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Quanto ha reso a Big Pharma il covid: 100 miliardi di euro

Quanto ha reso a Big Pharma il covid: 100 miliardi di euro

Il Sars-CoV-2 che ha messo in ginocchio il pianeta si è rivelato, per le aziende farmaceutiche, un affare colossale. A vincere alla lotteria pandemica sono state le americane Pfizer e Moderna, l’anglo-svedese AstraZeneca, le cinesi Sinovac e Sinopharma… Giusto, a questo punto, rimuovere i brevetti?


Per 4 milioni e mezzo di famiglie è stata una tragedia, la perdita di una persona cara. Per i 195 Paesi del mondo un’emergenza che ha messo a dura prova i sistemi sanitari, l’economia e le finanze pubbliche. Ma per un piccolo gruppo di aziende la pandemia di Covid-19 si è rivelata un grande affare: un biglietto della lotteria che quest’anno potrebbe valere ben 100 miliardi di dollari di ricavi, ovvero 50 volte le vendite globali dell’aspirina. Un fiume di soldi pubblici che finiscono nelle casse di Big Pharma. In particolare a spartirsi la gigantesca torta saranno un pugno di produttori di vaccini, tra cui le americane Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, l’anglo-svedese AstraZeneca e le cinesi Sinovac Biotech e Sinopharm Group. Un manipolo di imprese che sono state capaci non solo di trovare in tempi record la ricetta per frenare la diffusione del virus, ma anche di mettere in produzione miliardi di dosi di vaccino. E ora incassano una ricca ricompensa, destinata a crescere dopo che alcuni governi hanno autorizzato la terza dose per le persone più fragili.

Le fette non sono uguali per tutti.

La fetta più sostanziosa se la prende Pfizer che prevede di ricavare quest’anno, insieme alla partner tedesca Biontech, 33,5 miliardi di dollari dalle vendite del vaccino per il Covid, mentre nel 2022 dovrebbe portare a casa, secondo la società di analisi Airfinity, 56 miliardi. Un successo meritato: il suo prodotto a base di acido ribonucleico messaggero, come quello di Moderna, si è rivelato più efficace rispetto ai vaccini più economici sviluppati da Oxford-AstraZeneca e Johnson & Johnson. Inoltre la casa farmaceutica americana ha battuto i concorrenti sul tempo ottenendo per prima, nel dicembre 2020, le autorizzazioni dalle autorità sanitarie americane ed europee.

Pfizer è la seconda azienda farmaceutica del mondo, in borsa vale 255 miliardi di dollari e il suo fatturato, grazie al vaccino, dovrebbe passare il prossimo anno dagli attuali 51 miliardi ad oltre 80. Produce decine di medicine, tra cui il mitico Viagra, e vanta una lunga storia: fu fondata a New York nel 1849 dai cugini di origine tedesca Charles Pfizer e Charles Erhardt e diventò talmente importante che la maggior parte della penicillina usata dalle truppe americane nel D-Day del 1944 fu prodotta nei suoi stabilimenti. Oggi Pfizer, presente in Italia dal 1955, è guidata dal ceo Albert Bourla, che nel 2020 ha ottenuto un compenso totale di 21 milioni di dollari. Come molte grandi case farmaceutiche la Pfizer ha affrontato numerose controversie legali che riguardano i suoi prodotti, le politiche commerciali, i brevetti. E certo non la rende più simpatica l’aver deciso di vendere il vaccino ai Paesi ricchi a prezzo pieno (mentre AstraZeneca ha rinunciato a fare profitti sulla pandemia): in agosto Pfizer ha rincarato il suo vaccino anti-Covid destinato all’Europa di più di un quarto, da 15,5 a 19,5 euro a dose. I Paesi a reddito medio pagano invece circa la metà di quel prezzo mentre quelli a reddito più basso solo il costo di produzione.

Dopo Pfizer, la casa che guadagnerà di più grazie al vaccino è Moderna, che prevede di ricavarne quest’anno 19,2 miliardi e si stima che nel 2022 la cifra salirà a 30 miliardi. A differenza del colosso Pfizer, Moderna è una giovane azienda che deve tutto il suo successo alla lotta contro il Covid: fondata nel 2010 a Cambridge (Massachusetts) e quotata al Nasdaq, la società era nata per commercializzare i risultati delle ricerche del biologo canadese Derrick Rossi sulle cellule staminali. Con l’arrivo della pandemia i suoi scienziati si sono lanciati alla ricerca di un antidoto e il 16 novembre 2020 hanno annunciato la messa a punto di un vaccino con un efficacia del 94,5 per cento. Nel giro di un anno il fatturato di Moderna è schizzato dagli 800 milioni del 2020 ai 20 miliardi previsti nel 2021. Anche perché il suo prodotto è il più caro: agli europei le singole dosi di Moderna costano 25,50 dollari (21,57 euro).

