Si stanno diffondendo anche in Italia le B Corp, imprese certificate che nelle loro produzioni s’impegnano a garantire alti standard sociali e ambientali. I loro vantaggi non sono soltanto etici, ma risultano più attrattive per consumatori e investitori.
Quante volte davanti a uno scaffale, indecisi nell’acquisto, a parità di prezzo e qualità, abbiamo preferito un marchio che fa scelte etiche. Quel brand che rispetta l’ambiente, che si preoccupa del benessere dei propri collaboratori, che in qualche modo dà un contributo a migliorare il pianeta. Sono i «buoni» del sistema, imprenditori che si sono posti come obiettivo il bene comune, senza rinunciare al profitto. C’è chi costruisce asili per i figli dei dipendenti, chi adotta tecnologie per risparmiare acqua ed energia, chi dona alberi alle città, chi sponsorizza missioni contro l’inquinamento dei mari. Un recente sondaggio di Trustpilot e London research ha rivelato che oltre il 90 per cento dei consumatori italiani smetterebbe di acquistare da un brand di moda privo di standard etici. I «campioni» dell’economia buona sono le Benefit Corporation dette anche B Corp.
Sono una realtà giovane che ha avuto origine negli Stati Uniti nel 2006 ma si è diffusa subito nel mondo e in Italia sta conoscendo un boom. La Warby Parker, azienda americana di occhiali che nel 2015 fu scelta come «Most innovative company» battendo colossi come Apple, Samsung e Google, era certificata B Corp: per ogni paio venduto ne aveva donato uno a persone bisognose nei Paesi in via di sviluppo. In 10 anni ha regalato (ma anche venduto) oltre sette milioni di occhiali, dimostrando che il fattore reputazionale è anche un traino per i risultati economici. Entrare nel club delle società Benefit significa potenziare l’azione di marketing, essere più attrattivi per gli investitori, avere più visibilità sui media e accedere a vantaggi fiscali.
Come si diventa B Corp? La certificazione viene assegnata da un ente statunitense no-profit, il B Lab, che misura e attesta l’impegno dell’azienda verso tematiche sociali e ambientali. Oggi sono 3.900 le imprese certificate in 71 Paesi e in 150 settori diversi. Nella Ue se ne contano 700. A queste se ne aggiungono 140 mila che, pur non essendo certificate, hanno inserito nella loro strategia gli stessi valori.
Nel nostro Paese si è assistito negli ultimi anni a un incremento del fenomeno che il B Book 2020 ha definito «il più veloce in Europa». Oggi si contano circa 120 B Corp tricolori: fatturano in totale 5 miliardi e danno lavoro a 9 mila persone. La legislazione italiana è all’avanguardia e con un decreto del 2016 ha dato riconoscimento giuridico alle Società Benefit, aziende che hanno gli stessi valori delle B Corp. Se ne contano un migliaio.
Della diffusione di questo tipo di cultura imprenditoriale ne parla a Panorama Eric Ezechieli, fondatore della società di consulenza Nativa insieme a Paolo Di Cesare, prima B Corp europea, partner per l’Italia dell’ente di certificazione B Lab. «Le nostre aziende sono un laboratorio planetario per questo fenomeno. È facile che la sensibilità al bene comune si sviluppi in aziende a conduzione familiare e dove i dipendenti sono del Paese in cui si trova. Trasformare l’impresa in Società Benefit è un modo per tramandare valori alle nuove generazioni o a eventuali acquirenti».
I settori industriali sono i più diversi: dall’alimentare alla chimica, dal farmaceutico al tessile, dalle costruzioni al mondo bancario e alla cosmetica.
Una delle più recenti certificazioni è andata a Illycaffè, la prima azienda italiana del settore a ricevere questo attestato. «Promuoviamo pratiche sostenibili a tutti i livelli della filiera» spiega l’amministratore delegato Massimiliano Pogliani. Il che significa, tra le varie iniziative, «trasmettere ai produttori le tecnologie più avanzate, come sistemi di irrigazione che consentono un risparmio dell’acqua del 35 per cento. Poi la creazione di asili dove i coltivatori possono lasciare i figli. Inoltre stipuliamo con i produttori contratti di acquisto del caffè a lungo termine, in modo che abbiano certezze nel tempo e finanziamenti più facili dalle banche. Infine, abbiamo iniziative per risparmiare energia tra cui un meccanismo per non disperdere il calore generato nelle tosterie».
Un’altra B Corp italiana è Save the Duck che, come spiega Silvia Mazzanti, product e sustainability manager, si focalizza nella sua produzione di abbigliamento sul rispetto degli animali e dell’ambiente. «Non usiamo piuma d’oca, ma i giacconi hanno un’imbottitura sintetica ad alta tecnologia. Li ha indossati anche lo scalatore indiano vegano Kuntal Joisher nella sua impresa sull’Everest».
L’azienda ha sponsorizzato l’esploratore Alex Bellini, impegnato nella difesa dell’ambiente, che ha percorso i fiumi più inquinati della Terra alla scoperta di come si forma il Great Pacific garbage patch, l’ammasso di plastica che galleggia nell’oceano più grande. Ancora: Aboca, realtà farmaceutica nota per integratori alimentari, ha ottenuto il 100 per cento del punteggio come B Corp per l’impatto ambientale. «In tutta la filiera, dalla coltivazione della materia prima al prodotto finale, usiamo solo sostanze biodegradabili» afferma l’amministratore delegato Massimo Mercati. L’attenzione al risparmio energetico si spinge a iniziative come l’introduzione di un meccanismo di condivisione delle auto nel percorso casa-lavoro con una app. «Hanno aderito 150 dipendenti, un successo» conferma. L’economia buona si costruisce anche con piccoli, tenaci passi. n
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