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Detassiamo gli aumenti salariali

Detassiamo gli aumenti salariali

Rubrica: Portugal Street

È una leva potente, che creerebbe un nuovo clima e una nuova strada per la crescita. Un tema all’ordine del giorno, legato all’avvio del negoziato sul rinnovo contrattuale dei metalmeccanici.


I dati di Confcommercio pubblicati oggi confermano una forte depressione dei consumi e il marcato rallentamento delle dinamiche della spesa delle famiglie anche nel mese di maggio. Si conferma che la ripresa sarà lenta e probabilmente con un andamento meno a V e più a U. D’altra parte, con la marcata frenata della produzione e la forte quantità di lavoro non utilizzata (disoccupati, cassaintegrati, inattivi) è difficile immaginare una ripresa rapida e sostenuta.

Appare prioritario, dunque, intervenire con strumenti adatti per sostenere i redditi delle famiglie, strumenti che da subito possano garantire la ripresa della domanda interna, atteso che l’export dipenderà da fattori non interamente nelle mani del governo. Il tema della riduzione dell’Iva, che in queste ore ha posto il governo – anche sulla base di alcune esperienze estere – è certamente importante.

In generale, la riduzione della pressione fiscale per un Paese come l’Italia gravato da un pesante carico fiscale e di oneri sociali rappresenta comunque una buona notizia. Come già hanno evidenziato le prime analisi è un intervento dal costo elevato se vuol essere incisivo – come però tutti gli interventi di tipo fiscale – e i cui effetti sono molto incerti.

Sarà importante valutare bene l’intervento per comprendere se effettivamente attraverso questa misura è possibile sostenere, anche in modo selettivo, alcuni settori in crisi e rendere più sostenibile la spesa delle famiglie italiane oppure non è solo uno spreco di gettito con poca possibilità che trasli sui consumatori, e allora sarebbe inutile.

Occorre soprattutto valutare se la manovra sull’Iva sia altrettanto «propulsiva» di una equivalente sui redditi (Irpef) o sul cuneo fiscale – su cui peraltro da luglio già si avvierà una miniriduzione. In questo momento, per l’economia italiana è importante adottare quelle azioni che subito possono imprimere una accelerazione alla ripresa, la rapidità e immediatezza degli interventi sono la chiave per una ripartenza solida e duratura.

In questo quadro, altrettanto importante, e meno controversa, dovrebbe essere una manovra volta a fare crescere i salari, diminuendo il costo del lavoro per l’imprenditore e legandoli agli effettivi incrementi di produttività. Il tema è ugualmente all’ordine del giorno di queste ore perché legato all’apertura del negoziato sul rinnovo contrattuale dei metalmeccanici (ma anche altri settori stanno per aprire tornate negoziali), alla necessità di un nuovo quadro di relazioni industriali, alla non eludibilità di porre il tema della competitività al centro delle riforme strutturali dei prossimi mesi e anni.

E così, mentre il quadro generale dovrà essere definito con i tempi opportuni, sembra ci sia tutta la possibilità di fare già una cosa, invocata a più riprese da esponenti del sindacato (con qualche convergenza degli imprenditori): detassare gli aumenti contrattuali. Il governo si è detto disponibile a un intervento in questo senso: per farlo sarebbe sufficiente una norma che confluisca nel decreto Rilancio.

Detassare con efficacia immediata gli aumenti contrattuali darebbe maggiore sostanza alla retribuzione dei lavoratori, aprirebbe maggiore spazio a una intelligente negoziazione salariale dei prossimi rinnovi in una fase in cui gli spazi sono ristretti. Non sarebbe inoltre un costo per il bilancio pubblico, anzi si tradurrebbe in un guadagno (quando la Ragioneria dello Stato comincerà ad analizzare i numeri anche con un algoritmo diverso?). Ma non comprometterebbe neppure la ricerca di un sano equilibrio tra salario e produttività, che giustamente il sistema industriale reclama e che deve essere trattato in un assetto della contrattazione finalmente diverso e più vicino all’azienda e al territorio.

Si tratta, per la prima volta, di essere innovativi, di applicare quel ribaltamento di prospettiva che la pandemia impone, di applicare quel coraggio riformista che la politica appare avere smarrito. Non occorre per una norma siffatta un piano quinquennale, un astruso schema di griglie-obiettivo, un lungo progetto normativo. È sufficiente un semplice emendamento al Decreto Rilancio.

I salari sono stati troppo compressi in questi anni. La pandemia ha aggravato la situazione reddituale di milioni di famiglie italiane. Le aziende hanno bisogno di riprendere profittabilità con un mercato interno. Le relazioni industriali sono uno straordinario volano per la competitività e la coesione sociale del Paese. Detassare gli aumenti salariali sarebbe una leva potente, non unica ma significativa, per contribuire a creare un nuovo clima e una nuova strada per la crescita.

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