Nei giorni scorsi, ha creato scompiglio la comunicazione dell’Arera (Autorità di Regolazione per l’Energia, Reti e Ambiente) di una previsione di aumento di prezzi a partire dal 1° ottobre del 16% circa per l’energia elettrica e dell’11% circa per il gas.
È vero che l’aumento (mese su mese) del costo delle materie prime energetiche sarà quello previsto dall’autorità. Il punto è che il mese precedente era il sesto consecutivo di discesa dei prezzi delle materie prime, effetto di un crollo dei prezzi dovuti alla crisi della domanda post emergenza COVID. Il crollo è stato tale che, nonostante questo rialzo previsto a partire da ottobre, si stima che il costo medio dell’energia per le famiglie nel 2020 sarà decisamente più basso del 2019, con un risparmio previsto del 13%, pari a 74 euro l’anno, per l’energia elettrica e del 12%, pari a 133 euro l’anno, per il gas. Quindi, nonostante questi aumenti, si prevede che a fine anno le famiglie avranno risparmiato mediamente oltre 200 euro l’anno nell’acquisto dell’energia.
«Il rincaro non è poco, anzi rispetto agli ultimi anni, in termini percentuali è un rincaro record – commenta Matteo Ballarin presidente di Europe Energy, azienda che offre i servizi di luce, gas, fibra e mobile con il brand WITHU – Tornando al rincaro, bisogna fare un’ulteriore precisazione su questa maggiorazione dei prezzi. Tale rincaro si applica alle famiglie ed imprese che non hanno scelto il mercato libero, quindi non è per tutti gli italiani. Questo perché il mercato libero offre la possibilità di scegliere ad esempio di avere offerte con un prezzo fisso e quindi il cliente conosce quanto pagherà per tutti i 12 mesi, permettendogli di rimanere sempre nella sicurezza di un prezzo fisso di spesa.Il consiglio che posso dare alle famiglie per contenere o meglio ammortizzare al meglio i rincari è consumare l’energia in modo intelligente e quindi utilizzare un approccio di vita differente come usare lampadine a risparmio energetico, oppure staccare gli interruttori dopo l’uso».
E quella del Mercato Libero è una riforma che di sicuro non ha mantenuto tutte le promesse iniziali. Gli italiani infatti si sono mostrati fortemente scettici, non capendo, forse nemmeno conoscendo, ma temendo che dietro questa o quella offerta si nascondesse una colossale fregatura.
Bisogna fare però delle considerazioni più generali. Le fluttuazioni del prezzo dell’energia possono essere dovute solo in parte a compensazioni dei livelli di domanda e offerta, come accaduto in primavera, quando la domanda e’ crollata. Spesso a guidare queste fluttuazioni sono scelte politiche.
Questo svela anche un aspetto delle nostre bollette: eventuali aumenti di prezzi non sono imputabili quasi mai a dinamiche di mercato tra le compagnie energetiche, ma sono legati a trend di mercato (prezzo dell’energia sui mercati internazionali) e decisioni del legislatore (tasse, accise). Oltre il 70% delle bollette che ci arrivano, infatti, sono composte da materia prima e tasse o accise, che non portano alcun margine alle compagnie energetiche. Queste infatti non fanno altro che da centro d’acquisto dell’energia per i loro clienti (nel caso della materia) o da sostituto d’imposta dello stato (nel caso delle tasse o accise). Non c’è quindi alcun abuso da parte delle società del settore in queste fluttuazioni, che siano verso l’alto o verso il basso. In Italia tutti sappiamo che abbiamo un costo per l’energia più elevato rispetto ad altri paesi e che la bolletta è gravata per il 43% da tasse (Eurostat, 2019) e per un altro 20% da oneri di distribuzione soggetti a regolazione.
E anche quando lo Stato interviene accade sempre un effetto boomerang, dove all’iniziale entusiasmo seguono problematiche complesse. Pensiamo allo scorso 26 maggio 2020, quando, in piena emergenza Covid era stato approvato un intervento a favore delle aziende, con una riduzione di 600 milioni di euro di costi in bolletta per le aziende, a carico dello Stato. Dalla gioia per l’annuncio, clienti ed operatori del settore sono passati in pochi minuti alla frustrazione, una volta lette le condizioni dell’intervento. Si trattava di una limitazione solo per aziende con potenza di energia impegnata superiore a 3 Kw. Questa indicazione, oltre ad essere di difficile comprensione per il cliente, tagliava fuori per esempio i piccoli uffici, anche in settori fortemente impattati dalla crisi. Non c’è alcun legame, infatti, tra la “potenza di energia impegnata” e la difficoltà dell’azienda in questo momento storico.
Il tipo di beneficio, inoltre, è naturalmente complesso da calcolare. L’ordinanza stabiliva infatti che “per il trimestre maggio-giugno-luglio, venisse azzerata la quota relativa alla potenza e applicata solo una quota fissa di importo ridotto (fissata convenzionalmente a quella corrispondente alla potenza impegnata di 3 kW)”. Un meccanismo di difficile comprensione per un esperto del settore, figurarsi per un cliente. Senza contare, poi, che non tutte le offerte commerciali in vigore hanno una quota relativa alla potenza, quindi molti clienti potenzialmente beneficiari non vedranno alcun beneficio!
Insomma, ennesima occasione persa e quando per la prima volta, in un momento di emergenza e per un periodo limitato, si decide di intervenire con una riduzione, lo si fa su una componente di ricavo in capo alle aziende (promettendo un rimborso futuro alle stesse). E poi anziché agire magari in maniera proporzionale alla spesa, per alleggerire di un importo congruo tutte le bollette, si sceglie di escludere alcuni (proprio i più piccoli!) e di creare un meccanismo contorto che rende impossibile la quantificazione del beneficio. Naturalmente nessun preavviso per le aziende venditrici, che devono con estrema velocità e rapidità cambiare da un giorno all’altro i sistemi di fatturazione.
