Sempre più italiani scelgono la cedolare secca per affittare casa. Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Economia sono oltre 3 milioni i proprietari che hanno scelto questo regime fiscale, con un gettito per lo Stato in aumento dell’8,6%. E nei giorni scorsi due sentenze della Cassazione hanno ribadito che l’opzione della cedolare secca va applicata sugli affitti di case anche se l’inquilino è un’impresa, che stipula i contratti per le esigenze abitative dei suoi dipendenti. Sentenze che potrebbero aprire la strada a un allargamento della platea di proprietari che scelgono la cedolare secca.
La cedolare secca è una forma di tassazione alternativa al regime ordinario per chi affitta un immobile a uso abitativo. Consente di pagare un’imposta fissa (e più leggera) al posto dell’Irpef e di altre tasse, come quelle di registro e di bollo. È riservata ai privati cittadini (non alle imprese) e si applica a determinati tipi di contratti e con aliquote diverse. Il 21% per gli affitti a canone libero, il 10% per i canoni concordati, previsti per alcune città ad alta tensione abitativa o in casi particolari (studenti, contratti brevi) e il 26% per gli affitti brevi dopo il primo immobile.
Nel 2023 (guardando le dichiarazioni dei redditi 2024, le ultime disponibili), 3,1 milioni di proprietari hanno scelto questo regime fiscale, il 3,8% in più rispetto all’anno precedente, quando erano 2,9 milioni. Il gettito complessivo è stato di 3,7 miliardi di euro. Il reddito da affitti rientranti nel regime della cedolare secca ha raggiunto i 21,6 miliardi di euro, l’8,6% in più rispetto al 2022. I contratti a canone libero (quindi con aliquota al 21%) hanno coperto la parte maggiore, con 13,7 miliardi di imponibile. In media, chi ha affittato con questa formula ha percepito 6.940 euro all’anno. Anche l’aliquota del 10% ha segnato numeri importanti: oltre un milione di proprietari l’hanno scelta, con un guadagno medio annuo di 5.720 euro. Gli affitti brevi (meno di 30 giorni), usati spesso per locazioni turistiche, sono stati circa 30mila, per un imponibile complessivo di 438 milioni di euro e una media annua superiore a 14.000 euro per proprietario. Guardando alle varie regioni la cedolare secca al 21% è diffusa soprattutto in Lombardia, dove è la scelta del 22,8% dei soggetti. L’opzione al 10% è usata principalmente nel Lazio, dove si trova il 17,7% dei soggetti. I dati ufficiali non specifichino il numero esatto di proprietari che hanno scelto invece il regime ordinario nel 2023, ma se secondo l’Agenzia delle Entrate il numero totale di locatori persone fisiche era di circa 2,8 milioni nel 2022, quindi è evidente che la cedolare secca rappresenta la scelta predominante tra gli italiani che affittano.
Via libera della Cassazione alla cedolare secca anche agli affitti aziendali
Nei giorni scorsi, due sentenze della Cassazione hanno aperto la strada a un allargamento dell’uso della cedolare secca. Finora il regime si può applicare solo se l’inquilino è una persona fisica. Ma se un’impresa affitta un immobile per una “sua” persona fisica? Un suo dipendente o amministratore? La Cassazione con due sentenze (n. 12076 e 12079/2025) ha praticamente ribadito (dopo che già l’anno scorso si era espressa in tal senso nella sentenza 12395/2024) che non conta chi firma il contratto, ma l’uso effettivo dell’immobile. Se si tratta di una casa per uso abitativo, anche se l’intestatario è un’impresa, il locatore può applicare la cedolare secca. Un segnale importante, che potrebbe cambiare la prassi. L’Agenzia delle Entrate aveva detto, dopo la sentenza del 2024, che un solo precedente non bastava. Ma ora le sentenze sono tre.