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Affitti: la crisi che cambia tutto

Affitti: la crisi che cambia tutto

Le locazioni hanno subìto un duro colpo dal Covid nel mondo, tra i giganti del lusso di New York come tra le famiglie italiane. Il mercato, dai b&b agli alloggi per studenti, è in drammatica trasformazione. E chi ha investito nel mattone come ammortizzatore sociale deve fare i conti sempre più spesso con inquilini morosi.


Chi l’avrebbe mai detto. Anche i giganti del lusso non pagano più gli affitti. La pandemia sta rivoluzionando il mercato immobiliare a tutti i livelli, dal piccolo investitore che prima del Covid ha visto il monolocale rendere meglio di una «blue chip», ai grandi portafogli che hanno fatto razzia di interi stabili, rivendendo o affittando gli appartamenti a peso d’oro. Per tutti questi che hanno vissuto la Golden age dell’immobiliare, il Covid è stato una doccia gelata.

Ciò che sta accadendo a New York è un esempio di come la crisi delle locazioni non ha risparmiato nemmeno i big della moda. Nella metropoli, 110 mila metri quadrati di negozi sono vuoti. Il lockdown ha ridotto il giro d’affari e anche i marchi famosi non riescono a pagare. Il proprietario del famoso centro commerciale al Columbus Circle ha accusato gli stilisti Michael Kors e Hugo Boss di essere in arretrato con l’affitto per sette milioni di dollari. Valentino si è rivolto al tribunale per recedere dal contratto da 1,6 milioni di dollari al mese per la boutique a quattro piani sulla Fifth Avenue. Lids, lo store che vende cappellini sportivi, è stato citato in giudizio per non aver pagato 511.000 dollari.

Le arterie di Manhattan sono una groviera di negozi chiusi. Ma negli Usa il mercato è veloce a riposizionarsi e i proprietari stanno trasformando i grandi store, difficili da rioccupare, in residence o spazi di coworking. Drammatica la situazione per gli immobili residenziali; quelli vuoti si sono triplicati. Nella Grande mela due terzi degli abitanti vive in affitto. Dalla pagina di annunci di Streeteasy emerge che a Manhattan ci sono oltre 72.000 case sfitte, nonostante i canoni siano scesi più del 30%. Lo Stato di New York ha prorogato fino al 28 febbraio la moratoria degli sfratti ma tra due mesi 40 milioni di inquilini saranno davanti al baratro.

Secondo un report della New York University, più di 700.000 proprietari di case in affitto ha a che fare con morosi. Moody’s Analytics stima che il debito per i fitti ha raggiunto quasi 70 miliardi di dollari e che 12,8 milioni di americani hanno sulle spalle 5.400 dollari ciascuno di mancati pagamenti. Il Wall Street Journal teme un’altra grande crisi immobiliare ma nota anche che il mercato è flessibile e si sta riconvertendo verso altre soluzioni di guadagno.

Non si può dire lo stesso per l’immobiliare italiano che rischia di uscire dal Covid ancora più ingessato e disastrato. Prima della pandemia l’investimento nel mattone ha arricchito tante famiglie diventando perfino una sorta di ammortizzatore sociale. Il secondo appartamentino serviva ad aiutare il figlio disoccupato o a pagare il mutuo sulla prima casa.

Gli italiani avevano scoperto il business dei b&b, dei mono e bilocali affittati a turisti, studenti, manager in trasferta. Le città d’arte, quelle d’affari, come Milano, e quelle universitarie erano diventate un miniera d’oro. Non esistono dati ufficiali, ma a fronte dei 2,8 milioni di abitazioni affittate con contratti lunghi, è probabile che una parte non trascurabile dei 5,4 milioni di case che le Finanze classificano come «a disposizione» siano state locate per brevi periodi. Poi, per l’appunto è arrivato il Covid. Con la paralisi del turismo, il blocco degli spostamenti e dei corsi universitari, gli alloggi si sono svuotati e i proprietari si sono trovati senza questo pilastro di integrazione al reddito.

A Milano la disponibilità delle stanze per studenti è salita del 290%, a Roma del 130%; mentre prima nel capoluogo lombardo un posto letto vicino alle università costava anche 700 euro ora si trova a 500, nella capitale a 430 euro. Non va meglio agli affitti tradizionali, di lungo periodo. Si sono moltiplicate le morosità causate dalla crisi economica, cui si sono aggiunte situazione truffaldine favorite dalla paralisi dei tribunali e dal blocco degli sfratti.

La moratoria degli sgomberi avviata a marzo 2020 è stata prolungata con il decreto Milleproroghe a fine giugno 2021 per proteggere gli inquilini. Ma a farne le spese sono i proprietari, colpiti dalla pandemia al pari dei locatari ma privati del diritto di tornare in possesso del loro bene. Molte di queste famiglie sono i nuovi poveri. Da un’analisi del ministero dell’Economia emerge che il 57% di chi affitta (quasi 2,5 milioni) ha un reddito fino a 26 mila euro. Sono 955.389 fino a 10 mila euro di reddito e circa 1,5 milioni con entrate tra 10.000 e 26.000 euro.

Gli operatori del settore sono convinti che l’aumento delle morosità cambierà il mercato degli affitti aumentando l’offerta dei contratti brevi. «Mai più. Non affitterò più sapendo che lo Stato protegge chi non paga», «Venderò tutto appena possibile», sono le voci che rimbalzano sulle chat internet create dai proprietari per scambiarsi informazioni. «Ogni giorno riceviamo decine di mail di protesta contro il blocco degli sfratti, persone amareggiate, in serie difficoltà economiche» afferma il presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.

«Molti ci dicono che, bruciati da questa esperienza, non affitteranno più con formule di lungo periodo. Non credono più nello Stato». Confedilizia ha calcolato che al termine del blocco degli sfratti, ci sarà un incremento di almeno il 20% di locazioni brevi tra b&b e case vacanza. «Gli affitti tradizionali saranno sempre meno e aumenterà l’emergenza abitativa» incalza Spaziani Testa.

La piattaforma Airbnb ha rilevato che con l’assenza del turismo, l’80% dei suoi «host» propone soggiorni superiori a 28 giorni. Sono comunque contratti transitori in attesa che il mercato riparta. Pochi si avventurano sul terreno di fitti quadriennali, dopo aver assaporato i vantaggi di quelli brevi.

Il problema dell’inquilino che non paga è così diffuso che alcune agenzie online hanno creato specie di assicurazioni. Zappyrent, portale per locazioni di medio-lungo termine, rimborsa il proprietario in caso di morosità. «Copriamo fino a sei mesi. La garanzia costa il 7-8% del canone e ci occupiamo anche della causa di sfratto» spiega Lino Leonardi, fondatore e a.d. del portale.

Un altro fenomeno figlio del Covid è lo spostamento degli investimenti immobiliari dalle città all’hinterland. Il risveglio del turismo nazionale, emerso la scorsa estate, ha aumentato l’interesse per le case delle vacanze da usare anche per lo smartworking. Nomisma ha rilevato un calo del 18,7% delle compravendite nelle grandi città e il segno più per la provincia (+1,7%). Roma è il caso più emblematico: crollo a livello di città (-20,8%) e un aumento più deciso nella provincia (+13%). Se le metropoli hanno perso appeal, il piccolo centro è diventato garanzia di sicurezza e, forse, di business.

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