A distanza seguono gli altri due protagonisti della battaglia dei vaccini: Johnson & Johnson e AstraZeneca. La prima è un’azienda americana nata nel 1885 con sede nel New Jersey. Sforna farmaci, apparecchiature mediche e prodotti per la cura personale. È un gigante da oltre 56 miliardi di dollari di fatturato di cui 2,5 attesi per quest’anno dal vaccino anti-Covid. È guidata da Alex Gorsky il cui compenso è stato fissato per il 2020 a 29,6 milioni di dollari nonostante il voto contrario di alcuni importanti investitori istituzionali. La multinazionale AstraZeneca, che ha sede a Cambridge in Inghilterra, dovrebbe ricavare quest’anno dalla vendita dei vaccini una cifra vicina ai 3 miliardi di dollari. L’azienda ha iniziato a lavorare sul vaccino l’anno scorso dopo aver collaborato con l’Università di Oxford, pur non avendo alcuna esperienza precedente nel campo. E in effetti l’azienda ha affrontato una serie di imprevisti, tra cui controversie sui dati, problemi di produzione e collegamenti a rari effetti collaterali che hanno portato alcuni Paesi a fermare o limitare il suo uso. L’11 giugno, per esempio, il governo italiano ha ristretto la somministrazione del vaccino AstraZeneca ai pazienti oltre i 60 anni di età, dopo la morte della diciottenne Camilla Canepa a causa di un trombo. Inoltre la società anglo-svedese è finita nel mirino della Commissione europea per i continui ritardi nelle consegne, una controversia che si è risolta il 3 settembre con un accordo che prevede la distribuzione di 200 milioni di dosi. In compenso il vaccino AstraZeneca è il più economico, costa solo 3,7 dollari per iniezione, e la società non intende ottenere un profitto dalla sua vendita durante la pandemia.

Troppi soldi per Big Pharma?

Alla riconoscenza verso le case farmaceutiche per la rapidissima messa a punto dei vaccini anti Covid e la loro produzione di massa, si è unita la protesta. È giusto che un piccolo gruppo di aziende approfitti della pandemia per incassare decine di miliardi pagati dagli Stati? Perché non costringerli a condividere i brevetti? E non è forse vero che la ricerca dei vaccini è stata finanziata con i soldi pubblici? La confederazione di Ong Oxfam insieme ad Emergency sostengono che Pfizer-Biontech e Moderna farebbero spendere agli stati 41 miliardi di dollari in più rispetto al costo di produzione dei vaccini, nonostante le stesse aziende abbiano ricevuto oltre 8,25 miliardi di finanziamenti pubblici (5,75 miliardi di dollari per Moderna e 2,5 miliardi di dollari per Pfizer-Biontech inclusi i preordini assicurati dai governi). «Solo l’Italia fino ad oggi per questi due vaccini avrebbe speso 4,1 miliardi di euro in più di denaro dei contribuenti. Risorse che potrebbero essere investite per rafforzare il sistema sanitario nazionale» si legge in un documento firmato dalle due organizzazioni. Anche il presidente Usa Joe Biden si è detto favorevole a rimuovere le protezioni dei brevetti. Una eventualità che Big Pharma esclude categoricamente: «Aprire dei siti di produzione del vaccino Pfizer-Biontech al di fuori degli Stati Uniti e nell’Unione europea» ha replicato Bourla «sarebbe complicato per i problemi legati all’approvvigionamento delle materie prime, rischiando di ridurre il numero di dosi prodotte». Rincara Farmindustria, l’associazione italiana delle industrie del settore: la deroga ai brevetti «non servirebbe ad aumentare la produzione né a offrire le soluzioni necessarie per vincere la pandemia. Potrebbe avere invece l’effetto opposto: dirottare risorse, materie prime verso siti di produzione meno efficienti. E potrebbe determinare l’aumento della contraffazione a livello globale».

Intanto per ora solo il 30 per cento della popolazione mondiale ha ottenuto la doppia dose di vaccino e la maggior parte di chi non ha visto l’ombra di una siringa vive nei Paesi più poveri.

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