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Pensioni e cassa integrazione terremotate dal Covid

Pensioni e cassa integrazione terremotate dal Covid

Nel 2020 l’emergenza sanitaria ha causato 100.000 morti in più nel nostro Paese. Questo significa un risparmio per la previdenza
di 11,9 miliardi di euro nei prossimi anni. Ma, parallelamente, il 48% dei lavoratori ha beneficiato di sostegni per il calo delle attività…


La pandemia da Sars-Cov2 ha colpito duro il nostro mondo: oltre 142 milioni di contagiati e 3 milioni di decessi secondo le rilevazioni della Johns Hopkins University; particolarmente duro nel nostro Paese sia economicamente sia sotto il profilo sanitario. Lo confermano i dati di Itinerari Previdenziali elaborati in base ad alcuni indicatori che classificano l’Italia il terzo peggiore Paese sui 30 principali analizzati, il che smentisce la narrazione di Giuseppe Conte e del suo ministro della Salute che parlavano di «modello Italia».

Questi risultati indicano che: a) sia il ministero della Salute e tutte le sue diramazioni sia gli scienziati nostrani (i virologi che presidiano tutti i talk show) fino al 21 febbraio non si erano accorti che in Italia circolava da tempo il virus nonostante le terribili immagini di Wuhan; per fortuna ci ha pensato la giovane dottoressa Annalisa Malara di Codogno che, dopo ripetute richieste alla sanità lombarda, si è assunta la responsabilità di fare i tamponi per verificare la tipologia di virus scoprendo l’esistenza del Covid-19 sul paziente 1, a cui segue il primo decesso a Vo’ Euganeo.

Eppure l’Istat aveva segnalato un aumento dei decessi per malattie respiratorie già nei primi mesi del 2019 tant’è che a dicembre vengono rinvenute tracce Rna del virus nelle acque reflue di Torino e Milano e nei campioni istologici prelevati a novembre 2019, il che retrodata ancora la presenza del Covid-19 probabilmente a settembre o prima; a fine dicembre negli ospedali di Milano Niguarda e San Paolo, di Como e di Piacenza si registra un afflusso quasi doppio di «polmoniti anomale». b) Nonostante che da oltre 40 giorni tutte le tv mostrassero le immagini di Wuhan, nessuno si è posto una semplice domanda: se capitasse anche a noi saremmo pronti?

Purtroppo, nonostante che il premier Conte il 27 gennaio 2020 dichiari come l’Italia sia «prontissima a fronteggiare l’emergenza avendo adottato misure cautelative all’avanguardia», abbiamo scoperto che non esisteva alcun piano pandemico; c’era quello del 2006 neppure aggiornato al Sars-Cov-1 del 2002/3 e alla «suina» del 2009. È questa somma di errori e omissioni che ha causato la gravità della situazione italiana. Per valutarla abbiamo utilizzato 4 indicatori-base: numero dei decessi ogni 100.000 abitanti, variazione del Pil dal 2019 al 2020, deficit 2020 e incremento del rapporto debito/Pil; a ognuno è stato assegnato un punteggio rapportato poi alla media aritmetica dei 30 Paesi, ottenendo l’indice di performance di ciascuno di essi; sommando gli indici parziali si ottiene l’indice di performance totale.

L’obiettivo è misurare l’efficacia delle misure prese, considerandone il costo; un indice alto evidenzia grandi sacrifici economici che però hanno prodotto scarsi risultati nella gestione della crisi sanitaria ed economica; di contro, un indice basso segnala una buona risposta del Paese da tutti i punti di vista. In base ai dati (Fmi e Jhu) al 30 marzo 2021, risulta che l’Italia ha fatto enormi sacrifici economici, ha aumentato il debito del 27% raggiungendo il 157,5% in rapporto al Pil (a fine febbraio 2021, secondo le stime di Banca d’Italia, il debito è già cresciuto a 2.644 miliardi, ben 74,5 miliardi in più); ha fatto un deficit dell’11,07% (160 miliardi di nuovo debito) e ha perso circa il 9% del Pil. Avendo speso e adottato tante misure di confinamento avrebbe dovuto ottenere risultati sanitari buoni; invece si classifica al terzo posto (tra i peggiori) per numero di decessi ogni 100.000 abitanti: 178,60, dopo il Belgio con 200,46 e Regno Unito con 190,76; seguono Usa (168), Portogallo, Spagna e Messico (160), distanziando gli altri Stati.

