate sia a media tedeschi sia a quelli indiani, ha detto chiaramente che l’industria del suo Paese punta molto sull’India, e che intende ridurre la storica dipendenza di Nuova Delhi da Mosca per ciò che riguarda il comparto militare.

Per un verso, oltre alla paziente tessitura dei diplomatici, è evidente che anche i panzer e gli u-Boot sono parte integrante dell’agenda strategica di Berlino. Nel caso dell’India, il ruolo della Germania è particolarmente interessante. È infatti noto da tempo che soprattutto le imprese tedesche di taglia medio-piccola – il cosiddetto Mittelstand – stiano guidando un massiccio ribaricentramento degli insediamenti produttivi tedeschi in Asia dalla Cina verso altre piazze. La ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, è stata molto esplicita in una recente conferenza stampa: il governo tedesco non sarà in grado di varare maxi-salvataggi di colossi tedeschi nel caso di una grave crisi con la Cina. Detto altrimenti: lasciate il Dragone il prima possibile, perché quando le cose si metteranno male non potremo fare granché.

L’India, inoltre, è in cima alla lista delle preferenze delle imprese tedesche, ma la questione riguarda da vicino anche l’Italia: le nostre imprese sono infatti saldamente integrate nelle catene del valore della Germania. Colpisce inoltre che proprio il suo governo, nell’assecondare questa tendenza, si impegni espressamente ad allontanare New Delhi da Mosca. Berlino, nel sopprimere il proprio eurasismo (leggasi: energia dalla Russia, export verso la Cina), aiuta l’India a fare i conti con la propria eredità storica. Da sempre in pessimi rapporti con Pechino, il Subcontinente ha mantenuto ottimi rapporti con Mosca (leggasi: energia e armi). La Germania non potrà forse stravolgere radicalmente questa impostazione, ma non vi è dubbio che eserciti un’influenza notevole. Anche Giorgia Meloni avrà l’occasione di tornare sul «dossier India». A settembre, infatti, il presidente del Consiglio italiano farà ritorno in India per il vertice G20 dei capi di Stato e di governo. E a New Delhi faranno visita, prima o dopo il G20, anche altri ministri tricolore. Come Tajani, che interpreta molto attivamente il suo ruolo.

Per un altro verso, si consolida il fortissimo interesse sia indiano sia europeo a presidiare le arterie marittime del commercio, mettendone in sicurezza i gangli vitali (Corno d’Africa ed Egitto) e dotando l’India di tecnologie avanzate che la mettono in grado di dire la sua nell’oceano Indiano e all’interno del Quadrilateral security dialogue (il Quad). Non c’è invece un ritorno agli schemi terrestri che governarono i traffici delle spezie tra la Serenissima e l’Oriente fino al 1498, più precisamente, quando la scoperta della Carreira da India – la Rotta per l’India del portoghese Vasco da Gama – rese di colpo obsoleti, superati fondaci veneziani, porti e angiporti e le carovane dall’Oriente. A tirare un sospiro di sollievo saranno i porti italiani dove fanno scalo le merci che arrivano nel Mediterraneo da Suez.

L’autore, Francesco Galietti, è esperto di scenari strategici, fondatore di Policy Sonar

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