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Parate, supercaccia e AI militare: l’ascesa della forza armata cinese

Parate, supercaccia e AI militare: l’ascesa della forza armata cinese

Occhi puntati sulla parata del Giorno della Vittoria (3 settembre) per l’esibizione dei gioielli tecnologici di Pechino. Che corre per affermarsi superpotenza ma non l’ha ancora dimostrato.

Ogni tre mesi, settimana più, settimana meno, la Cina mostra un nuovo aeroplano da guerra, drone, nave robot, incrociatore o altra arma. E non manca giorno nel quale la Marina cinese non faccia pressione nel Pacifico ai potenziali nemici, che siano Le Filippine o il Giappone. In questo modo Pechino ha costruito attorno a sé un’immagine di potenza militare che però, dati alla mano, deve ancora dimostrare il suo vero valore in una guerra moderna. Sia chiaro, speriamo che non debbano mai farlo, mentre un riconoscimento alle Forze Armate cinesi va senza dubbio dato: quello del primato, conteso con la Corea del Nord, di saper organizzare parate militari. Il prossimo 3 settembre il Partito Comunista cinese celebrerà l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale con un’esibizione che si preannuncia epica: quella del Giorno della Vittoria, che sarà anche una prova iniziale per quella prevista nel 2027, quando sarà festeggiato il centenario della fondazione dell’Esercito di Liberazione (Pla). C’è da scommettere che la prossima settimana “l’imperatore” Xi-Jinping, indossando un abito in perfetto stile Mao Tse-Tung, presiederà l’evento mentre gli passeranno davanti mezzi militari d’ogni tipo e schieramenti di truppe che marciano al passo dell’oca. Il tutto sorvolato da varie formazioni di velivoli, anche quelli un po’ misteriosi che hanno animato le giornate degli analisti internazionali. Aerei che però sono rapidamente spariti dalla scena.

Del resto, ricordiamo che nell’ottobre 2019, quando ci fu una parata indimenticabile, apparve nel cielo anche il bombardiere Xian H-6N mostrando una concavità sotto la fusoliera attribuita alla possibilità di ospitare un missile balistico. Una notizia preoccupante, ma dove sia oggi quell’aereo nessuno lo sa. Speriamo di vedere nella stessa occasione il tanto chiacchierato bombardiere invisibile H-20, ovvero la risposta cinese ai Northrop Grumman B-2 (e a breve B-21) statunitensi, i primi dei quali però qualche dimostrazione di efficacia l’hanno data, soprattutto nel Golfo Persico e nel cielo dell’Iran. Attesa anche per il Chengdu J-20, una delle stelle della parata del 2019 e la versione aggiornata del velivolo da trasporto strategico Y-20. E nella nazione che più di tutte le altre costruisce droni sono attesi anche grandi aerei da combattimento senza pilota. Infine, dovrebbe appararire un caccia J-T decollato dalla portaerei Fulian dotata della catapulta elettromagnetica. Se saremo fortunati vedremo in volo anche lo Xian KJ-600, velivolo di allerta e controllo aereo destinato a entrare in servizio sulle portaerei, Insomma, qualunque cosa volerà sopra piazza Tienanmen, lo scopo non sarà tanto la sua effettiva utilità militare quanto la proiezione di potenza e controllo sul proprio popolo e sulle altre nazioni, soprattutto quelle più vicine.

Oltre a questo motivo esistono questioni tecniche che favoriscono l’aviazione militare cinese rispetto a quella civile: l’incapacità cinese dimostrata finora di certificare un prodotto aeronautico secondo le regole occidentali in tempi accettabili. Cosa non necessaria per i velivoli militari ma fondamentale, perché l’industria aeronautica militare e quella civile hanno comunque molti aspetti in comune, non a caso se guardiamo gli Usa, Paese soprannominato “The aviation nation” – la nazione dell’aviazione – sono tanti gli esempi di velivoli civili dai quali è stata ricavata una variante con le stellette. Su tutte, il Boeing 767 che diventa aerocisterna KC-767.

Per stessa ammissione del governo cinese, Pechino vuole avere un esercito che possa tenere testa agli Usa entro i prossimi 25 anni, ma per misurarsi contro la forza militare più potente (e allenata) del mondo deve anche imparare a farlo e dimostrare di aver raggiunto il livello richiesto per esercitare efficacemente la forte influenza internazionale che vorrebbe avere. Qualche segnale che ci stia riuscendo lo abbiamo visto durante gli scontri tra Pakistan e India, con i caccia e i missili di produzione cinese che hanno vinto quelli prodotti in Francia messi nelle mani dei piloti indiani. Anche si fosse trattato di mancanza di addestramento da parte degli indiani, i missili cinesi hanno funzionato a dovere. Ma la tecnologia da sola non basta: i militari di Pechino devono crescere anche nella struttura organizzativa a cominciare dalla teoria militare ma anche nella formazione di talenti. Operazioni possibili soltanto prendendo come esempi e riferimenti le forze armate straniere, siano esse russe, statunitensi, israeliane e, per alcune specialità, anche quelle italiane.

Sicuramente i militari del Pla saranno addestrati anche a saper usare le nuove tecnologie, da apparati e sistemi informatici dotati di intelligenza artificiale alla guerra informatica ed elettronica, fino a quella spaziale, nella quale stanno costruendo satelliti “anti-satellite”, ovvero in grado di distruggere quelli nemici. Il sentore, però, è che tutto questo lo stia facendo molto (troppo) in fretta, passando a rendere fin troppo intelligenti i suoi sistemi prima ancora di aver completato una fondamentale informatizzazione e l’adattamento delle infrastrutture. E con tutta probabilità questo è ciò che giustifica il ritardi di Pechino nell’annunciata invasione di Taiwan, che costituirebbe un esame severo e senza appello delle reali capacità militari cinesi. Intanto anche il nuovo super caccia a tre motori e senza pilota né coda visto l’estate scorsa è sparito di radar.

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