E infatti il 2020 è stato un anno record per i decessi imputabili a tutte le cause di morte: 746.146, ben 100.526 in più (il 15,6%) rispetto alla media registrata tra il 2015-2019, pari a 645.619, delle quali 75.891 (è probabile siano sottostimate), ufficialmente attribuite al Covid-19 tra febbraio e il 31 dicembre 2020 secondo i dati registrati dall’Istituto Superiore di Sanità. Questo «eccesso di mortalità» ha colpito prevalentemente la popolazione più anziana (la meno protetta e qui altri errori della nostra sanità), mentre per gli under 49 anni si è registrato addirittura un decremento probabilmente dovuto ai vari lockdown che hanno diminuito incidenti stradali e infortuni sul lavoro. Tutto ciò ha avuto notevoli effetti sul sistema pensionistico Inps con conseguente cancellazione di numerose pensioni proprio a causa della morte degli anziani. I deceduti sopra i 65 anni sono stati 96.818, quasi certamente già pensionati, pari al 96,3% dell’eccesso di mortalità complessiva, secondo l’Istat e l’Iss che indicano in 20.110 i deceduti dai 65 ai 79 anni e 76.708 i deceduti con 80 anni e più.

Considerando il reddito pensionistico medio annuo lordo dei pensionati (dato Inps), l’aspettativa di vita rilevata da Istat 2019 – poiché le persone decedute in anticipo rispetto al normale andamento della mortalità hanno perso numerosi anni e considerando altresì le probabilità che la pensione della persona deceduta possa aver dato luogo a un assegno di reversibilità – la riduzione della spesa pensionistica per il 2020 è stata pari a 1,11 miliardi di euro. Proiettando la mancata spesa per il decennio 2020-2029 in base agli anni di vita potenzialmente persi a causa della premorienza, circa 13 anni per i 20.110 morti con 65-79 anni di età e circa sette anni per i 76.708 morti con 80 e più anni e la sopravvivenza statistica dei coniugi superstiti, l’entità della minore spesa pensionistica complessiva per l’Inps è stimata in circa 11,9 miliardi di euro.

Se da questo punto di vista, purtroppo, c’è stata una spesa minore per l’Istituto di previdenza, sul lato minori entrate contributive e maggiori spese per il sostegno al reddito le cifre sono ancora più impressionanti. Le entrate correnti hanno registrato nel 2020 un calo del 6,4 %, i contributi sociali versati all’Inps si sono ridotti del 5,8% rispetto al 2019, cioè 12 miliardi in meno a causa sia della perdita di oltre 700.000 posti di lavoro sia per il numero record di cassa integrazione.

Lo scorso anno infatti le ore di cassa integrazione autorizzate, per la stragrande maggioranza con causale Covid-19, sono state 2.960.686.616 cui si aggiungono circa un miliardo di ore a carico dei fondi di solidarietà. Un valore pari a circa 15,2 volte le ore del 2019 (259.653.602) e degli anni precedenti, quadruplo rispetto agli anni della crisi finanziaria, tra 2011 e 2015, di cui secondo l’Inps hanno usufruito quasi 7 milioni lavoratori dipendenti, cui si aggiungono 4,2 milioni di autonomi che hanno beneficiato dei vari bonus. Quindi da marzo a dicembre 2020 ben 11,1 milioni di lavoratori, cioè il 48% del totale, hanno beneficiato di sostegni al reddito in costanza di rapporto di lavoro, dato mai visto nella storia del Paese. Solo per le contribuzioni figurative, considerando un utilizzo del 70% delle ore autorizzate, il costo a carico dello Stato è di circa 8 miliardi mentre l’onere per la gestione prestazioni temporanee dell’Inps che chiudeva sempre in attivo, sarà non inferiore ai 5 miliardi.

Per il «modello Italia» non sono risultati lusinghieri considerando anche l’enorme perdita di vite umane proseguita nel primo quadrimestre 2021; per il governo Draghi è un lascito pesante. Un ultimo riferimento alla nostra indagine: in base a dati della Johns Hopkins University abbiamo calcolato l’indice di mortalità, il numero di decessi registrati rapportati al totale dei contagiati; ci classifichiamo al quarto peggior posto con valore pari al 3,1 per cento, superati da Paesi non paragonabili per spesa sociale all’Italia: Messico (9,1), Egitto (5,9), Cina, Iran. Quanti morti avremmo risparmiato con più preparazione della classe politica? Aspettiamo con ansia l’esito dell’inchiesta della Procura di Bergamo.

* Presidente Itinerari Previdenziali

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